LONATO (A. T., 20-21)
Importante borgo della provincia di Brescia, situato a 188 m. s. m., a SO. del Lago di Garda, nelle colline moreniche che chiudono il lago verso il piano. Nel paese notevoli le antiche mura e un castello del tempo romano. Il comune (68,61 kmq.) contava nel 1921 8918 ab. (di cui 2958 nel capoluogo, il resto in numerosi altri piccoli agglomerati o in case sparse), nel 1931, 9194 ab. Lonato è importante centro di filatura e di commercio della seta; è stazione ferroviaria della linea Brescia-Verona.
Storia. - Terra abitata all'epoca romana, probabilmente dipendente dal municipium di Verona: la ricorda infatti non solo la titolazione della chiesa (S. Zeno), ma un diploma di Federico I. Nel 909 i Lonatesi ebbero da Berengario I la concessione di edificare mura e castello contro gli Ungheri; pare quindi che questa terra si reggesse in parte con ordinamenti proprî. La signoria del vescovo di Verona, però, fu già dal 1167 sostituita da quella dei conti di Montichiari. Seguendo le vicende di Brescia, nel 1334, fu distrutta da Azzone Visconti e ricostruita più a valle; nel 1404, in seguito a contratto, passò nella signoria di Francesco Gonzaga, ma nel 1428 passò a Venezia, divenendo una podesteria, retta da un provveditore (gentiluomo veneziano) e da un podestà (gentiluomo bresciano). Sotto la Serenissima godette una continua tranquillità, salvo una parentesi imperiale nel 1630.
Battaglia di Lonato. - Questa battaglia, a ragione considerata una delle più brillanti del giovane generale Bonaparte, è dagli storici militari designata anche col nome di battaglia strategica di Lonato-Castiglione (29 luglio-5 agosto 1796). Padrone ormai della Lombardia, e posto il blocco a Mantova, Bonaparte ricevé il 29 luglio la notizia che il giorno stesso gli Austriaci avevano occupato la Corona e Rivoli in Val d'Adige, e che Salò sul Garda era pure caduta nelle loro mani. Erano oltre 50 mila Austriaci, che muovevano alla liberazione di Mantova sotto il comando del vecchio generale alsaziano D. L. Wurmser, abile e stimato, il quale aveva per capo di stato maggiore e consigliere il colonnello Weyrother, dotto, ma poco fortunato, autore di piani di guerra.
L'esercito imperiale si era avanzato su due corpi: l'uno, di circa 18 mila uomini sotto il Quasdanovich, per la Valle del Chiese; l'altro, sotto gli ordini diretti del Wurmser per la Val d'Adige, diviso in due colonne, una delle quali di 15 mila uomini (M. v. Melas) per la destra, l'altra (P. Davidovich) di 10 mila per la sinistra. Un distaccamento di 5 mila (Mészáros) eseguiva una dimostrazione in Val Brenta su Vicenza, e un secondo (4 mila) era lasciato nel Trentino per guardare le provenienze occidentali. La situazione dei Francesi impegnati nel blocco di Mantova, col nemico alle spalle quasi alle porte di Brescia e di Verona, era estremamente critica; e più ancora lo divenne l'indomani 30 luglio, in cui gli Austriaci entrarono in queste due città. Ma, con pronta decisione, la sera stessa del 29, Bonaparte aveva prese le prime disposizioni per quella manovra centrale, rimasta classica, fra le due masse avversarie, la quale fu coronata da pieno successo per il risoluto ardimento dei suoi luogotenenti, per il valore dei soldati e anche per il favore della fortuna. Nell'attuazione, nella notte del 31 luglio, il corpo d'assedio di Mantova (J.-M.-Ph. Sérurier) si ritirava a Marcaria, inseguito dal presidio della piazza, che a Borgoforte s'impadroniva del parco d'assedio: mentre il Wurmser arrivava sino a Valeggio e il Mészáros da Val Brenta entrava in Legnago. Intanto però, nel giorno stesso, due distaccamenti del Quasdanovich erano attaccati e respinti a Salò e a Lonato, inducendo l'intero corpo del Quasdanovich a ritirarsi in Val Sabbia; onde il giorno seguente (i agosto), una puntata su Brescia tentata da Bonaparte colpì nel vuoto. Ma poi, il 3 agosto, il Quasdanovich, riavanzatosi, era rotto a Salò e a Lonato con perdita di un terzo delle sue forze, e ripigliava la ritirata; ed era battuto di nuovo il 4 a Gavardo. Sbarazzatosi dell'esercito nemico del Chiese, Bonaparte, con rapidità fulminea, raccoglie e concentra la massima parte delle sue forze contro la massa maggiore del Wurmser; e, il 5, spiegatosi innanzi a Castiglione, la attacca fra Monte Medolano e Solferino (a parità circa di forze: 25 mila francesi, contro 22 a 24 mila austriaci): la vince, la rompe, obbligandola a ripassare il Mincio, e, all'indomani, a proseguire celermente su per la Val d'Adige, incalzata dai Francesi, che battono ancora le retroguardie austriache a Incanale e Madonna della Corona l'11 agosto. Il Mészáros con la cavalleria si ritirava per Val Brenta, e anche le retroguardie del Quasdanovich erano ricacciate da Rocca d'Anfo e poi dal Caffaro. In questo periodo della battaglia strategica di Lonato-Castiglione gli Austriaci fra morti, feriti e dispersi perdettero 16.500 uomini, ma una terza parte dei dispersi (circa 4 mila) ritornarono poco dopo ai corpi. Dei Francesi non si conobbero con esattezza le perdite: esse dovettero essere però rilevanti. Gli Austriaci affermano di averne condotti prigionieri nel Tirolo circa 4 mila.