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DONA, Lodovico

di Katherine Walsh Strnad - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)
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DONA (Donati, Donato), Lodovico

Katherine Walsh Strnad

Nacque a Venezia prima del 1430 dal patrizio veneziano Giovanni, figlio dei senatore Natale, e da Maddalena, figlia di Jacopo quondam Pier Loredan, procuratore di S. Marco. Il D. ricevette la prima educazione a Venezia, dove frequentò la scuola della Cancelleria sotto Giampietro da Lucca, e quella di Rialto sotto Paolo della Pergola, che aveva presagito pubblicamente "qualis vir esset futurus" (Nardi, pp. 122 s., 143 n. 60). Da quest'ultimo il D. sembra aver appreso i rudimenti della retorica prima di trasferirsi all'università di Padova. La tradizione trasmessa dall'Agostini (I, p. 326) e ripresa da M. L. King (Venetian humanism, p. 369), secondo la quale il D. sarebbe stato allievo di Lorenzo Valla, non è suffragata da altre fonti, ed è cronologicamente improbabile. Pietro Donà, prozio del D., fu vescovo di Padova dal 1428 fino alla morte, avvenuta nel 1447, e favori la successiva carriera accademica ed ecclesiastica del Donà.

L'11 nov. 1445 il D. ricevette un canonicato nella cattedrale di Padova. Il 3 febbr. 1447 figura per la prima volta nei rotuli dell'università di Padova, ma come studente di artes liberales e non (come negli Acta graduum..., I, 2, p. 253 n. 2) quale doctor in artibus. Ancora l'11 genn. 1449 è nominato tra gli studenti in artibus che erano presenti agli esami privati e al pubblico conferimento del dottorato a Paolo de Tarvisio (ibid., p. 290). Poco più tardi deve aver egli stesso conseguito la licenza, se un'orazione celebrativa veniva pronunciata per l'occasione il 21 genn. 1449 dal suo amico Taddeo Quirini, allora studente in legge a Padova (Milano, Bibl. Ambrosiana, D 93 sup., ff. 165r-166v). Il 5 marzo 1450, dopo gli esami, come d'uso, di logica e filosofia fu conferito al D. il dottorato in artibus in una cerimonia nel corso della quale Gaetano di Thiene presentò le insignia e Palla Strozzi fu testimone (Acta graduum..., I, 2, p. 315).

Poco tempo dopo, il 21 marzo 1450, presenziò ad un esame privato in teologia; nell'atto compare come "art. doct ac i[iuris] u[triusque] secolari et canonico paduano" (ibid., p. 317). Prima del 18 dic. 1451, mentre era ancora studente di diritto canonico e civile, papa Niccolò V lo nominò protonotario apostolico. Le insignia di questo ufficio gli furono conferite dal cardinale Ludovico Trevisan nella sua nuova residenza all'Arena, che egli aveva acquistato dopo l'espropriazione degli Scrovegni (cfr. Ronconi, in Quaderni, XVII [1984], p. 46 e n.). Il 22 dic. 1452 il D. ricevette gli ordini minori e il giorno successivo il suddiaconato. Il 16 luglio 1457 gli venne conferito a Padova il dottorato in diritto civile e canonico e il 27 maggio 1458 fu ordinato diacono. Dopo la morte del patriarca di Venezia Maffeo Contarini il D. fu uno dei candidati non vincenti nelle Probae del Senato veneziano il 27 marzo 1460 (Piana-Cenci, p. 395).

Per quella data egli aveva trasferito la sua residenza in Curia in qualità di protonotario apostolico e nella speranza di ottenere favori, sebbene questi venissero in generale scarsamente concessi a veneziani sotto Pio II. Durante la sua residenza romana fu nominato vescovo di Belluno come successore di Francesco Dal Legname, morto l'11 genn. 1462. Già il 15 febbr. 1462, mentre il D. era ancora electus di Belluno, Pio Il garanti il suo canonicato vacante a Padova al chierico veneziano Lorenzo di Giacomo di Gabriele, nipote dell'allora doge Pasquale Malipiero (1457-1462) "ex eius filia" (Arch. segr. Vaticano., Reg. Lat. 484, ff. 169r-171r). La consacrazione episcopale del D. deve essere avvenuta poco tempo dopo, se egli era già vescovo quando il 2 apr. 1462 pagò una tassa di 26 fiorini d'oro de camera (Ibid., Obl. et Sol. 79, f. 55v). Il D. ebbe evidentemente diversi sostenitori all'interno del Senato veneto: quando il patriarcato divenne di nuovo vacante due volte in rapida successione, egli ricevette un certo numero di voti nelle Probae durante le sessioni del 9 agosto e del 27-28 nov. 1464 (Piana-Cenci, pp. 396 s.).

Trasse profitto dall'elezione del suo concittadino Pietro Barbo, papa Paolo II; Bartolorneo Pagello, amico del D. dall'epoca studentesca a Padova, divenne segtetario del nuovo papa e il 9 genn. 1465 il D. fu trasferito al vescovato di Bergamo. Poco tempo dopo Pagello gli scrisse una lettera, non datata, manifestando la sua soddisfazione per il fatto che - ora che un veneziano era divenuto papa - il circolo dei Literati romani sarebbe potuto fiorire ed essere incitato a compiere maggiori imprese (Marx, Pagello, p. 60). Sebbene il D. avesse formalmente preso possesso della sede di Bergamo per procura il 28 febbr. 1465, rimase alla corte papale ancora per un anno prima di visitare di persona la sua nuova diocesi. Al suo arrivo il benvenuto, commissionato dai canonici della cattedrale, fu pronunciato da un nobile bergamasco, Giovanni Michele Alberto Carrara, ammiratore di Ermolao Barbaro e allievo dell'università di Padova (Bergamo, Bibl. civ., Sigma 1, 16; Kristeller, I, pp. 12, 14).

Il suo predecessore a Bergamo, Giovanni Barocci, era stato trasferito a Venezia, e alla sua morte il D. era nuovamente candidato al patriarcato di Venezia nelle Probae dell'8 apr. 1466 (Piana-Cenci, p. 399). In ogni caso a questa data alcuni dei suoi sostenitori in Senato sembrano averlo abbandonato ed egli ricevette un numero inferiore di voti rispetto a quello ottenuto in circostanze precedenti.

Secondo l'Agostini (Notizie, p. 330), anche i progetti di trasferire il D. a Milano nel 1470 andarono a vuoto. Questa data non è verosimile, ma è invece possibile che egli avesse sperato che la sede sarebbe divenuta vacante nel maggio del 1473, quando il prebendario Stefano Nardini fu elevato al cardinalato.

Nello stesso tempo per il D. erano sopravvenuti problemi con la magistratura ecclesiastica della provincia di Milano. Essendo stato informato dei gravi crimini e dello scandaloso stile di vita di tale Antonio de Venaffrio, rettore della parrocchia dei Ss. Cipriano e Cornelio in Abano, diocesi di Bergamo, lo privò del suo ufficio. Antonio allora si rivolse alla corte arcivescovile di Milano, che a sua volta nominò alcuni giudici delegati e creò difficoltà al nuovo incaricato del D. (Arch. segr. Vaticano, Reg. Vat. 535, ff. 195r-196r). Il fatto che il D. si fosse già occupato da vicino delle questioni finanziarie della sua diocesi è confermato da una lettera del 6 febbr. 1477 da lui inviata alla Camera apostolica (Ibid., Arm. XXIX, 39, f. 145rv). Nel convento, prima celestino, di S. Spirito a Bergamo era subentrata nel 1475 la Congregazione lateranense di S. Salvatore dei canonici regolari agostiniani. Secondo l'informazione a disposizione del vescovo di Bergamo - presumibilmente fornita dai canonici stessi - il valore del convento non superava 1150 fiorini d'oro de camera. Il D. accertò la correttezza di questa valutazione, che gli fu confermata dalla Camera apostolica. Non c'è alcuna ulteriore indicazione che spinga ad interpretare questo episodio né come una preoccupazione pastorale per il benessere del clero regolare nella sua diocesi, né come un tentativo di sfruttare il potenziale tassabile di una comunità religiosa appena arrivata. L'episodio potrebbe riflettere un sincero interesse per l'Ordine in questione e per la controversia sorta allora nella provincia ecclesiastica di Milano a proposito delle rivalità tra canonici e monaci, che entrambi rivendicavano s. Agostino come loro fondatore, soprattutto tenendo presente che la reputazione del D. come esperto su s. Agostino è documentabile in altri modi. La sua Oratio pro solemnitate sancti Augustini, che fu stampata tre volte quasi contemporaneamente a Roma (dopo il 28 ag. 1482) ed ebbe ampia circolazione, era dedicata a Guglielmo d'Estouteville, cardinale protettore dell'Ordine degli eremitani di S. Agostino. L'ipotesi della King (Venetian humanism, p. 369), secondo cui essa sarebbe stata pronunciata a Siena davanti a Pio II nel 1460, non è accettabile, in quanto il D. la predicò - in qualità di vescovo di Bergamo, e secondo ogni evidenza proprio alla presenza dell'Estouteville - nella chiesa dell'Ordine a Roma, S. Agostino, che il cardinale aveva fatto ricostruire nel 1479-1482. La data più verosimile per l'orazione è il 28 ag. 1482, cioè la prima occasione nella quale la festa di s. Agostino poteva essere celebrata nella nuova chiesa. Perciò è ragionevole ritenere che il D. fosse riconosciuto come un amico dei monaci agostiniani e insieme come un'autorità sul loro "fondatore".

Viceversa, appare credibile l'ipotesi della King (ibid.) secondo cui le orazioni Pro annuntiationis solenitate e Pro epiphaniae festivitate siano state pronunciate davanti a Pio II, e l'Oratio pro summo pontefice edita sia successiva all'elezione del doge Cristoforo Moro (12 maggio 1462); ragionevole è anche lo scetticismo sulla attribuzione al D. di varie altre orazioni.

Il 16 apr. 1481 il D. era candidato nelle Probae del Senato veneziano per il vescovato di Padova e il 24 marzo 1481 per l'arcivescovato di Nicosìa (Piana-Cenci, pp. 410, 415).

Morì a Bergamo il 20 luglio 1484, a 54 anni e vi fu sepolto nella cattedrale di S. Vincenzo.

Numerosi scritti gli sono stati attribuiti: lo Hurter (II, col. 1020, n. 490) sostenne che egli scrisse contro i greci scismatici, sulla processione dello Spirito Santo e sul Purgatorio; inoltre "de azyrno et fermento, et de potestate Romani Pontificis, subiuncta disputatione contra Boliemos sub una specie", e un commento ai quattro libri delle Sentenze di Pietro Lombardo. L'ultima opera può forse essere identificata con la Prefatio in theologicarum textum Sententiarum ab ipso novo ordine dispositum, dedicato a Sisto IV, e con il seguente Theologicarum textus ipse Sententiarum, entrambi conservati a Modena, Bibl. Estense, cod. Alpha K 5, 9 (Kristeller, I, p. 372). Non è possibile identificare altre opere elencate dallo Hurter a parte il sermone su s. Agostino. Secondo l'uso del tempo il D. fu destinatario di numerose dediche da parte degli umanisti, soprattutto dopo la sua nomina a vescovo di Bergamo (per le attribuzioni cfr. King, Venetian humanism, p. 369).

Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Reg. Vat. 484, ff. 169r-171v; Ibid., Reg. Lat. 535, ff. 195r-196r; Ibid., Arm. XXIX, 39, f. 145rv; Ibid., Obl. et Sol. 79, f. 55v; Bergamo, Biblioteca civica, cod. Sigma, I, 16; Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 95 sup., ff. 165r-166v; Modena, Biblioteca Estense, cod. Alpha K 5, 9; Acta graduum academic. Gymnasii Patavini... ad annum 1450, a cura di G. Zonta-G. Brotto, Padova 1970, ad Indicem; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita, e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, pp. 326-332; F. Dondi Dall'Orologio, Serie chronologico-istorica dei canonici di Padova, Padova 1805, p. 72; Silvestro da Valsanzibio, Vita e dottrina di Gaetano di Thiene, filosofo dello Studio di Padova (1387-1465), Padova 1949, p. 71; B. Nardi, Letteratura e cultura veneziana del Quattrocento, in La civiltà veneziana del Quattrocento, Firenze 1957, pp. 101-145; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, III, Bergamo 1959, pp. 97, 108-110, 144, 262; C. Piana-C. Cenci, Promozioni agli ordini sacri a Bologna e alle dignità ecclesiastiche nel Veneto nei secoli XIV-XV, Quaracchi-Florentiae 1968, pp. 395-415; B. Marx, Bartolomeo Pagello: Epistolae familiares (1464-1525). Materialen zur Vicentiner Kulturgeschichte des 15. Jarhunderts und kritische Edition des Briefwechsels, Padova 1978, pp. 60 ss.; G. Ronconi, Il giurista Lauro Palazzolo, la sua famiglia e l'attività oratoria, accademica e pubblica, in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, XV (1984), pp. 40 s., 46; M. L. King, Venetian humanism in an age of patrician dominance, Princeton 1986, pp. 368 ss.; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, II, col. 1020 n. 490; C. Eubel, Hierarchia catholica Medii Aevi..., II, Monasterii 1914, pp. 103, 24; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, III, pp. 680 s., nn. 9039-41; Indice gen. degli incunaboli delle bibl. d'Italia, II, p. 169, nn. 3537; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 12, 14, 122, 331, 372; II, pp. 11, 245, 262, 304.

Vedi anche
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