GAVOTTI, Lodovico
Nacque a Genova il 28 nov. 1868 dai marchesi Giulio e Viola Groppallo. Originaria di Varazze, la famiglia era stata ascritta alla nobiltà genovese nel XVII secolo e si era distinta in passato per la presenza nella vita pubblica cittadina e in quella ecclesiastica (un Lorenzo Gavotti era stato vescovo di Ventimiglia dal 1633 al 1653).
Su questa scia si posero anche il G., ordinato sacerdote a Genova il 27 maggio 1883, e due dei suoi fratelli, uno dei quali, Francesco - nato a Genova il 2 febbr. 1878, vi morì il 24 genn. 1949 - fu anch'egli sacerdote, apprezzato predicatore di missioni popolari e "apostolo della moralità pubblica".
Ricevuta l'ordinazione sacerdotale, il G. venne nominato canonico onorario della collegiata di S. Maria Immacolata di Genova (5 genn. 1884). Nel 1900 si laureò in lettere nell'Università della città natale, discutendo una tesi dal titolo "I Genovesi alla V crociata". A quell'epoca si era già definito il suo profilo di conferenziere e docente, impegnato dal 1896 nell'insegnamento della letteratura francese nel seminario cittadino e come istruttore dei giovani nell'Opera dei catechismi di perseveranza; altro versante era quello delle opere di carità e di fede che lo vedevano attivo come confessore delle Marcelline, predicatore delle missioni e membro della Congregazione degli operai evangelici, cappellano onorario e maestro nell'Istituto dei ciechi (1896).
A tutto ciò il G. affiancava una notevole partecipazione al movimento cattolico e al giornalismo inteso come moderna forma di apostolato. Socio e dal 1897 assistente ecclesiastico del Circolo Beato C. Spinola, ne favorì le attività non solo dal punto di vista spirituale, ma anche da quello dell'incremento della cultura, organizzando conferenze, aprendo una biblioteca e costituendo sezioni di musica, scherma e filodrammatica. Membro e assistente ecclesiastico del comitato centrale della Federazione operaia cattolica ligure dal 1897 al 1902, operò nel tentativo di avvicinare i giovani agli operai, visitò le società confederate e sotto lo pseudonimo di don Vico attese alla compilazione dell'Operaio ligure, di cui fu più tardi condirettore e a cui attribuì la nuova testata de La Liguria. A questa sua solerte presenza nel campo sociale non mancarono i riconoscimenti da parte dell'autorità vescovile.
Il 13 apr. 1903 il G. fu promosso vescovo di Casale Monferrato cumdispensatione gradus: consacrato il 5 luglio nella cattedrale metropolitana genovese, il 20 dic. 1903 fece ingresso in diocesi, trovandovi una realtà di 163.000 abitanti, suddivisi in 136 parrocchie prevalentemente poste nella provincia civile di Alessandria; i sacerdoti secolari erano più di trecento e il seminario contava una media di trenta alunni. Di tale panorama il G. dava conto nella prima relazione ad limina del 1911 descrivendo una situazione fatta di buoni rapporti con le autorità civili, di rarissimi matrimoni e funerali civili, di una ridotta presenza protestante e di una comunità ebraica di 450 membri; intorno, una società caratterizzata dall'avvio dello sviluppo industriale, con lo spostamento della manodopera dal contado alla città e con i residui di una piccola proprietà agricola: il tutto affidato a un clero diligente e, precisava il vescovo, immune a modernistica lue, e a varie congregazioni religiose maschili e soprattutto femminili. Altrettanto confortante era il quadro del laicato, con i suoi 550 iscritti all'Unione popolare (azione cattolica) e le sue associazioni di categoria.
Il G. visitò la diocesi, dettò regole per la Società della dottrina cristiana e per le congregazioni del clero e favorì la buona stampa. Nella pastorale combatté i mali dell'epoca identificati nell'incredulità, nel mal costume, nel falso concetto della vita e nella freddezza dei buoni, raccomandando, per porvi rimedio, il catechismo, la predicazione, la stampa e l'azione cattolica. A tale fine fondò circoli giovanili, casse rurali e la Federazione agricola cattolica. Sul piano strettamente religioso curò i due seminari, riformandone gli studi e incrementò il culto esterno al santuario della Madonna di Crea, favorendo anche la creazione di un Bollettino del Santuario di Crea.
Da Casale non interruppe i contatti con la sua città, tornandovi in occasione di celebrazioni religiose e per cerimonie di famiglia e adoperandosi per la rimozione dell'interdetto che gravava sull'arcidiocesi genovese e che era stato provocato dalla mancata concessione dell'exequatur a mons. A. Caron, designato il 12 apr. 1912 alla successione di mons. E. Pulciano, scomparso nel dicembre 1911. Dopo un lungo periodo di attriti tra Stato e S. Sede, si arrivò finalmente, in seguito ad accordo con il nuovo papa Benedetto XV, alla rinunzia del Caron e alla nomina del G. ad arcivescovo di Genova (22 genn. 1915).
Con il solenne ingresso in città (7 marzo 1915) il G. diede inizio al programma di visite pastorali e caritative che avrebbero contrassegnato tutto il suo episcopato, e lo attuò riprendendo e sviluppando le linee di azione pastorale avviate già dagli anni del sacerdozio e poi perseguite nel corso dell'episcopato casalese: uscire dalle sacrestie per ritornare nella chiesa coinvolgendo i fedeli. Di questo risveglio di intenti e di opere le organizzazioni cattoliche genovesi furono parte non secondaria, risultando protagoniste di due avvenimenti: gli accordi che portarono poi su scala nazionale alla formazione dell'ASCI (Associazione scautistica cattolica italiana) e, allorché si attuarono le nuove disposizioni volute dal pontefice, la costituzione nel 1916 della Giunta diocesana di Azione cattolica, composta da personalità di primo piano del laicato genovese.
Il G. chiamò infatti a presiederla G. Dufour, esponente di una ragguardevole famiglia cittadina, membro dell'Unione economico-sociale e per diverso tempo consigliere comunale; lo affiancavano personaggi come G.B. Valente, futuro fondatore della Confederazione italiana dei lavoratori (CIL), A. Boggiano Pico, sociologo, giurista e uomo politico, e C. Corsanego, allora presidente diocesano e dal 1922 al 1928 presidente nazionale della Gioventù cattolica e poi membro della Costituente, deputato e avvocato concistoriale.
Nota predominante dell'episcopato genovese del G. fu la carità, esercitata nelle più diverse direzioni ma con particolare riguardo ai profughi di guerra ospitati nel capoluogo ligure. Per tutto il corso del conflitto il presule non mancò di recarsi a confortare i soldati degenti negli ospedali cittadini o di visitare i campi di prigionieri austriaci presenti in diocesi. Nel novembre 1917 partecipò in cattedrale a un triduo di preghiere "per implorare l'aiuto divino nelle presenti necessità della Patria" e, nel gennaio 1918, esortò i Genovesi a sottoscrivere il prestito nazionale onde "respingere l'invasore e condurre a buon fine la guerra", mentre con la lettera pastorale per la quaresima di quel medesimo anno, osservando come il clero fosse accusato "talora d'aver cagionato la guerra e talora d'esservi contrario e di volere una pace disastrosa" e come le più ingiuste critiche non risparmiassero la condotta dello stesso pontefice, invitava alla necessaria concordia, alla disciplina, al rispetto delle autorità e all'ubbidienza ai superiori.
Vittima dell'epidemia influenzale, il G. morì il 23 dic. 1918. Dopo imponenti funerali, fu sepolto accanto ai predecessori nella cripta del seminario del Chiappeto; nel 1965 fu inumato nella cattedrale di Genova.
Tra le opere a stampa del G. si ricordano il Regolamento per la Società della dottrina cristiana stabilita nella diocesi di Casale, Casale 1906; la Lettera circolare al clero…, contenente Comunicazione del Motu Proprio "Praestantia". Stampa buona e cattiva, Nuovo regolamento per le congregazioni del clero, Avvisi diversi, Casale 1907; la Pastorale per la Quaresima del 1909…, Casale 1909, e Per l'Italia di domani. Lettera…, Quaresima 1913, Casale 1913.
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