CIBO MARI, Lorenzo
Di origine genovese, nacque intorno alla metà del sec. XV da Domenico De Mari e da una donna spagnola che il padre aveva sposato in Spagna, pur avendo lasciato a Genova una moglie legittima.
Già canonico di S. Pietro, il C. partecipò al conclave dell'agosto 1484 come cubiculario segreto del cardinale Giovanni Battista Cibo, che fu eletto papa. Questi, che amò e protesse il C. (la madre di Innocenzo VIII era Teodorina De Mari), pur non legittimandolo, gli dette il suo cognome. Questa circostanza non a tutti nota fu spesso causa di confusione per gli storici, che in genere ritennero il C. nipote di Innocenzo VIII, nato dal fratello Maurizio. Il 12 settembre successivo all'elezione di Innocenzo VIII, il C., cui si apriva, con l'avvento del suo protettore al papato, una facile carriera, fece parte della processione che mosse verso il Laterano per l'incoronazione del pontefice; egli assistette anche al concistoro del 20 dicembre.
Dopo un anno, il 5 dic. 1485, il C. divenne arcivescovo di Benevento. Si era allora allo scoppio della guerra fra Ferdinando d'Aragona e il pontefice che sosteneva i baroni ribelli al sovrano, e la città, tornata da due anni e mezzo sotto il dominio pontificio, costituiva un punto caldo nella tesa situazione militare e politica. Pertanto, il C. non raggiunse la sua sede e, rùnasto a Roma, il 28 marzo dell'anno successivo ricevette la consacrazione nella basilica di S. Pietro. Continuò a stare al centro delle attività curiali e religiose, celebrante in funzioni presenziate dal papa ed assolvendo compiti di rappresentanza, come quando a metà di maggio del 1487 si recò ad Acquapendente insieme con altri tre prelati a incontrare Ercole d'Este, che giungeva a Roma per sciogliere un voto. Scortatolo nell'urbe, il C. riaccompagnò poi il duca di Ferrara, quando questi riprese la via del ritorno ai primi di giugno. Il giorno 4 dello stesso mese il C. divenne castellano di Castel Sant'Angelo. Solo nel maggio dell'anno successivo egli fece il suo ingresso solenne nella città di Benevento; presumibilmente però rimase poco nella sede del suo presulato, e, forse, questa fu anzi l'unica volta che egli vi si recò.
Il 9 marzo 1489 il C. veniva creato cardinale del titolo di S. Susanna.
C'era stata una certa opposizione alla sua elezione da parte di alcuni cardinali, che non lo ritenevano degno dell'alta carica a causa della sua nascita illegittima. Era stata allora costituita una commissione, che avrebbe dovuto esaminare il caso, 'ma questa si era limitata a dare una giustificazione gitiridica, peraltro assai zoppicante, alla volontà del pontefice.Prima del maggio 1490 (anno in cui ottenne l'amministrazione del vescovato di Vannes in Bretagna) il C. passò al titolo di S. Cecilia, rimanendovi presumibilmente fino al marzo del 1491, quando fu trasferito a quello di S. Marco. Molto probabilmente da quest'epoca prese ad abitare nel palazzo di S. Marco, di cui egli si prese cura, continuandone la costruzione e facendo decorare la famosa sala del Mappamondo; il suo appartamento, al piano nobile del palazzo, ospita ora le sale XI-XIX del Museo.
Quando nell'agosto dell'anno 1492 il C. entrò in conclave, dopo la morte del suo protettore, era considerato un sicuro partigiano dì Giuliano Della Rovere e nettamente contrario a Rodrigo Borgia. Tagliato fuori dai grandi maneggi, il C. finì invece per votare a favore di quest'ultimo, non sappiamo se in seguito a manovre simoniache, poiché in verità la conferma per qualche mese di un suo parente alla guardia del palazzo sembra favore troppo irrisorio per essere considerata un compenso di Alessandro VI al suo voto. Camerario del Sacro Collegio, fu presente qualche mese dopo alla cerimonia della consegna delle lettere di Ferdinando d'Aragona al papa, da parte del principe Federico.
Quando Alessandro VI si allontanò da Roma, il 27 maggio 1496, per non essere costretto a ricevere Carlo VIII, che reduce dalla spedizione per la conquista del Regno era costretto a tornare in patria, il C. fu uno dei cardinali che lo scortarono ad Orvieto.
Negli anni successivi il C. continuò a presenziare a cerimonie solenni - il 7 giugno 1497 partecipò al concistoro segreto in cui il duca di Gandia fu infeudato di Benevento, eretta a ducato - ed a funzioni religiose, di cui fu spesso il celebrante, e, dopo una parentesi nella primavera del 1498, quando si sottopose a cure termali a Viterbo, ad avvenimenti semipubblici - quale il battesimo del figlio di Lucrezia Borgia nel novembre del 1499 - e politico-religiosi, come la celebrazione in S. Pietro, in occasione della consegna della Rosa d'oro al Valentino, il 29 marzo 1500.
Tutte queste attività pubbliche sembrano comunque molto marginali e non pare che Alessandro VI tenesse il C. in molta considerazione.
Divenuto nel maggio 1501 cardinale vescovo di Albano, pur mantenendo il titolo di S. Marco, nel 1502 il C., che negli anni. propizi aveva, fra il 1489 e il 1494, distribuito le commende di sei monasteri ed era rimasto detentore di quelle di S. Siro a Genova e di S. Maria di Staffarda, allora nella diocesi di Torino, ottenne l'amministrazione del vescovato di Noli.
Nei conclavi che portarono all'elezione di Pio III prima e di Giulio II poi (1503) il C., che dal 20 gennaio aveva ceduto l'arcivescovato di Benevento, votò per i due successivamente eletti, ma non poté partecipare al concistoro segreto né a quello pubblico convocati da Giulio II, dopo la sua elezione, perché già ammalato. Passato il 29 novembre alla sede prenestina, morì infatti il 21 dicembre dello stesso anno, in Roma, e le sue esequie si protrassero dal 12 al 21 genn. 1504.
Alla munificenza del C. si dovette la statua bronzea di Innocenzo VIII, opera di Antonio del Pollaiolo, nella basilica di S. Pietro; e, precedentemente, la costruzione di una cappella, sempre in S. Pietro, dotata di 400 scudi e fornita di quattro cappellani, destinata a custodire la sacra lancia, dono del sultano Bāyazīd II a Innocenzo VIII. La cappella fu però poi distrutta in seguito alla demolizione dell'antica basilica.
Inoltre il C. fondò, dotò e fece costruire una cappella in S. Maria del Popolo, dedicata a S. Lorenzo, che doveva accogliere la sua sepoltura e che fu rimodernata completamente dal card. Alderano Cibo alla fine del sec. XVII (delle decorazioni del Pinturicchio resta un frammento nella chiesa di S. Francesco a Massa). Il monumento funebre fu donato dal card. Alderano alle clarisse di S. Cosimato, che in questa chiesa lo fecero rimontare, trasformandolo in un altare, dedicato a S. Severa.
Non sembra che il C. si sia molto curato della Chiesa di Benevento: nei molti anni in cui ne fu presule, infatti, non aveva ottenuto per quel capitolo se non il privilegio dell'uso della berretta rossa e aveva regalato un ostensorio d'argento alla cattedrale, per la quale aveva anche fatto fare l'organo. Si rese però meritorio nei confronti del capitolo, lasciandogli in eredità la sua biblioteca. Di essa, ora andata dispersa, rimane un inventario, da cui risulta che constava di centosei fra incunaboli e manoscritti, la maggior parte dei quali era costituita da opere giuridiche; vi erano poi poche opere classiche ed alcune dei Padri della Chiesa. Una sezione abbastanza vasta era invece formata da opere di letteratura contemporanea, e ciò sembra provare un'attenzione ed una sensibilità culturali del C., che G. Garimberti (La prima parte delle vite... d'alcuni papi et di tutti i cardinali passati, Venezia 1567, p. 246) non gli riconobbe, definendolo uomo che "non haveva lettere" e che anche U. Foglietta (Clarorum Ligurum elogia., Romae 1571, pp. 171 s.) non mise in evidenza nella breve nota latamente e genericamente laudativa che gli dedicò.
Fonti e Bibl.: V. Forcella, Iscriz. d. chiese... di Roma, I, Roma 1869, p. 331; M. Sanuto, Diarii, V, Venezia 1881, coll. 93 s., 100, 103, 619, 723; S. Infessura, Diario della città di Roma, a c. di O. Tommasini, Roma 1890, p. 238; G. Gherardi, Dispacci e lett., a c. di E. Carusi, Roma 1909, pp. 294 s., 345 s., 348, 366. 388 s., 409 s., 472, 482 s., 515, 539 s., 543; Il Diario romano di Iacopo Gherardi, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIII, 3, a cura di E. Carusi, pp. 541, 543; J. Burchardi Liber notarum, ibid., XXXII, 1, a cura di E. Celani, ad Indicem; P. Samelli, Memorie... de' vescovi... di Benevento, Napoli 1691, pp. 141 s.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, VIII, Venetiis 1721, coll. 166 s.; R. Colantuoni, La chiesa di S. Maria del Popolo, Roma 1899, pp. 85 ss.; L. Staffetti, Il libro di ricordi della famiglia Cybo, in Atti della Soc. ligure di stor. parr., XXXVIII(1908), pp. 6, 77, 99, 241, 252-57, 414, 431 s., 452, 497 5.; G. B. Picotti, Giovanni de' Medici nel conclave per l'elezione di Alessandro VI, in Arch. d. R. Soc. romana dist. patr., XLIV(1921), pp. 95, 98, 114, 129, 137; A. Zazo, L'"Inventario dilibri antichi" della Bibl. Capitolare di Benevento, in Samnium, VIII (1935), pp. 6 s., 23 ss.; A. Campana, La biblioteca della cattedrale di Benevento, in Bull. dell'"Arch. Paleogr. ital."n. s., II-III (1956-57), pp. 151s.; L. v. Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1959, pp. 274, 277, 281, 309, 635, 915, 1018, 1024, 1033; E. Carli, Il Pinturicchio, Milano 1960, pp. 34 s.; F. Caraffa-L. Lotti, S. Cosimato, Roma 1971, pp. 47-50; C. Eubel, Hierarchia catholica..., II, Monasterii 1914, pp. 20, 49 s., 52 s., 55, 59 s., 63, 65, 104, 200, 264.