BENCI, Lorenzo
Figlio di Giovanni di Taddeo (il padre, ufficiale "a vendere gli beni de' ribelli" nel maggio del 1380 e priore per il bimestre novembre-dicembre di quello stesso anno, era stato confinato perché "tra gli amici del papa" il 5-6 maggio 1387) e, a quanto egli stesso afferma in una nota autografa, discendente dei baroni di Signa, il B. si dedicò, nel tempo libero concessogli dalla sua attività di linaiolo, alla poesia, raccogliendo inoltre i testi più vari e copiando, o facendo copiare ai figli numerose opere e alcuni documenti d'indole varia. Non si conosce l'anno in cui nacque, che è da situare comunque nell'ultimo quarto del sec. XIV, giacché la prima notizia che abbiamo di lui, autografa, apposta alla fine di una raccolta di rime di Dante nel 1399 (cod. Laurenziano Tempi 2, c. 161 r), mostra ch'egli doveva essere già adulto ("Compiei di rassemprarlle io Lorenzo di Giovanni di Taddeo Benci de' Baroni da Signa abitanti in Firenze il dì XIIj di luglio 1399"). Del 1431 o '32 è la nota in calce ad una prima parte della copia di una lettera che Ramondo d'Amaretto Mannelli inviò a Leonardo Strozzi il 12 nov. 1431 "quando si ruppe e' Gienovesi dall'armata de' Viniziani, e' Fiorentini in ischusazione di se" (cod. Laurenziano Pl. LXXXX sup. 89, cc. 100-115; c. 115: "Io Lorenzo di Giovanni Benci principiai di chopiare questa pistola e poi chopiò Iachopo mio figliuolo ci resto"; dopo un ultimo tratto di copia, c. 116, si legge ancora: "Io Filippo suo figliuolo cioe [di] Lorenzo Benci ò copiato detta pistola perche era in su fogli chaduchi e mezi ciechi e rotti e Io la ridussi in su questo libretto accio non si perdesse"). Una terza nota autografa troviamo nel già citato cod. Laurenziano Tempi 2, c. 168r, nella quale è riportato un elenco di mobili e masserizie che "oggi questo dì 15 di luglio 1434... Lorenzo bencij misse nel fondacho ...; chose" che "gli toccorono quando si partì di giuliano di particino" (evidentemente un suo socio in affari). Di un anno posteriore, infine, è la lauda "O quanto è grande la tua carità" (Vat. Chigiano L. VII. 266, c. 289v), all'inizio della quale è detto: "Questa lalda (sic) fa Lorenzo di Iovanni di Taddeo Bencisopra l'avenimento o vero natività de Nostro Signiore Iesu Cristo... Fella l'anno 1435 la notte della pasqua di Natale".
Ignoriamo la data della morte del B.; tuttavia, basandoci unicamente sull'argomento ex silentio, la possiamo supporre avvenuta intorno al 1440. Della sua produzione poetica, oltre alla lauda citata, ci sono giunti due sonetti, contenuti nel Laurenziano Pl. LXXXX sup. 89: "L'occulto amor che da me non si parte" (c. 89r), inviato a "maestro Bernardo medicho" (che gli rispose col sonetto "Amor per nobiltà ogni tesoro"); e "O figliuol mio che Dio ti benedicha" (c. 164v), esortazione all'onestà e al lavoro diretta al figlio Giovanni. Sono composizioni di ben scarso vigore poetico, nelle quali prevale sovente un moralismo trito e una forma per lo più trasandata. La sua laude natalizia ebbe qualche notorietà, in quanto citata dal Crescimbeni e dal Quadrio come esempio di serventese col ritomello; come notava il Crescimbeni stesso, "ella ha in sé buoni sentimenti, ma spiegati con tanta bassezza, e con tal rozza maniera, che a gran fatica vi si riconosce l'altissimo misterio, che vi si tratta".
Il B. ebbe quattro figli, come lui mercanti e nel contempo cultori di letteratura: Giovanni, Filippo, Tommaso e Iacopo. Quest'ultimo compare solo nella nota alla c. 115 del Laurenziano Pl. LXXXX sup. 89; i nomi degli altri tre compaiono invece insieme in due ex libris (nel Magliab. Cl. II. IV. 79, primo foglio membranaceo: "Questo libro di spechio di... è di Giovanni Filippo Tommaso di Lorenzo Benci"; nel Laurenz. Tempi 2, c. 169v: "Questo libro si è di Giovanni Filippo Tommaso di Lorenzo di Giovanni di Taddeo Benci"; il cod., contenente tra l'altro il Libro di varie storie di Antonio Pucci, era già appartenuto al nonno Giovanni [c. 2], che lo aveva probabilmente acquistato direttamente dagli eredi del Pucci prima dei 1399, se a quella data se ne dichiara proprietario Lorenzo, c. 161r). Di Giovanni, di cui ci resta un'orazione in volgare nel cod. Laurenziano 43.24, sappiamo che fu anche priore nel bimestre novembredicembre 1464 (Delizie degli eruditi toscani, XX, Firenze 1785, p. 389); risulta inoltre ch'egli era conphilosophus, assieme al fratello Tommaso, di Marsilio Ficino (lettera del Ficino a Lionardo Pagai dell'8 ag. 1462). Filippo, oltre a copiare, come già abbiamo detto, una parte della Pistola di Ramondo Mannelli, il 20 genn. 1449 terminò di trascrivere nel cod. ora Magliab. II. II. 264 un trattato adespota in sei parti sulle "chose di sopra cielestiali... di cierti vizii... di cierte virtute"; e tra gli altri copiò anche, intorno al 1450, il Filostrato e la Fiammetta (cod. Vat. Chigiano, L.VI. 225).
Bibl.: G. M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, I, Venezia 1730, p. 158; III, ibid. 1730. p. 256; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, 1 Milano 1741, p. 469; 11, 2, ibid. 1742, p. 205; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia, 1760, pp. 787 s.; A. M. Bandini, Cat. Codd. Lat. Bibl. Med.-Laur., V, Firenze 1778. pp. 100, 139, 164; A. Sorbelli-G. Mazzatinti, Inventari dei mss. delle Bibl. d'Italia, X, p. 194; F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento, Pisa 1891, p. 543 n. 563; A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Firenze 1902, p. 555; C. Mazzi, Vecchi inventari fiorentini, in Riv. d. Bibl. e d. Archivi, XXVI (1915), p. 50; A. Aruch, Frammenti del "Novellino", in Giorn. stor. d. lett. ital., LXVIII (1916), p. 177, nota; A. Pucci, Libro di varie storie, a cura di A. Varvaro, Palermo 1957, pp. XI ss.