BUONVISI, Lorenzo
Capostipite del ramo minore della famiglia, estinto agli inizi del sec. XVIII, nacque a Lucca intorno al 1470 da Paolo e da Lucia di Michele Guinigi. Venne avviato alla carriera mercantile insieme con il fratello Niccolò nelle aziende dirette dal padre e dallo zio Benedetto.
Del 15 ottobre del 1492 èla prima attestazione sulla presenza a Londra del B. e di Niccolò, che in quella data vennero fatti procuratori per tutta l'Inghilterra dellacompagnia "Benedetto Buonvisi, Niccolò Micheli e C. di Londra"; nell'agosto del 1493 ilB. era sempre nella capitale inglese. "Solitus commorari Londoniis" è detto Lorenzo in un contratto stipulato a Lucca il 27febbr. 1498per il nolo di un carico di 8.444 cantari di allume "de cavis Campiglie et Masse" che doveva essere trasportato da Piombino a Londra su una nave inglese (Arch. di Stato di Lucca, Notari, n. 759, cc. 36v-37v).Sempre a Lucca nell'agosto del 1498 ilB. riceveva la dote della moglie, Antonia di Niccolò Bandini, erede del padre, rappresentata da Michele Micheli, stretto parente dei soci dei Buonvisi nelle compagnie di Lucca, Lione e Londra. Il 14genn. 1501 venne fatto procuratore per l'Inghilterra della compagnia Buonvisi di Londra il fratello del B., Niccolò "ad presens existens Londoniis" (ibid., n. 760, cc. 7-8v);il 28novembre la procura gli venne rinnovata per altri due anni. È probabile che i due fratelli si alternassero a Londra, dove nel 1505, quando sappiamo che il B. era in Inghilterra, giunse anche il cugino Antonio di Benedetto Buonvisi. Niccolò lasciò in seguito Londra e nel 1511-1512era a Bruges, insieme con Martino di Benedetto Buonvisi.
La morte del padre Paolo, avvenuta fra l'agosto 1511e l'ottobre 1512, non sembra aver indotto ad uno stabile ritorno in patria né il B. né Niccolò, tanto più che a Lucca restavano, oltre allo zio Benedetto, altri figli di Paolo: Michele, morto senza discendenti, fu anziano nel 1517; nello stesso anno stipulava un contratto con un contadino "in comuni Marlie", poco a nord di Lucca, "in palatio heredum Pauli de Buonvisis"; Cesare, avviato alla carriera ecclesiastica, morì prematuramente nel maggio del 1526.
Un quinto figlio, Girolamo, di cui pochissimo è noto alla tradizione erudita lucchese, nel 1505 era stato inviato a Lucca da Giulio II per invitare la città ad aderire alla lega contro gli Este. Alla fine del 1507, dopo esser stato anziano nel bimestre marzo-aprile, lasciò Lucca per Bologna e il 30 dicembre, qualificato come mercante, venne fatto procuratore a riscuotere un credito nei confronti di Bartolomeo de' Rossi dal consociato di Benedetto Buonvisi, Bonaventura Micheli; contemporaneamente surrogava Paolo e Benedetto Buonvisi nella procura generale per Lucca che due anni prima gli aveva conferito da Londra suo fratello Lorenzo. Le precedenti relazioni con l'ambiente della Curia romana e la funzione di banchieri di Giulio II assolta dai Buonvisi possono spiegare la destinazione del "mercator" Girolamo a Bologna, così come l'ormai affermatissima posizione dei Buonvisi in Inghilterra giustifica l'invio di Girolamo a Enrico VIII come messaggero segreto di Giulio II per spingere il re d'Inghilterra ad assumere un atteggiamento antifrancese. Ma Girolamo rischiò di pagar molto ma la missione londinese: infatti, secondo un dispaccio da Roma del 31ag. 1511 diretto alla Signoria veneziana, Girolamo avrebbe informato della trattativa l'oratore francese in Inghilterra; "sì che il re intesso questa cossa e la verità, li fé meter le man adosso a dito Bonvixi et scrisse al Papa. Il Papa li à rescrito, debbi di lui far iusticia, iusta li soi meriti" (Sanuto, Diarii, XII, col. 330).Minacciato di tortura, Girolamo aveva giustificato il suo operato dicendo "aver auto in commissione di farlo dal Cardinal Pavia" (ibid., col.333):se non era vero era ben trovato perché il cardinale Francesco Alidosi, arcivescovo di Pavia, era stato ucciso nel maggio precedente dal duca Francesco Maria Della Rovere e da ogni parte si erano levate voci sui rapporti segreti da lui tenuti con la Francia alle spalle di Giulio II.
Quali conseguenze possa aver avuto l'episodio per le attività mercantili e bancarie dei Buonvisi presso la corte romana non sappiamo, ma sembra significativo che da questo momento e per parecchi anni non ci risultino più attestazioni sui loro traffici romani. Di converso il doppio gioco di Girolamo Buonvisi dovette rafforzare la posizione della famiglia in Francia, e appunto alla corte francese lo ritroviamo dopo qualche anno. Il 23 genn. 1517l'oratore veneziano a Parigi, impegnato a far giungere al più presto 20.000scudi promessi da Venezia a Francesco I, e che dovevano essere pagati dai Buonvisi, riferiva di essere andato a parlare con "Hironimo Bonavixi, exortandolo a darli scudi 20.000 avanti il tempo; il qual promesse li daria 20 zorni avanti il tempo per amor di la Signoria nostra" (Sanuto, Diarii, XXIII, col. 563).Il 2 febbraio l'oratore veneziano poteva allegare al suo dispaccio una lunga lettera da Bruges di Niccolò Buonvisi, cui il fratello Girolamo si era evidentemente rivolto per il pagamento. Alla fine di febbraio e agli inizi di marzo l'oratore veneziano - che continuava le trattative per il pagamento con i Buonvisi di Lione e di Fiandra - allegava ai suoi dispacci due lettere-relazioni di Girolamo sugli incontri di Cambrai fra i rappresentanti di Francesco I e di Carlo V: un breve inciso del secondo dei dispacci dell'oratore - "Hironimo Bonvixi, qual è col Gran maistro" (ibid., XXIV, col. 67) - fapresumere che Girolamo, (di cui non abbiamo ulteriori notizie, e che morì prima del 1530 con un debito di circa 2.000 ducati nei confronti di Benedetto Buonvisi) avesse lasciato il diretto impegno mercantile per passare al servizio del "Grand Maître", Artus Goufier, signore di Boissy, cugino del re Francesco I.Le vicende di Girolamo rivelano come ormai i Buonvisi fossero riusciti a introdursi nel gran gioco della finanza internazionale e a rendersi tanto indispensabili quanto sgraditi a chi rimpiangeva i profitti perduti per la necessità di ricorrere alle banche straniere. Ancora un oratore veneziano, Sebastiano Giustiniani, riferiva da Londra, il 26 febbr. 1519, un colloquio con il cardinale Thomas Wolsey, arcivescovo di York, uno dei maggiori collaboratori di Enrico VIII: "Se non veniste a tuor le lane, quelle se lavoreria de qui et poi a trazer li panni el Re aria l'utilità. Scrive è de lì uno joton, chiamato Lorenzo Bonvisi, luchese, che è causa di questo; et dito Cardenal usò brute parole e distrato" (ibid., XXVII, col. 92). L'accusa contro quello "joton" di Lorenzo appare tanto più singolare sulla bocca del Wolsey, egli stesso cliente dei Buonvisi, quanto più è stata tradizionalmente esaltata la perfetta armonia fra Antonio di Benedetto Buonvisi, che dal B. ereditò i traffici dei Buonvisi in Inghilterra, e i maggiori esponenti della corte inglese. E che Antonio non possa essere considerato una eccezione è testimoniato proprio dalla lettera che gli scrisse Thomas More alla vigilia della esecuzione capitale nel 1535: egli amava e apprezzava non lui soltanto, ma tutta la famiglia Buonvisi di cui era stato spesso ospite da quasi quarant'anni: ciò significa che prima di Antonio, giunto a Londra nel 1505, il More aveva appunto conosciuto e frequentato Lorenzo e Niccolò Buonvisi.
Nel corso dello stesso 1519 pare che il B. sia stato a Bruges, per ritornare poi in Inghilterra dove sarebbe morto non molto più tardi.
Le attività mercantili e bancarie dei figli di Paolo Buonvisi sembrano essersi ridotte tutte nelle mani di Niccolò dopo il secondo decennio del Cinquecento; d'altronde Benedetto Buonvisi aveva affidato proprio a Niccolò, per quattro anni dopo la sua morte, il compito di sovraintendere, con la massima libertà d'azione, a tutte le compagnie Buonvisi di Fiandra, Francia e Inghilterra. Sotto la sua guida i Buonvisi si erano distaccati dalla compagnia di Fiandra intitolata a Biagio Balbani e avevano aperto una nuova compagnia che prendeva nome da Niccolò, che risiedette a Bruges e poi ad Anversa. Appunto da Bruges, nel 1520, Niccolò sollecitava la Signoria lucchese a pagare a Carlo V il tributo che avrebbe consentito a Lucca di assicurarsi la conferma della protezione imperiale. E l'anno successivo era ancora Niccolò ad Anversa a preparare l'arrivo d'un ambasciatore lucchese trattando le condizioni e il prezzo dell'obbedienza. Ai Buonvisi, già ora i più ricchi e potenti dei mercanti lucchesi, e tanto legati, come abbiamo visto, alla corona di Francia, incombeva in questo momento, nell'interesse dei loro traffici europei, l'arduo compito di trovare alla Repubblica lucchese una collocazione politica che la ponesse al riparo, con i suoi mercanti, dalle rappresaglie dell'Impero e della Francia.
Ad Anversa nel 1525-26 la compagnia di Niccolò Buonvisi era rappresentata da quel Bernardino Cenami, figlio d'una sua sorella, che Niccolò - certo in polemica con i cugini figli di Benedetto ormai usciti da quella specie di tutela di Niccolò cui il padre li aveva sottoposti avrebbe adottato nel 1528 con l'obbligo di assumere il cognome Buonvisi, lasciandolo erede della metà del suo patrimonio. I Buonvisi riuscirono a impedire che andasse ad effetto la stravagante clausola dell'assunzione del cognome Buonvisi imposta da Niccolò (che già si era distinto assegnando a una sua figlia naturale la dote incredibilmente alta di 4.000 ducati), ma nulla poterono contro l'uscita dal casato di tante ricchezze.
Il maggior danno ricadde comunque sull'unico discendente di Paolo Buonvisi che rimaneva in vita nel quarto decennio del Cinquecento, Giovanni di Lorenzo, nato forse a Londra all'inizio del secolo. Fu probabilmente associato dapprima allo zio Niccolò, col quale nel 1529 risultava creditore di quasi 1.000 ducati nel fallimento di Bartolomeo Pighinucci, e poi a Bernardino Cenami che ereditò buona parte delle attività mercantili e bancarie di Niccolò. Nel prestito forzoso imposto, per 16.000 ducati ai 150 più ricchi lucchesi nel 1532, Giovanni, che era il sesto maggior contribuente, fu tassato per 181 ducati (1,13%) contro 1594 ducati dei suoi cugini figli di Benedetto (3,71%): anche tenendo conto che una parte del patrimonio era andata ad aggiungersi ai beni di famiglia di Bernardino Cenami (tassato per 156 ducati, pari allo 0,97%) attraverso l'eredità di Niccolò Buonvisi, risulta chiaramente che la capacità contributiva degli eredi di Benedetto era più del doppio di quella degli eredi di Paolo. Il divario era destinato ad accentuarsi anche per l'impossibilità di Giovanni di Lorenzo, rimasto solo dei suoi, ad accudire contemporaneamente al patrimonio lucchese e ai traffici internazionali, ai quali ultimi finì per rinunciare. Anziano già nel 1522 (e l'anno successivo ricoprì il suo unico anzianato anche suo zio Niccolò), ritornò in carica nel 1526, 1527, 1529, 1535, 1540 e 1543 e fu gonfaloniere nel 1533 ed estratto nel 1546 "che era morto". Nel 1531 difese i canonici lateranensi di S. Frediano dalla minaccia di espulsione e nel 1538 era priore della Compagnia della Croce.
L'opzione per il cursus honorum - continuato dai suoi figli - sembra inserirsi in un disegno a suo modo politico della casata Buonvisi la cui saldissima solidarietà è bene espressa dai matrimoni. Giovanni aveva sposato Sara di Filippo Calandrini, figlia di Caterina di Benedetto Buonvisi, beneficiaria fra l'altro di un lascito di 500 ducati del nonno materno; lo stesso Filippo Calandrini, in un testamento del 1522, aveva assegnato la tutela dei suoi figli Giuliano e Benedetto a Niccolò di Paolo Buonvisi e ai quattro figli di Benedetto Buonvisi; e ancora: Giuseppe di Giovanni Buonvisi sposò Gisberta di Martino di Benedetto, Lucrezia di Giovanni sposò Girolamo di Ludovico di Benedetto e Chiara di Giovanni Paolo di Martino di Benedetto; alla generazione successiva nuovi matrimoni ribadiscono il legame fra i due rami: Placida di Giuseppe di Giovanni sposò Stefano di Benedetto di Martino e Fabio di Giuseppe sposò Caterina di Alessandro di Ludovico.
L'attiva presenza nella vita politica e, diremmo, di rappresentanza, si accentua con i figli di Giovanni di Lorenzo, Giuseppe, nato nel 1536, e Lorenzo, nato nel 1539. Il primo fu gonfaloniere nel 1577 e anziano nel 1564, 1566, 1573, 1575, 1582, 1586, 1591 e nel settembre-ottobre del 1593 quando "morì in magistrato"; il secondo fu gonfaloniere nel 1611 e nel 1616 e anziano nel 1567, 1577, 1581, 1583, 1587, 1591, 1593,1595, 1598, 1603 e 1613. Nel 1566 Lorenzo fu camarlingo dell'"Offitio de' Poveri" e ricoprì in seguito numerose altre cariche amministrative. Fu poi per ventisei volte incaricato di missioni diplomatiche per la Repubblica.
Nel 1571 era atteso a Madrid per sostituire presso Filippo II l'ambasciatore Gerolamo Lucchesini, e, al suo arrivo, si apprese che era stato "svaleggiato per camino" dagli ugonotti. Nel 1575 fu inviato prima a don Giovanni d'Austria e poi ad Alfonso II d'Este. Nel 1577 fu a Firenze e nel 1581 gli fu affidato il compito di invitare a Lucca l'imperatrice Maria d'Asburgo. L'anno dopo fu prima a Genova per incontrarsi con il duca di Osuna, viceré di Napoli, e poi in Spagna. Nel 1590 fu a Milano, e incontrò poi a Livorno il viceré di Sicilia conte d'Alba. Nel 1591 fu ambasciatore d'obbedienza a Gregorio XIV; nel 1592 portò gli omaggi della Repubblica al duca di Baviera Guglielmo V di passaggio a Pisa. Nel 1598ebbe l'incarico di complimentare papa Clemente VIII per l'acquisto di Ferrara. L'anno dopo rappresentò la Repubblica alle nozze di Filippo III di Spagna. Tornò in Spagna alla fine del 1601; nello stesso anno era stato a Genova. Nel 1604 fu a Milano per sollecitare un atteggiamento più favorevole dal governatore spagnolo nella guerra per la Garfagnana fra Lucca e Cesare d'Este. Morì a Lucca il 14 febbr. 1621.
Non risulta che Giuseppe e Lorenzo, sebbene fossero sempre associati, poco dopo la metà del Cinquecento, con Bernardino Cenami, abbiano svolto un'intensa attività mercantile. Le ricchezze del ramo dei Buonvisi disceso da Paolo continuarono tuttavia a poggiare sui traffici e sulla banca attraverso la partecipazione alle aziende dei cugini e talora attraverso la costituzione di autonome compagnie, peraltro sempre inquadrate nel sistema delle aziende Buonvisi.
Così, come a Napoli esisteva nel 1523una ditta "Martino di Benedetto e Giovanni di Lorenzo Buonvisi e C." e a Lione nel 1541una "Giovanni Buonvisi e C.", nel 1565 la "Alessandro di Ludovico Buonvisi, Alessandro Diodati e Compagni di bottega di Lucca" si scisse in due compagnie, la "Paolo di Martino Buonvisi, Alessandro Diodati e C." e la "Alessandro di Ludovico Buonvisi, Giuseppe e Lorenzo di Giovanni Buonvisi e Compagni di bottega di Lucca".
Giuseppe e Lorenzo si erano distaccati dalla "Bernardino Cenami, eredi di Giovanni Buonvisi e C." e rimasero associati al cugino Alessandro di Ludovico Buonvisi fino al 1578. Il1º luglio di quell'anno, ritiratosi Alessandro, la compagnia lucchese di arte della seta assunse la ragione sociale "Giuseppe e Lorenzo Buonvisi e C.", conservando quasi tutti i soci della ditta precedente e in particolare Benedetto de' Nobili e suo figlio Cesare che ne ebbero la direzione. Nel 1583la compagnia venne rinnovata per quattro anni (poi portati a cinque): oltre ai due "principaliter nominati" ne erano soci i Buonvisi di Lione, Bernardino Buonvisi, Benedetto de' Nobili e i suoi figli Cesare e Ottavio. La ditta passò in seguito ai Nobili e il ritiro di Giuseppe e Lorenzo Buonvisi dalla mercatura fu definitivo. Soltanto nel 1599Fabio di Giuseppe Buonvisi ritentò la sorte negli affari aprendo una compagnia di arte della seta, a lui intitolata, cui parteciparono in accomandita con 10.000 dei 15.000scudi di capitale i Buonvisi di Lione e Bernardino, Antonio, Stefano e Alessandro Buonvisi: la ditta ricevette dunque l'appoggio compatto di tutti gli ormai lontani cugini Buonvisi e proprio negli anni in cui essi si erano fra loro separati. Dopo la scadenza, nel 1602, la compagnia non venne rinnovata e l'impegno mercantile di Fabio Buonvisi rimase limitato a una accomandita di 28.000ducati (su. 50.000) nella ditta "di traffici e negoti mercantili da esercitarsi in Spagna dove sarà la corte del Re e nelle fiere di Castiglia", intitolata a "Fabio, Lelio Diodati e C." del 1601-1608.In seguito Fabio (anziano nel 1605, 1607, 1610, 1615 e 1617) cessò da ogni attività commerciale.
Sebbene lasciati a grande distanza dai discendenti di Benedetto, Lorenzo e Giuseppe Buonvisi erano ricchissimi alla fine del sec. XVI. Nel 1599 il patrimonio di Lorenzo e dei suoi nipoti (Giuseppe era morto qualche anno prima) fu calcolato in 68.000scudi e nel 1606in 69.300.
Non meno dei discendenti di Benedetto i Buonvisi del ramo di Paolo assolsero a quel ruolo di mecenati cui la posizione economica e sociale inevitabilmente li spingeva. Fin dagli anni intorno al 1520il lucchese Gherardo Sergiusti, sotto lo pseudonimo di Gherardo Diceo, dedicava a Niccolò Buonvisi, "mercatorum gemma", molti dei versi del suo Progymnasmaton libellus, stampato a Lucca nel 1523:se si tien presente che in questi anni Niccolò era il capo dei Buonvisi e che dieci anni dopo il popolo correrà per Lucca gridando "Bonvisi", le iperboli del Sergiusti sono molto più concrete di quanto a prima vista non possano apparire. Ospite e benefattore del canonico lateranense bolognese Stefano Conventi fu Lorenzo di Giovanni nel 1563:l'anno dopo il Conventi gli dedicava quella che è forse la prima edizione (Bononiae 1564)del suo De Intellectus humani postrema perfectissimaque functione contemplatio. A Giuseppe e Lorenzo di Giovanni il lucchese Pompeo Rocchi dedicò nel 1568il suo trattatello Il gentilhuomo, altra spia del prestigio sociale dei Buonvisi in Lucca. Infine nel 1585 Giuseppe e Lorenzo furono fra i fondatori dell'Accademia degli Oscuri (che ospitarono nel loro palazzo), nata sotto il patrocinio dell'amico del Tasso Giovan Lorenzo Malpigli.
A Lorenzo successe il figlio Giovanni, nato nel 1560;a questi Ludovico, nato nel 1633; colfiglio di Ludovico, Fabio, canonico di S. Martino, si estinse la discendenza nel 1711. A Giuseppe successe Fabio, nato nel 1578 e più volte anziano; a questi Girolamo che con testamento del 1649 sostituiva nella sua eredità, nel caso che fosse venuta meno la discendenza di Paolo, gli ormai lontani cugini del ramo di Benedetto il Vecchio; a Girolamo successe Lorenzo, col cui figlio Girolamo, anch'egli canonico di S. Martino, si estinguevano i Buonvisi discesi da Lorenzo di Paolo.
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