CERISE, Lorenzo Alessandro Filiberto
Nato ad Aosta il 2 febbr. 1807 dal barone Antonio, studiò a Torino, dove nel 1828 si laureò in medicina. Poco tempo dopo, nel 1831, si recava in Francia stabilendosi a Parigi. Nella capitale francese poté ampliare la propria preparazione medica, favorito dal contatto con le grandi figure della medicina dell'epoca che ivi operavano, e cominciò a interessarsi attivamente alla vita politica, frequentando assiduamente i circoli dell'opposizione liberale. La prima testimonianza della sua partecipazione al dibattito politico francese è una lettera da lui indirizzata al foglio democratico parigino Tribune des départemens all'indomani della rivoluzione di luglio (7 ag. 1830).
La popolazione di Parigi - affermava il C. delineando i suoi orientamenti - si era dimostrata così unanime ed eroica durante le Tre giornate non per punire lo spergiuro Carlo X, ma per distruggere una volta per sempre tutte le "cattive istituzioni" e per realizzare un nuovo ordinamento nel quale i poteri del re avrebbero dovuto essere drasticamente limitati. In questa prospettiva la "carta" non sarebbe più stata una benevola concessione del monarca, ma un patto che la nazione avrebbe imposto al successore di Carlo X. Proponeva altresì che la Camera dei deputati, in virtù di una elezione a suffragio larghissimo, divenisse la legittima rappresentanza di tutta la società francese, dei ricchi come dei poveri, e non di 80.000 elettori privilegiati dal censo.
Un'influenza profonda e duratura sulle sue tendenze ideali e politiche fu esercitata in questi anni da Ph. J. B. Buchez, con il quale il C. entrò in relazione intorno al 1834 e del quale fu esecutore testamentario. Di questo rapporto è documento molto significativo la sua assidua collaborazione all'Européen, la rivista del cattolico-democratico francese, tutta penetrata di motivi derivati dalle dottrine del Buchez stesso: il progresso continuo e inarrestabile elevato a divina legge universale; la legge morale quale criterio della certezza; il cristianesimo evangelico considerato come sintesi religiosa ancora valida dalla quale trarre ispirazioni; il libero arbitrio e la responsabilità dell'uomo; le nazioni e gli individui funzioni dell'umanità, e quindi chiamati a svolgere una missione sulla terra; opposizione tra epoche sintetiche, cioè religiose, morali, nelle quali predomina il dovere, ed epoche analitiche, contrassegnate dall'individualismo e dall'egoismo; e via dicendo.
Tra gli scritti consegnati dal C. alla rivista (recensione critica al Voyage en Orient di Lamartine, 20 ott. 1835; Des sources du protestantisme chez les Hindous, 25 genn. 1836: ricerca sulla vecchia religione indù mirante a dimostrare che l'individualismo protestantico aveva sempre portato alla rivolta contro il principio sociale; Considérations physiologiques sur les élémens et sur les moyens de l'art, 24 marzo 1836, in cui sono riprese le tesi sull'arte del Buchez, ecc.), oltre all'articolo De l'intolérance morale (25 nov. 1835) nel quale venivano sviluppate le idee sulla "morale sociale" tipiche della scuola del Buchez, meritano una attenzione particolare le pagine dedicate allo scritto Mazziniano Foiet avenir. Il C. dimostrava nel suo contributo di essere consapevole delle divergenze che sul terreno dottrinale separavano Mazzini dal Buchez (il genovese aveva infatti già insistito più volte sui termini del suo dissenso dal francese, che secondo lui considerava a torto ancora valida la sintesi cristiana, si teneva troppo stretto a una concezione della rivelazione vista in maniera teologico-dogmatica e sbagliava nell'assegnare ancora alla Francia una missione iniziatrice), ma preferiva mettere l'accento sulle convergenze tra le posizioni della Giovine Italia e quelle dell'Européen, rilevandonello scritto mazziniano i germi di una fraternità tra le due scuole che, quando la discussione avesse dissipato "alcune dissidenze più o meno gravi", avrebbe permesso agli uomini che in quelle si identificavano di marciare sotto la stessa bandiera alla conquista dell'avvenire. Il Mazzini appariva al C. come uno dei membri più attivi di una vera e propria chiesa militante, fatta oggetto degli attacchi di una coalizione di ipocriti, atei e materialisti. Messo al bando delle nazioni europee, "poursouivi, chassé, opprimé, sans asile, sans communications directes et libres avec ses amis et avec le monde, il ne cesse de parler, d'écrire, d'enseigner et de stimuler à l'oeuvre tous les hommes de bonne volonté. Ses paroles, arrivant au sein de ses frères, accompagnées des parfums de l'exil, de la souffrance et de la misère, ont une puissance que la prosperité n'eût jamais pu leur donner". E dopo aver richiamato quello che era stato il compito principale dell'Européen fin dalla sua prima apparizione nel 1831, vale a dire la creazione di una filosofia e di una scienza cristiana in armonia con gli insegnamenti dati all'umanità dal Cristo, il C. concludeva l'intervento con un appello all'unità di pensiero e di azione rivolto a quelle frazioni della democrazia - e in primo luogo a quella mazziniana - che poggiavano i loro presupposti su principî analoghi a quelli della scuola del Buchez. "Sans doute - scriveva - des dissidences sur des questions secondaires de la science pourront éclater entre nous, mais ces dissidences ne seront jamais du nombre de celles qui réjouissent un ennemi commun. Même foi, même espérance, même charité: voilà une garantie de l'unité et de l'harmonie de nos efforts: mais au dessous de ces trois sentimens chrétiens s'agitent une foule de problèmes de science et d'application, et dans la solution de ces problèmes, nous pouvons différer quelquefois. Il importe donc que, entre tous les hommes qu'une même foi anime, il s'établisse une discussion philosophique, fraternelle et pacifique. Le temps presse, il faut se hâter, car il nous en sera demandé compte un jour. Faisons des efforts communs pour aplanir les obstacles, pour harmoniser nos pensées, et lorsque le moment sera venu, la phalange chrétienne sera prête à agir avec décision et unité" (giugno 1836).
Nei primi anni del suo soggiorno in Francia il C. si era legato anche agli ambienti dell'emigrazione italiana; ed è naturale che, dati i suoi convincimenti, le simpatie andassero soprattutto a uomini come N. Tommaseo e V. Gioberti, impegnati nella ricerca di una conciliazione tra cristianesimo e civiltà moderna.
Particolarmente cordiale fu il rapporto stabilito col Gioberti, che continuò anche quando questi si trasferì in Belgio. "Je vous assure - gli scriveva il C. il 10 dic. 1834 - que votre absence va laisser un grand vide autour de moi, plus grand qu'une liaison permettrait de le supposer. Moi j'avais besoin de retremper mon âme ouverte aux impressions très remuantes du monde dans les epanchemens catholiques de la vôtre, et vous, peut-être, aviez vous aussi besoin d'avoir près de vous quelqu'un qui vous compris et qui en vous comprenant accomplit un ministère de résistance aux tendances de votre âme". Della durata di questo legame porge testimonianza in più luoghi l'epistolario del Gioberti; e va anche rilevato che questi ricordò con lode nella Teorica del soprannaturale (Bruxelles 1838, p. 370) l'opera del C. Exposé et examen critique du système phrénologique (Paris 1836), e che il C. compose un elogio funebre del Gioberti pel Journal des Débats (ediz. a parte, Paris 1853).
Quanto al Tommaseo, va anzitutto menzionata la favorevole recensione che il C. dedicò sull'Européen (maggio 1836) alla di lui opera Dell'Italia, a proposito della quale così si esprimeva: "[Tommaseo] a senti que la régénération politique de l'Italie ne peut avoir lieu si les principes d'une morale sûre et d'une philosophie austère ne viennent auparavant régénérer ceux-là mêmes qui aspirent le plus à la réaliser ... Chrétien et catholique plein de foi, il invoque les maximes évangéliques comme les seules armes qui sauveront son pays; et ces maximes qu'il invoque deviennent sous sa plume des sentences sévères, condamnant à la fois les puissances qui font régner l'égoisme au nom du Christ, et les mécontens qui se révoltent au nom de l'incrédulité et de leurs intêrets individuels. L'ouvrage dont nous parlons... est destiné à porter une réforme salutaire dans les coeurs qui veulent agir et souffrir pour mériter à l'Italie l'honneur d'accomplir une fonction chrétienne sur la terre". Altri dati interessanti le relazioni tra il Tommaseo e il C. offrono le lettere di questo esistenti nelle Carte Tommaseo, ricche tra l'altro di notazioni sulla cultura italiana e francese di quegli anni.
Pur non abbandonando i suoi interessi politici (lo troviamo alla fine del 1847 redattore della Revue nationale; nel marzo 1848 figura tra i consiglieri dell'Associazione nazionale italiana), il C. si distinse presto nel mondo medico: la sua vasta erudizione, i suoi studi, le sue pubblicazioni gli procurarono numerosi riconoscimenti, rendendolo in breve famoso. Ottenuta nel 1834 l'autorizzazione a esercitare la medicina, fu uno dei promotori della Société médico-psychologique, alle cui deliberazioni partecipò per venti anni e di cui fu vicepresidente nel 1857 e presidente nel '58-59; nel 1843, in collaborazione con Y. G. F. Baillarger, fondò la rivista Annales médico-psychologiques, della quale fu a lungo direttore; cooperò inoltre alla fondazione dell'Union médicale, che dal 1846 esercitò una grande influenza nell'ambiente medico francese; nel 1846 entrò a far parte della Académie de médicine. Il suo prediletto settore di studi fu il sistema nervoso, del quale tentò di comprendere e di definire la funzione, in modo particolare l'attività superiore, secondo un'originale teoria, peraltro non priva di basi logiche.
Nel periodo in cui la medicina francese affondava ormai tenacemente le proprie radici nell'anatomia patologica e nel metodo anatomo-clinico, il C. ripropose la valutazione anche dell'aspetto umano, spirituale dell'attività cerebrale, inscindibile dalle strutture anatomiche. Secondo la sua interpretazione, dalla stretta compenetrazione della parte morale e di quella organica del sistema nervoso hanno origine i fondamentali processi di sensorialità, di affettività e di attività intellettuale: quest'ultima produce il pensiero e può essere considerata la sola, vera responsabile del linguaggio, del fenomeno cioè che distingue l'uomo da tutti gli altri esseri viventi. Tale teoria, originale per l'epoca, fu poi ripresa dai moderni psicogenisti. Da queste concezioni fisiologiche derivarono le principali interpretazioni patogenetiche del C.: egli distingueva due principali forme di sovreccitazioni, quelle corrispondenti a malattie che comportano un sintomo predominante (sensorio-motorio, gangliare, psico-cerebrale), e quelle inquadrabili nel cosiddetto gruppo delle nevrosi proteiformi. Sulla scorta di tali concezioni, il C. intervenne nella dibattuta questione dell'afasia con la memoria De l'aphasie, letta all'Accademia di Parigi il 13 giugno 1865 e pubbl. nel secondo volume delle Oeuvres du docteur Cerise (2 ed., Paris 1872, p. 217). I primi studi su tale disturbo iniziarono con l'affermarsi dei metodi dell'anatomia clinica, che consentirono di scoprire l'esistenza di centri corticali per il linguaggio scritto e parlato e di formulare la teoria della localizzazione nelle cellule della corteccia cerebrale delle immagini verboacustiche; ne derivò quella che può essere considerata l'interpretazione meccanicistica classica dell'afasia, come un disturbo dipendente da una lesione di particolari aree cerebrali.
La netta posizione del C. sull'argomento si basava essenzialmente sull'opposizione ai concetti di localizzazione cerebrale, sull'affermazione di uno stretto rapporto tra afasia e intelligenza e dell'impossibilità di dissociare la facoltà del linguaggio da quella intellettiva, sull'impostazione del problema dell'esistenza o meno di una turba interiore nell'afasia; in sintesi, l'afasia doveva essere interpretata come la paralisi dell'esecuzione volontaria della parola esterna, con possibilità della parola automatica. Concezioni simili furono in parte riprese agli inizi del secolo dal celebre neurologo P. Marie, che sostenne la difficoltà di dare una struttura anatomica alla psicologia, nella completa ignoranza della fisiologia cerebrale.
Coerentemente con le sue posizioni spiritualistiche e cristiane, il C. combatté il panteismo e il materialismo, sostenendo il primato dell'elemento morale e spirituale (Maître Pierre, ou le savant de village. Entretien sur la physiologie, Paris 1835; Exposé et examen critique du système phrénologique, ibid. 1836; Déterminer l'influence de l'éducation physique et morale sur la production de la sur-excitation du système nerveux et des maladies qui sont un effet consécutif de cette sur-excitation, ibid. 1841; Des fonctions et des maladies nerveuses dans leurs rapports avec l'éducation sociale et privée, morale et physique. Essai d'un nouveau sustème de recherches physiologiques et pathologiques sur les rapports du physique et du moral, ibid. 1842; Essai sur les principes et les limites de la science des rapports du physique et du moral, introduzione a P.-J.-G. Cabanis, Rapports du physique et du morale de l'homme,ibid. 1855).
Fu anche sensibile agli aspetti sociali della medicina e della professione medica: di qui la sua attenzione a una malattia sociale tipica delle valli alpine come il cretinismo e l'interesse per gli asili d'infanzia nei loro aspetti igienici ed educativi (il suo scritto del 1836, Le médecin des salles d'asil, ou Manuel d'hygiène et d'éducation physique de l'enfance, fu tradotto in italiano da un altro medico aperto alle questioni sociali, Andrea Bianchi, e pubblicato a Milano nel 1837); e di qui anche il suo impegno nella Società di beneficenza italiana, da lui fondata a Parigi per aiutare gli emigrati italiani bisognosi.
Morì a Parigi il 5 ott. 1869.
Oltre agli scritti già citati, vanno ricordati i Mélanges médico-psychologiques, précédés d'une notice sur sa vie par M. le D.r Foissac, Paris 1872.
Fonti e Bibl.: Lettere del C. si trovano nella Bibl. nazionale di Firenze, Carte Tommaseo, cass. 67 e 60; nella Bibl. civica di Torino, Carte Gioberti (cfr. G. Balsamo-Crivelli, Le carte giobertiane della Bibl. Civica di Torino, Torino 1928, ad nomen) e nella Bibl. de la Ville di Parigi, Papiers Buchez. Si v. inoltre: V. Gioberti, Epistolario, a cura di G. Gentile-G. Balsamo Crivelli, II-III, Firenze 1927-1928, ad nomen, ed Ediz. nazion. degli scritti di G. Mazzini, XXXVI, p. 275. Necrol. in Atti della R. Accad. delle scienze di Torino, V(1869-70). p. 192; R. Ciampini, Vita di N. Tommaseo, Firenze 1945, p. 255; M. Battistini, Pellegrini giobertiani a Bruxelles, in Quaderni di cultura e storia sociale, II(1953), p. 128; F. Della Peruta, Note e docum. per la storia delle idee sociali in Italia. 1830-1849, in Annali dell'Ist. G. Feltrinelli,V (1962), pp. 395-401; M.Prevost, L.-A-Ph.-C., in Dict. de biographie française, VIII,Paris 1959, col. 62. In particolare, sulla figura scientifica del C., si vedano G. Mossa, Il problema delle "fasi" nelpensiero di L. C., in Giorn. di batteriologia, virol. e immun.,LXI (1968), pp. 605-609; P. Kuypers, Un précurseur méconnu des conceptions médico-psychologiques modernes: L.-A.-Ph. C. (1807-1869), tesi di dottor., univ. di Parigi, anno 1968, n. 280.