BOLANO, Lorenzo
Nacque a Catania, presumibilmente intorno al 1540. Mancano notizie sugli studi e la giovinezza. Nel 1565 lo troviamo lettore di logica all'università di Catania; a ciò certamente l'autorizzava una laurea in arti e medicina. In tale cattedra fu riconfermato nel 1570 e nel 1571. Nel 1572 passò all'insegnamento di medicina e, nel periodo tra il 1578 e il 1590, a quello di filosofia. Nel 1599 gli venne nuovamente affidata la lettura di medicina che - oltre a due nuove assegnazioni alla cattedra di filosofia nel 1600 e nel 1613 - terrà continuativamente dal 1606 al 1612.
L'attività del B. si svolse principalmente nell'ateneo catanese del quale, alla fine del secolo, era ormai divenuto uno dei più celebri esponenti. La sua fama di professore e di medico s'era imposta, pur tra contrasti con le autorità accademiche e cittadine. Nel 1590 era stato sospeso dall'insegnamento perché si era recato in giro per la Sicilia "a medicare" (ma ancora nel 1604 abbandonerà per un mese le lezioni per curare l'arcivescovo di Messina), mentre quattro anni dopo era di nuovo sospeso e sotto inchiesta per aver tenuto illegalmente lezione agli scolari che avevano disertato in massa il lettore ordinario di filosofia per venirlo ad ascoltare. Nel 1603 l'università catanese dovette cedere alla concorrenza del collegio dei gesuiti di Palermo, che aveva invitato il B. a una lettura di fisica e anatomia, con l'offerta straordinaria di 800 once annue, superiore all'intera dotazione di quell'ateneo. A Palermo il B. si trattenne probabilmente fino al 1607, per poi tornare a insegnare a Catania.
La figura del B. era quella di un epigono della tradizione aristotelica rinascimentale: quando, ormai vecchio, ottenne, contro la concorrenza sempre maggiore dei lettori ecclesiastici, la sua ultima contrastata elezione a ordinario di filosofia, l'ottenne quale esponente e in nome di quella tradizione. Tipico esempio di medico umanista, il B. univa all'interesse per le indagini mediche e naturali quello per gli studi letterari, filosofici e antiquari.
È del 1597 un suo Opus logicum, stampato a Messina, compendio di filosofia aristotelica e frutto del suo insegnamento logico; sembra pure che scrivesse un trattato di Rethorica. Nato dai suoi interessi di naturalista è un Discorso sopra Mongibello, uno dei primi scritti catanesi sull'Etna, ch'è andato perduto. Ma l'opera cui maggiormente è legato il nome del B. è un Chronicon urbisCatinae, il quale, rimasto manoscritto ed ereditato dal figlio Girolamo e poi dal nipote di lui, scomparve nel 1693.
Nato ad un tempo dall'impegno municipale del B. (da ricordare al riguardo due Discorsi manoscritti - pronunciati al cospetto del Senato di Catania - per la costruzione del molo e per la regolamentazione delle acque dell'Amenano) e dai suoi interessi eruditi, il Chronicon rappresenta un raro esempio cinquecentesco di indagine archeologica diretta su Catania. Esso, per giunta, costituì la base e il punto di riferimento per gli storici secenteschi di Catania. Il Carrera e il De Grossi consultarono direttamente il manoscritto, traendone spunto e pubblicando i pochi frammenti a noi rimasti (furono raccolti da G. Libertini in L'indagine archeologica a Catania nel sec.XVI e l'opera di L. B., in Arch.storico per la Sicilia orientale, XVIII [1921], pp. 105-138; il testo è alle pp. 129-138). Essi riguardano, tra l'altro, la fondazione di Catania, l'anfiteatro, la naumachia, l'ippodromo, l'acquedotto, gli archi, il tempio di Cerere.
La novità del B. (merito indubbio dell'abitudine all'indagine naturale) sembra senz'altro quella d'aver innestato nella cronaca della città - ispirata alla tradizione antiquaria classico-umanistica - un'indagine archeologica particolareggiata poco incline all'invenzione e alla ricostruzione arbitraria. Questo schema di racconto storico-archeologico divenne il modello per i secentisti (Carrera e D'Arcangelo), che ripresero il nucleo leggendario, presente per la prima volta nel B., delle origini di Catania anticamente distrutta e poi ricostruita contemporaneamente a Roma, accentuando con esagerate e immaginarie ricostruzioni quel voluto parallelismo del B. tra le rovine romane e catanesi. Tuttavia il Chronicon rimase, sino a tutto il Seicento, uno dei pochi lavori utili e seri sulle antichità di Catania divenendo, per alcuni edifici (la naumachia e l'ippodromo, sepolti dall'eruzione del 1669), la prima ed unica fonte a noi rimasta.
Dopo il 1613 il nome del B. scompare dai rotuli dell'università di Catania. Fu questo il suo ultimo anno di insegnamento e forse anche di vita.
Fonti e Bibl.: G. B. Carrera, Delle Memorie historiche dellacittà di Catania, I, Catania 1639, pp. 22, 37, 80, 112; II, ibid. 1641, p. 362; G. B. De Grossi, Decachordum Catanense, Catinae 1642, I, pp. 7 s.; II, pp. 53 s., 151; F. Ferrara, Storia di Cataniasino alla fine del sec. XVIII, Catania 1829, pp. V, 273 s., 276, 297, 303 s., 307 s., 489; V. Di Giovanni, Storia della filosofia inSicilia, Palermo 1873, I, pp. 137 s.; A. Holm, Catania antica, Catania 1925, pp. 48, 57, 97; M. Catalano, L'Univ. di Catanianel Rinasc. (1434-1600), in Storia della Univ. di Catania..., Catania 1934, pp. 57, 76, 81-83; M. Gaudioso, L'Univ. diCatania nel sec. XVII,ibid., pp. 102, 134 s., 137, 144, 175 s., 182 s., 188-191; C. Naselli, La vita dell'Univ. di Cataniadal sec. XV ai nostri giorni,ibid., pp. 393-395; A. Castro, L'insegnamento della Filosofia del Diritto nell'Univ. di Catania, in Riv. int. difilosofia del diritto, XXXVIII (1961), pp. 313, 339; E. Garin, Storia della filos. ital., Torino 1966, II, p. 575.