BERNARDO, Lorenzo
Nacque il 17 luglio 1534 da Sebastiano, della nobile famiglia veneziana di Girolamo Bernardo, e da Cecilia Capello. Nel 1554 fece la sua prima esperienza nel mondo della diplomazia accompagnando in Francia l'ambasciatore Giovanni Capello. Tornato a Venezia, sposò qualche anno dopo Agnese di Giovanni Mocenigo, dalla quale ebbe tre figli. Intraprese il cursus honorum entrando in Senato nel 1559; vi rimase sino al 1562. Dopo una interruzione di sette anni rientrò in Senato; ma la guerra di Cipro lo costrinse a lasciare nuovamente la vita politica, impegnandolo nelle operazioni navali, come governatore di galeazza (1571). Conclusa la pace con i Turchi, ebbe termine anche la sua esperienza militare. Tornato a Venezia, riprese l'attività politica e fu eletto savio di Terraferma nel 1574. Tre anni dopo veniva eletto provveditore sopra la riforma del prezzo delle merci. Nel 1584 era inviato a Verona in qualità di podestà, proprio quando il territorio di quella giurisdizione era infestato da pericolosi fuorilegge.
Tutti questi incarichi furono assolti dal B. con scrupolo e diligenza, tanto che egli finì con l'essere considerato uno dei migliori uomini di cui la Repubblica poteva disporre per missioni particolarmente importanti. Il B. si era sempre dimostrato un ottimo amministratore e un eccellente organizzatore; gli restava ora di dar prova delle proprie capacità nel campo della diplomazia. Dall'aprile del 1585 al dicembre del 1587 fu infatti bailo a Costantinopoli.
In questo periodo i rapporti tra Venezia e la Porta erano abbastanza buoni: le due potenze si trovavano in pace tra di loro ed in particolare Venezia desiderava che le relazioni con i Turchi non venissero turbate. I Turchi dal canto loro erano impegnati già da molti anni in una logorante guerra contro la Persia e pertanto avevano un interesse ben preciso a non essere disturbati in Occidente: Il B. tenne informata Venezia sugli sviluppi della guerra turco-persiana, la quale, per ragioni di equilibrio, tornava a tutto vantaggio dell'Europa. I suoi dispacci documentano come la tendenza della politica estera di Venezia in quel periodo fosse caratterizzata da una prudente e vigile forma di neutralità, al contrario delle altre potenze europee che miravano ad inserire i Turchi, come già era avvenuto nella prima metà del Cinquecento, nel gioco dell'equilibrio europeo. Nel groviglio di questi intrighi il B. seppe mantenere Venezia al di fuori e al di sopra di un gioco pericoloso e defatigante, di cui egli seguì con molta perspicacia lo svolgimento anche nei minimi particolari, ma con l'occhio sempre fisso ai reali interessi veneziani: quelli del commercio marittimo. A questo proposito egli si adoperò presso i Turchi per indurli a collaborare con Venezia nella lotta contro i corsari che minacciavano la sicurezza della navigazione. Rimpatriato per normale avvicendamento, gli successe Giovanni Moro.
In seguito, dal 1588 al 159o, fu comandante della piazza di Brescia, carica dalla quale fu sollevato a sua richiesta, in quanto, morto nel luglio di quell'anno il figlio Sebastiano, intendeva provvedere alle necessità della giovane nuora, Elena Vendramin, e dei numerosi nipoti in tenera età. Tuttavia, nonostante i gravi motivi familiari, non rimase a lungo a Venezia. La Repubblica lo impegnò nuovamente, affidandogli un altro incarico, forse il più importante della sua carriera, certamente tale da richiedere grande abilità e da comportare notevoli rischi.
Si trattava di una missione molto delicata e, sotto certi aspetti, piuttosto spiacevole: il B. infatti doveva recarsi a Costantinopoli, dove avrebbe dovuto convincere il bailo Girolamo Lippomano a rimpatriare, sostituendolo sino all'arrivo del nuovo designato. Le ragioni di una procedura così inconsueta stavano nel fatto che il Lippomano si era reso colpevole di due gravi reati: rivelazione di segreti di Stato a potenze estere (particolarmente alla Spagna) e irregolarità amministrative nelle operazioni di importazione di grano. Un normale avvicendamento non avrebbe permesso di raccogliere le prove necessarie per incriminare il Lippomano; d'altra parte un ordine di rimpatrio o, peggio, una incriminazione diretta avrebbero forse indotto l'interessato a passare definitivamente al servizio dello straniero o a restare a Costantinopoli ospite dei Turchi, con i quali era in ottimi rapporti e dai quali era particolarmente ben visto. Il B. partì da Venezia il 26 apr. 1591, accompagnato, oltre che dal consueto seguito, anche da una guardia armata dei Consiglio dei Dieci. Viaggiò per mare, toccando i principali scali dell'Istria e della Dalmazia, e giunse a metà maggio alle foci del Drin, sbarcando ad Alessio. Di lì poi, per via di terra, a cavallo, giunse alla fine del mese a Salonicco, donde, sempre per via di terra, arrivò a Costantinopoli (15 giugno) dopo cinquanta giorni di viaggio. La scelta di questo itinerario piuttosto disagevole e pericoloso dipese dalla necessità di guadagnare tempo e di giungere di sorpresa. La presenza del B. in territorio turco fu tuttavia segnalata al Lippomano e pertanto la sorpresa mancò; ciò non impedì però al B., una volta giunto a Costantinopoli, di assolvere la missione nel migliore dei modi. Facendo ricorso alle sue doti di diplomatico, riuscì a sdrammatizzare la situazione, dando l'impressione che, nonostante l'eccezionalità della procedura, non vi fosse alcuna cosa che potesse in qualche modo turbare i rapporti tra Venezia e gli Ottomani. I suoi colloqui con i responsabili della politica turca e gli assidui contatti con il bailo non diedero né ai primi né al secondo la sensazione che fosse in corso un provvedimento di eccezionale gravità, conseguenza di una precisa accusa di alto tradimento. Il bailo si imbarcò fiducioso e solamente in navigazione, posto sotto buona scorta, gli furono rivelati i veri motivi del rimpatrio. Fu dapprima condotto a Candia e poi, sempre sotto scorta, imbarcato alla volta di Venezia; non giunse però vivo in patria: quasi al termine del viaggio, fosse disgrazia o suicidio, cadde in mare e annegò.
Il B. comunque non accompagnò il Lippomano: restò a Costantinopoli sino all'inizio del 1592 in attesa dell'arrivo del nuovo bailo, Matteo Zane. Durante questo suo secondo soggiorno presso i Turchi, durato pochi mesi, egli tenne informata Venezia dei tentativi fatti dalla Spagna per concludere una tregua con gli Ottomani. Non mancano nei suoi dispacci, come del resto non mancavano in quelli della prima ambasceria, le notizie sulla consistenza del registro navale turco sia militare sia mercantile.
Ritornato in patria, lesse in Senato, come era consuetudine per tutti gli ambasciatori alrientro dalle loro missioni, una lunga e dettagliata relazione sul suo soggiorno a Costantinopoli, forse una fra le più belle e interessanti di tutto il corpus curato dall'Alberi, sia per la limpidezza dello stile sia per la ricchezza delle informazioni. In essa vengono analizzate non soltanto le strutture fondamentali dello Stato ottomano, ma anche la situazione economica, l'efficienza militare e le grandi linee della politica estera turca. Il B. era uno spirito acuto e aveva il dono della sintesi, talché questa sua relazione (unitamente, del resto, a quelle dei suoi predecessori e successori) va annoverata tra le fonti indispensabili per conoscere non superficialmente la storia dell'impero ottomano (non ci è stata conservata la relazione del primo soggiorno del B. a Costantinopoli).
L'ultima carica del B. fu quella di savio del Consiglio. Morì il 5 maggio 1592.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Dispacci degli Ambasciatori al Senato, Costantinopoli (1585-87), ff.21-26; Ibid., ibid., Costantinopoli (1591-92). ff. 33s.; Ibid., Senato, Deliberazione Costantinopoli, Secreta, regg. 7 s.; Ibid., Consiglio dei Dieci, Secreta, reg. XIII, cc. 127v-130v(22 apr. 1521); Ibid., Inquisitori di Stato, Lettere ai baili in Costantinopoli, b. 148 (24 apr. 1591); Ibid., M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, p.18; Ibid., Testamenti, 1224 (100), 1225 (II, p. 20); Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, cod. Ital., cl. VII, n. 15, G. A. Capellari Vivaro, Il Campidoglio Veneto, I, pp. 158r e 159v; Bibl. Comunale di Treviso, ms. 876: L. Bernardo, Diario venez. (1559-1573); Ibid.. ms. 844: Id., Diario venez.(1599); E. Alberi, Le relaz. degli ambasciatori veneti al Senato…, s. 3, II, Firenze 1844, pp. 321-426; G. Cavazza, Viaggio a Costantinopoli di sier L. B. per l'arresto del bailo sier G. Lippomano cav. 1591 aprile, in Mon. stor. Pubbl. dalla R. Deputaz. veneta di storia patria, s. 4, miscellanea, IV, Venezia 1886-87, pp. 3-47; A. Morosini, Historiae Venetae, in Degli istorici delle cose veneziane…, VI, Venezia 1719, p. 590; VII, ibid. 1720, p. 136; G. B. Contarini, Anecdota Veneta, Venezia 1757, pp. 118-122; G. B. Biancolini, Serie cronologica dei vescovi e governatori di Verona, Verona 1760, p. 31; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, IV, Venezia 1834, p. 178; V., ibid. 1842, pp. 641-42; VI, ibid. 1853, p. 907; A. Tormene, II bailaggio a Costantinopoli di G. Lippomano e la sua tragica fine,in Nuovoarch. veneto, s. 3, III (1903), t. 6, 2, pp. 375-431; IV(1904), t. 7, 1, pp. 66-125; 2, pp. 288-333; t. 8, 1, pp. 127-161; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori, Roma 1927, pp. 170-72; L. von Pastor, Storia dei Papi, X, Roma 1928, pp. 308 s; T. Bertelé, Il palazzo degli ambasciatori di Venezia a Costantinopoli e le sue antiche memorie, Bologna 1932, p. 119.