CORIO, Lodovico
Nacque a Milano il 28 apr. 1847, unico figlio maschio di Angelo e di Paola Fumagalli. Di recente immigrazione a Milano, come del resto i suoinumerosi familiari: il padre, che risulta iscritto nei ruoli della popolazione urbana quale domestico, era occupato come inserviente presso la pretura urbana, mentre la madre era portinaia. Nonostante le umili origini il C. fu avviato agli studi classici nel ginnasio di S. Alessandro.
Secondo unprofilo biografico (tracciato quando egli era ancora in vita ma non privo di inesattezze: F. Fontana, Antologia meneghina, p. 379; ripreso anche da G. Lucchini, La vita nuova, pp. 68 s.), giunto al liceo avrebbe dovuto interrompere il corso regolare degli studi per occuparsi come scrivano presso il tribunale di Lecco. Ma si tratta di una circostanza dubbia, tanto più che nel 1865 egli risulta appartenere al circolo studentesco liceale che stampava il giornaletto Lo Studente.
Il suo itinerario scolastico, che concluse addottorandosi in scienze storiche e filologiche all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, si compì non senza difficoltà e sacrifici. Non appena laureato, dal 1869, il C., "giovane, ardente e impetuoso", entrò nell'insegnamento come in "un apostolato di libertà e di progresso" secondo il grato ricordo di uno degli allievi della prima ora, Costantino Lazzari, che pure conobbe una evoluzione politica assai diversa (cfr. Memorie, pp. 604 s.).
A questo modo di intendere il proprio ruolo di insegnante il C. si mantenne sempre fedele nonostante il posto ottenuto - una supplenza di storia e geografia all'istituto tecnico di via Cappuccio che solo dopo alcuni anni poté trasformare in un incarico - gli apparisse alla lunga mortificante e fosse comunque insufficiente a fronteggiare gli oneri familiari che la morte del padre prima e poi il matrimonio con Amelia Brescianini, da cui nacque la figlia Marcellina, gli avevano addossato. Diviso fra l'imperativo della sopravvivenza, l'ansia di affermazione, molteplici interessi politici, sociali e culturali, il C. finì così con l'assoggettarsi a gravosi impegni didattici presso istituti privati cittadini e con il disperdere la propria intensa capacità professionale e di studio su fronti diversi.
Ma fu soprattutto agli studi e alla penna che il C. andò affidando le proprie speranze. Grazie all'appoggio del poeta C. Baravalle, ottenne, dalla fine del 1870, la collaborazione alla fiorentina Rivista europea di A. De Gubernatis con saltuarie corrispondenze sul movimento intellettuale milanese, dapprima anonime e più tardi siglate "Dott. L. C.", secondo un costume che gli divenne abituale per la sua ingente e sparsa produzione minore. Intanto aveva preso a frequentare l'Archivio di Stato conseguendo il diploma di paleografia nella scuola che da poco vi era stata riattivata. E parallelamente aveva avviato numerose ricerche su varie epoche e momenti storici e in particolare intorno ad alcuni personaggi illustri o meno noti nel campo delle arti e delle lettere, con un approccio, peraltro non originale, che voleva contemperare la critica estetica con il metodo storico e l'indagine documentaria. Lungo questo generico progetto di lavoro, che andò rapidamente manifestando un'accentuata predilezione per i tempi più vicini e segnatamente per l'età napoleonica, si sarebbe snodata larga parte dell'attività storiografica del C., ricca di titoli, talvolta eterogenea nell'ispirazione e nel metodo, di impegno e di spessore diseguale.
Dopo una monografia su Aristotele da Bologna (in Il Politecnico, XX [1872], 8-9, pp. 531-543), passata del tutto inosservata, il C. volle intanto richiamare prepotentemente l'attenzione sul proprio nome con due lavori destinati a suscitare scalpore negli ambienti letterari: La mente del padre S. Ceresa. Saggio di critica letteraria e Rivelazioni storiche intorno ad Ugo Foscolo. Lettere e documenti tratti dal R. Archivio in Milano, apparsi in rapida successione a Milano nel 1873. Il tono che ispirava entrambi i saggi era, per motivi diversi, decisamente, e volutamente per tarda ammissione dello stesso C., anticonformistico; e l'interpretazione controcorrente.
Nel primo egli coglieva, con un tempismo assai criticato, l'occasione del chiacchierato processo intentato al Ceresa per "un vizio, purtroppo frequente ne' convitti italiani", come allusivamente si esprimeva La Rivista europea (p. 393), per delineare con simpatia intellettuale la personalità poetica e letteraria dell'educatore barnabita. Per contro l'aspetto morale connesso con la delicata vicenda e il discredito che ne era venuto alle istituzioni scolastiche ecclesiastiche gli dettavano alcuni accenti fieramente anticlericali, che valsero a far accogliere lo scritto con qualche favore solo presso la Sinistra democratica.
Con le Rivelazioni il C. si contrappose invece alla vivace ed entusiastica critica foscoliana dei suoi anni. Volendo sconfiggere la retorica del mito con la forza inoppugnabile dei documenti, il saggio, offerto agli "amici del vero", sottoponeva ad impietoso scandaglio le virtù civili e morali del Foscolo considerato in alcuni momenti della sua vita di uomo, di letterato, di cittadino. Lo scoperto intento iconoclastico, che oscurava gli aspetti inediti e meritori della ricostruzione, fece esplodere un caso politico prima che letterario: il volumetto la cui edizione andò a ruba in un paio di mesi fu ampiamente commentato non solo in Italia.Della sortita del C. spiacque un po' tutto, e spiacque tanto a sinistra quanto a destra. La "consorteria" moderata, delle lettere e non, era poi trascinata direttamente nella polemica da un aspro attacco al suo poeta ufficiale, Andrea Maffei. Insistenti pressioni vennero al C. dal De Gubernatis che, in contrasto con le parole più indulgenti apparse sulla Rivista, non esitava a pretendere una ritrattazione della taccia di austriacante comminata al Maffei e a suggerire di rimuovere la causa delle polemiche alimentate dai foscoliani ritirando le copie esistenti dal mercato. Lo scontro, che si fece subito rovente con le rispettive accuse di "libellista" e di intolleranza degna "d'un cattolico" (Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggio De Gubernatis), chiuse al C. le colonne del periodico fiorentino. Per questo, nonostante l'uscita dall'anonimato gli fosse ormai garantita, tanto che di lì a poco venne compreso con una importante seppur equivoca segnalazione nel Dizionario degli scrittori contemporanei dal De Gubernatis (p. 315), non pare che nell'immediato al C. siano venuti dalle sue pubblicazioni tutti i vantaggi sperati. In più ne ebbe un richiamo in Provveditorato.
In anni più tardi egli stesso avrebbe considerato con un certo fastidio i primi lavori ambiziosi e contestati. Ad essi avrebbe accomunato anche il saggio su Vincenzo Monti studiato nell'Archivio di Stato milanese, apparso sulla Rivista europea nel 1873, che in effetti rappresentava il contraltare a quello sul Foscolo, suonando esso come un'assoluzione al Monti per il suo disimpegno politico.
Comune era dunque un'impostazione storiografica basata sulla storia giudicante e legata ad un'indagine del rapporto fra l'uomo e l'artista o fra l'uomo e le sue imprese. Sarà questa del resto la caratteristica dominante di molta della produzione storiografica e letteraria del C., ancorata ad uno sfondo fortemente moralistico tanto nei contenuti quanto nelle finalità. Era d'altronde un suo modo peculiare di intendere la contemporaneità e il valore educativo della ricerca e della trasmissione del sapere. Proprio per questo la storia come antiretorica, dal C. sostenuta nella presentazione delle Rivelazioni, restò in realtà un fatto isolato nella sua biografia intellettuale.
I successivi lavori del C. mossero lungo le direttrici già esaminate. Così, per non citare che i più rappresentativi, una informata monografia sul Filarete (stampata anch'essa sul Politecnico, XXI [1873], 12, pp. 722-743) e uno studio felicemente condotto su Vincenzo Lancetti (le cui carte egli donò poi alla Biblioteca Ambrosiana di Milano), che venne pubblicato sulla Vita nuova nel 1876.
Di questo periodico letterario, da poco fondato intorno a E. De Marchi e a C. Borghi da un gruppo di giovani della sua generazione, il C. fu tra i maggiori collaboratori. In particolare qui apparve uno studio che rispondeva - in un intreccio di motivi e di interrogativi di natura sociale a tratti contradditori - ad interessi strettamente attuali, fino ad allora un po' sacrificati nel complesso della sua attività, ma destinati ad assumere un rilievo centrale. A partire dal 1° ag. 1876 infatti prendeva il via sulla Vita nuova una inchiesta dedicata alla Plebe di Milano, che nell'arco di ventun puntate avrebbe condotto il lettore nei bassifondi ancora inediti della Milano attraversata dalle prime ondate migratorie, e "gran mondezzaio della Lombardia".
Con questa ricerca condotta direttamente sul campo, nelle locande come nelle carceri, e appoggiata alla lettura di un materiale statistico spesso non ufficiale, il C. inaugurava un filone politico-letterario destinato a montante fortuna. La plebe del C. si identificava con il mondo dei "lôcch", con voce gergale traducibile in "teppa"; ed erano gli ambienti della miseria estrema ed abbrutita, del vizio, della delinquenza, della superstizione. A questo microcosmo separato e contrapposto, portatore di una cultura diversa, egli guardava con criteri sociologici ed interesse etnografico, sullo sfondo dei grandi temi della questione sociale. Del "lôcch" tracciava così l'emblematica storia individuale racchiusa fra il brefotrofio e l'ospedale, fatta di abbandono e bruciata già alla partenza della vita. Ma la plebe rappresentava anche la ricorrente patologia del corpo sociale, troppe volte nel corso dei secoli sfruttata dalla demagogia degli "aristo-democratici".
Le prime trasformazioni dell'economia industriale verificatesi nella città) la crisi del tessuto sociale delle campagne restavano totalmente estranee al Corio. E, se la plebe veniva nettamente distinta dall'ottimo popolo operaio", imprevidenza e intemperanze facilmente segnavano la caduta dall'uno all'altra. Con ciò la plebe veniva ad essere ad un tempo una classe e una categoria morale. Nessun compiacimento populistico, nessuno spirito di rivolta sociale animava la descrizione fosca ma, nelle intenzioni, scientifica del Corio. Semmai un costante ribrezzo, una piena adesione ai valori morali del suo ceto. Sono elementi questi che non consentono di accostarlo a un Paolo Valera o di inquadrarlo nella tempestosa stagione della scapigliatura democratica come spesso viene fatto (G. Mariani, Storia della scapigliatura, in particolare pp. 61, 82, 856; E. Ghidetti, Introduzione a Il ventre di Milano, pp. XI-XII; L.Barile, Il Secolo, p. 44).Certo il C. sembrava pessimista sulla possibilità di riscatto di questo mondo inibito dalla gran miseria nonostante l'appello alla carità cittadina e il monito rivolto alle classi dirigenti. Ma lungi dal contrapporsi con le sue analisi al mito dell'educazione popolare, come vorrebbero alcuni di questi autori, proprio nell'educazione popolare egli vedeva la chiave della prevenzione sociale. Giocava in questo tutta la formazione culturale del C., venata di una passione civile mutuata dall'ambiente letterario di E. Camerini e di C. Baravalle, che fu l'aspetto più autentico di tutto il suo impegno tanto nell'insegnamento come nel sociale, anche quando le aspirazioni della giovinezza al rinnovamento appassirono in un patriottismo ad oltranza sordo alle ragioni della lotta politica.
Anche la posizione politica del C. più che al radicalismo appare vicina ad un liberalismo di sinistra, che si connotava, oltre che per un accentuato anticlericalismo, per l'attacco ai gruppi moderati che a Milano operavano a ranghi serrati nella gestione del potere. Non a caso, nonostante egli fosse per oltre un anno collaboratore della radicaleggiante Ragione e ancora alla fine del 1876 risultasse iscritto all'associazione politico-dernocratica, se ne staccò quando, con la fusione delle due associazioni democratiche milanesi, la fisionomia del gruppo acquisì una più marcata coloritura. E ugualmente, quando, all'atto della fusione della Vita nuova con il Preludio, la direzione del periodico passò al giovane Arcangelo Ghisleri, preferì troncare la collaborazione anche a costo di lasciare interrotti gli studi sulla plebe.
Nel frattempo andava maturando a Milano dal magma indistinto della Sinistra, fosse essa di semplice opposizione o compiutamente democratica, un'area di Sinistra storica. Ed è nella militanza progressista che il C. finì col trovare il proprio spazio politico. Il punto di partenza della sua evoluzione fu il mutamento di segno politico intervenuto al centro con la caduta della Destra, che lo portò a nutrire grandi speranze in un mutamento dei rapporti di potere anche in ambito locale. Nel corso delle elezioni del novembre 1876 il C., che intanto era diventato collaboratore del quotidiano L'Unione dell'editore G. Civelli e vantava già ampie relazioni personali rafforzate dai legami massonici, sostenne animosamente la candidatura di C. Correnti al terzo collegio di Milano. Al Correnti lo avvicinavano del resto non solo le recenti vicende politiche, ma anche il culto delle memorie milanesi delle Cinque giornate e della lezione popolare di derivazione risorgimentale. In questo stesso periodo un riconoscimento della sua sensibilità per questa problematica (da sempre il C. affiancava all'insegnamento pubblico una attività educativo-assistenziale presso scuole professionali e associazioni operaie) gli venne dal Civelli che gli affidò la direzione del periodico pedagogico La Famiglia e la scuola, uscito per circa un biennio. La rivista, approntata dal C. un po' alla buona e avvalendosi della collaborazione gratuita di amici e conoscenti, si caratterizzò soprattutto per le sue lotte agli istituti confessionali condotte in nome di un sistema educativo nazionale che fosse unico, morale e laico. Intorno al settimanale si sviluppò anche un movimento in favore dei ricreatori laici come alternativa domenicale all'oratorio o all'ozio per i figli del popolo. Il C., che del movimento fu il principale animatore con G. Pini, maestro della loggia milanese "La Ragione" e fondatore del Pio Istituto dei rachitici, quando si inaugurò il primo ricreatorio ne divenne direttore. Alla presidenza onoraria dell'istituto, realizzata con un faticoso accordo interpartitico, egli volle fosse chiamato il Correnti (cfr. C. Correnti e il primo ricreatorio in Milano 1879, Milano 1879).
Con l'anziano deputato il C. aveva infatti stretto rapporti diretti fra i più intimi già all'indomani dell'elezione del 1876 e fra loro era nata una profonda solidarietà politica, culturale ed intellettuale. Al Correnti egli si era offerto quale "cliente nel senso archeologico del termine" (così il 7 maggio 1877, in Milano, Museo del Risorgimento, Archivio Correnti. Carteggio, c. 7, b. 362), e in tale ruolo andò identificandosi completamente. Del Correnti egli fu, più che un agente elettorale, un rappresentante ufficioso con funzione di raccordo e di filtro fra certi ambienti milanesi e il loro deputato, allora segretario dell'Ordine Mauriziano. Il patronato del Correnti per contro gli consentì di emanciparsi da una situazione di carriera difficile. Avanzare nella gerarchia scolastica controllata a Milano da forze politiche moderate non era stato per il C. affatto agevole. Ora il canale diretto con il ministero apertogli dal Correnti gli fece ottenere il prestigioso insegnamento di poetica e drammatica al conservatorio e, diversi anni più tardi, gli diede la possibilità di lasciare l'Istituto tecnico per l'ambita cattedra di storia nel liceo "Manzoni". Ma dall'amichevole confidenza del deputato egli ebbe anche incarichi di rappresentanza, occasioni editoriali, onorificenze, e in genere una posizione di accresciuto peso personale.
Presto entrò così nella Progressista e fu subito nominato consigliere. Molto fece allora il C. per rendere più salde le basi del "partito" e trasformare la "macchinetta elettorale" (l'espressione è sua) della Progressista in una realtà maggiormente radicata nel tessuto cittadino e capace di mobilitare il consenso popolare attraverso manifestazioni politiche e patriottiche o interventi sociali ed assistenziali. Ma l'egemonia moderata a Milano non era facile da scalzare ed i progressisti, stretti con il loro cauto riformismo fra moderati e democratici ed impossibilitati ad operare autonomamente, non poterono mai rappresentare un'alternativa effettiva alle maggiori formazioni politiche contigue.
Agli inizi del 1879 intanto il C. entrò alla Lombardia e in breve ne divenne il redattore più influente tanto da essere considerato quasi il direttore del quotidiano. Ma in un limitato volger di anni la sua posizione si incrinò ed egli subì i contraccolpi della contrastata vigilia elettorale del 1882 quando, attenuatisi i dissidi, e le divisioni, fra moderati e progressisti, le varie frazioni della democrazia presero più nettamente le distanze dalla Sinistra storica. Nell'occasione A. Civelli, rimasto solo per la morte del padre a dirigere il suo impero editoriale e convinto di aver poco ottenuto dal governo, si pronunciava contro la ricandidatura Correnti alla Camera ed eliminava il C. dalla parte politica del giornale. Era un preludio al licenziamento, che gli fu intimato l'anno successivo.
La perdita della Lombardia, che venne a restringere lo spazio già esiguo della Progressista, rappresentò per il C. uno scacco pesante, e non solo sul piano personale, quando si vide costretto a tornare all'ingrato lavoro delle lezioni private. Piuttosto egli ne pagò il prezzo con l'isolamento politico in cui venne improvvisamente lasciato; poco poté fare al momento per lui il Correnti. Caduto l'anno precedente il progetto di lanciare un nuovo giornale politico o di riscattare la stessa Lombardia per il C., il deputato rimase poi sordo al suo sforzo di richiamare in vita la proposta. Dal 1884, fallito anche un tentativo di entrare in Consiglio comunale nonostante il discreto numero di preferenze addensatesi sul suo nome, il C. finì con l'esiliarsi dalla politica attiva in favore delle occupazioni scolastiche ed editoriali e di una attività assistenziale ed educativa scollegata dal gioco dei partiti. Egli andò così intensificando la propria azione nell'associazione pedagogica milanese, di cui fu anche vicepresidente, e fra il 1884 e il 1885 diresse il periodico didattico e sindacale per i maestri L'Educatore italiano, passato allora in sua proprietà. Inoltre, nel quadro delle numerose attività collegate al suo insegnamento presso il conservatorio (cui dedicò in vecchiaia Ricerche storiche sul R. Conservatorio di musica in Milano. Contributo di notizie e documenti, Milano 1908), egli fondò e presiedette la Società internazionale di mutuo soccorso fra artisti lirici e maestri affini.
A questo stesso periodo appartiene il tentativo, di cui il C. fu uno degli ispiratori, di rilanciare l'almanacco Il Nipote del Vesta verde, celeberrimo in periodo preunitario per il significato patriottico e popolare degli scritti del Correnti. L'operazione, cui F. Vallardi si prestò volentieri, cadde però fra l'indifferenza del pubblico. D'altro canto essa si qualificava come culturalmente inattuale e di retroguardia.
Al C. ad esempio si dovette un intervento assai spigliato e vivace di denuncia morale del gioco del lotto, un tema proprio del dibattito risorgimentale ma privo ormai di pregnanza. Vicino nell'ispirazione a queste pagine era Il libro della vita. Riflessioni morali, apparso a Milano nel 1883. Con un moralismo capace anche di qualche distacco egli vi allineava infatti considerazioni sull'uomo e sulla società appiattiti nell'antinomia del vizio e della virtù. Nel 1885 egli riunì poi gli studi sociologici giovanili, arricchiti da uno studio comparativo con le "classi pericolose" parigine, in Milano in ombra. Abissi plebei, uscito con i tipi di Civelli. Ma, indipendentemente dalla fortuna editoriale del volume, il mordente della trattazione appariva col tempo alquanto annacquato, anche perché le direzioni di ricerca individuate allora (e in parte riprese in alcuni paragrafi di La vita nuova. Milano e i suoi dintorni, cui egli aveva collaborato nel 1881) non avevano avuto un seguito organico.
Né il C. si addentrava nei nuovi risvolti della cosiddetta questione sociale o della questione penale che nell'arco di quasi un decennio si erano imposte, pur in termini vari e mutevoli, all'attenzione di settori via via più ampi di opinione pubblica. L'antico pessimismo appariva però, se non sconfitto, attenuato nell'appassionata descrizione che egli faceva di una delle recenti istituzioni filantropiche milanesi, gli asili notturni finanziati da E. Sonzogno, che realizzavano una sua aspirazione accarezzata da tempo. Il C., che aveva potuto apprezzare analoghe istituzioni a Parigi in occasione dell'Esposizione internazionale del 1878, alla quale aveva partecipato al seguito del Correnti, se ne era fatto attivo sostenitore a Milano fino alla loro realizzazione. E ugualmente, quindici anni più tardi, egli appoggiò la nascita della Cooperativa degli alberghi popolari, tanto da essere nominato fra i probiviri della società. Ma l'impegno più diretto nel campo della filantropia cittadina restò quello educativo. Il C., che divenne anche direttore delle scuole serali del consolato operaio, fu ad esempio fra i promotori di "Scuola e famiglia. Società protettrice degli scolari poveri" cui si dovette la creazione di educatori popolari gratuiti per i fanciulli lasciati a se stessi nelle ore in cui la scuola era chiusa e i genitori al lavoro. All'attività degli educatori, celebrati come alternativa al carcere, egli dedicò nel 1889 una densa relazione, che molto bene riepiloga la portata e i limiti della sua visione sociale.
La collaborazione con Sonzogno nelle iniziative sociali di questi anni portò il C. ad impegnarsi con il noto editore anche nel campo di sua specifica competenza. Sotto i panni nuovi di collaboratore dell'editoria come industria culturale di consumo, il C. accompagnò a svariate prefazioni per i volumetti della "Biblioteca classica economica" la cura prestata al Nuovo dizionario enciclopedico illustrato..., che apparve a Milano nel 1892 ed ebbe numerose ristampe.
Questo fervore di scritti eterogenei, in contrasto con lo specialismo e il rigore scientifico affermatisi nel mondo degli studi, coincise per il C. con l'abbandono dei lavori storici di impianto accademico. Vedendone forse l'inutilità dopo il suo approdo alla cattedra liceale, egli finì così col lasciare a mezzo, con un saggio sulla psicologia nella storia, anche una annosa ricerca sulla pieve e sul contado del Seprio fra il Medioevo e il Settecento, di cui aveva fornito alcune anticipazioni nell'Archivio storico lombardo fra il 1882 e il 1883.
Fra i molti scritti degli anni della maturità una segnalazione particolare meritano Icommerci dell'Africa (Milano 1890), un assaggio del C. in direzione di uno studio della geografia economica dai precisi contorni colonialisti, apprezzato da F. Crispi. Col Civelli del resto egli era stato nel 1880 fra i fondatori della Società promotrice di esplorazioni scientifiche, poi sopravanzata dall'"Esplorazione commerciale in Africa", per la quale nei tardi anni Ottanta egli tenne corsi di aggiornamento geografico-storico. Dal 1895, per un quinquennio, diresse poi per Vallardi il periodico La Geografia per tutti (denominata dall'anno successivo L'Universo), subentrando, con ben altra ispirazione, al Ghisleri. Qui apparvero, per sua cura e secondo un disegno di vecchia data, numerose biografie di viaggiatori italiani, alcuni dei quali fra l'altro erano stati suoi allievi.
Contemporaneamente colonialista e membro del movimento per la pace di E. T. Moneta, il C. era andato intanto accentuando un'immagine negativa e svalutativa della lotta politica, che gli appariva il dominio del soggettivo. Ad essa contrappose piuttosto la concordia e la potenza dei fatti che avevano preparato il riscatto e l'indipendenza nazionale.
Erano tutte posizioni implicite nell'azione dell'ultimo Correnti, che il C. tradusse in una rinnovata volontà di rilancio del sentimento di patria e dell'affermazione nazionale, come forma precipua di educazione popolare. Una volta di più egli si proiettava con ciò all'indietro, verso le tematiche risorgimentali riassunte nella figura dei Correnti. Il progetto editoriale di questo, poi abortito, di ristampare i suoi antichi scritti geografico-storici sull'Italia trovò così a varie riprese l'entusiastica collaborazione del C., poco avvertito per abito intellettuale del rischio che essi suonassero la celebrazione di un passato consumato.
Da un aspetto più genericamente civile la sua azione educativa venne così a risolversi nella trasmissione edificante di un'immagine del processo di unificazione italiana tutta sacrifici e congiure convergenti in un'unica direzione. A questa rappresentazione lineare e priva affatto di conflitti, che sarebbe divenuta del resto assai convenzionale, ispirò innumerevoli scritti, interventi pubblicisti, conferenze.
Più che con le pagine (fra le quali va ricordato almeno il sentito profilo dedicato al Correnti in I Diritti d'autore. Bollettino degli atti e notizie della Società italiana degli autori, 12 dicembre 1888, pp. 151-56) il C.diede un notevole contributo agli studi di interesse risorgimentistico nell'ultimo decennio di vita quando, come membro prima e poi vicedirettore della commissione direttiva del Museo del Risorgimento milanese, ne arricchì notevolmente le collezioni. Nel 1906 fu fra gli organizzatori del primo congresso nazionale dei cultori della disciplina che si tenne a Milano. Nel corso del dibattito, che pose le basi costitutive della Società nazionale di storia del Risorgimento di cui il C. fu consigliere, gli fu rimproverato di trascurare le esigenze scientifiche in favore di un ordinamento troppo sensibile agli aspetti educativi del patriottismo. Al Museo e ai propri criteri museo-tecnici egli dedicò alcune considerazioni in Il Risorgimento italiano (I [1908], pp. 111-120).
Il C. morì a Milano il 25genn. 1911.
Fonti e Bibl.:Necrol. in Riv. stor. ital., s. 4, XXVIII (1911), 3, p. 136; in L'Illustr. ital., 5 febbr. 1911, p. 126; in Miscell. di st. ital., s. 3, XV (1913), pp. 8 s. Dati sulla nascita e sulla famiglia del C. e della moglie in Milano, Archivio storico civico, Atti di stato civile. Ruolo generale della Popolazione di Milano. Anno 1835, voll. 10, 18, 23 (da integrare per il padre con Diutile ed orario per l'anno 1859ad uso dei signori legali e delle persone d'affari e negozio, XLIV [1859], p. 41). Non ordinato sistematicamente, raggruppa in prevalenza materiale legato all'attività culturale del C. il consistente fondo conservato in Milano, Biblioteca Ambrosiana, Carte di L. Corio, R. 132-140 inf. e R. 156-166 inf. (il fascio segnato R. 162 inf. contiene però interamente documentazione originale tardo secentesca e settecentesca); Ibid., Carte e scritti di L. Corio, R. 204-208. Originali delle fonti studiate dal C. si trovano sparse anche in altre unità. Cfr. poi Ibid., Castelseprio. Carte raccolte dal prof. Corio, Z76-77 inf. Denso di riferimenti personali, politici e culturali è il fitto carteggio del C. con Cesare Correnti rimasto sostanzialmente integro e di cui si conservano, con rare lacune, le reciproche, rispettivamente in Milano, Museo del Risorgimento, Arch. Correnti. Carteggio, c. 7, bb. 362-362 D e Biblioteca Ambrosiana, C. Correnti. Lettere a L. C., X135 inf. (quisono anche minute del C. erroneamente inventariate fra materiali correntiani). Parte di una lettera del C. al Correnti in Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggio Martini, cass. 9, ins. 12. Lettere del C. anche Ibid., Carteggio De Gubernatis, cass. 31, ins. 30; Carteggi vari, cass. 205, ins. 133; cass. 304, ins. 35. E in Milano, Museo del Risorgimento, Archivio Marcora, c. 9, pl. 9; c. 62, pl. 179; c. 63, pl. 185. Lettere al C. invece in Milano, Bibl. Ambrosiana, Miscellanea di carte e documenti vari riguardanti il sen. Giuseppe Molti De'Bianchi, S 191 inf. Interessa la biografia del C. anche Arch. di Stato di Milano, Questura, cc. 115, 116, 128. Inoltre, Guida di Milano perl'anno …, 1869-1889, ad Indices; La Riv. europea, IV (1873), 2, pp. 383 s., 393 s.; Nuova Antologia, ottobre 1873, pp. 431 ss.; P. Ghinzoni, Cronaca degli Archivi, in Arch. stor. lomb., I (1874), p. 202; Elenco dei soci, ibid., V(1878), p. 148; A. De Gubernatis, Diz. biografico degli scrittori contemp., Firenze 1879, p. 315; E. Torelli Viollier, La stampa e la politica, in Milano1881, Milano 1881, p. 475; Società ital. per la protezione dei fanciulli istituita in Milano il 13 genn. 1881 ed eretta in corpo morale con r. decreto 21 ott. 1881, Atti e rend. 1881-1882, Milano 1883, p. 5; Gli asili notturni in Milano. Atti del comitato. Conferenza del dottor C., Milano 1884; L'opera cinquantenaria della Reale Deputazione distoria patria di Torino, a cura di A. Manno, Torino 1884, p. 108; G. Savallo, Guida di Milanoe provincia, 1890, 1892-1898, 1901-1910, ad Ind.; In mem. di Amelia Corio Brescianini, Milano s.d. [ma 1894]; T. Massarani, C. Correnti nella vita enelle opere, Roma 1900, pp. 304 ss.; F. Fontana, Antol. meneghina, Bellinzona 1900, pp. 379 s.; Boll. uffic. del primo congresso storico del Risorgimento italiano e saggio di mostra sistematica, Milano 1906, I (1906), 9, p. 412 e passim; Solennionoranze a L. C. nel secondo decennio della morte, in Musicisti d'Italia, XII (1932), 10-11, pp. 3 s.; A. Curti, L. C., ibid., XIII (1933), 12, pp. 3 s., 8 ss.; L. G[asparini], In memoria di L. C., in Rassegna storica del Risorgimento, XX (1933), 4, pp. 800 s.; G. Lucchini. La vita nuova. Giornale di letteratura e d'arte. Milano 1876-1878, Bellinzona 1939, pp. 9, 68 s., 122, 133 s.; L. Bulferetti, Le ideologie socialistiche in Italia nell'età del positivismo evoluzionistico (1870-1892), Firenze 1951, pp. 150 ss.; C. Lazzari, Memorie, a cura di A. Schiavi, in Movim. operaio, n. s., IV (1952), 4, pp. 604 s.; A. Cicchitti Suriani, Il più amato e il più popolare dei milanesi nellaseconda metà dell' 800: L. C. primo direttore delMuseo del Risorgimento, in La Martinella di Milano, VIII (1954), 7-8, pp. 454-458 (con ampia segnal. di scritti); A. Ottolini, La vita culturalenel periodo napoleonico, in Storia di Milano, XIII, Milano 1959, pp. 407 n., 408; G. Mariani, Storia della Scapigliatura, Caltanisetta-Roma 1967, pp. 61, 82, 384, 629 s., 637, 665, 676, 854, 80 s.; A. Milanini Kemény, La Società d'esplorazione commerciale in Africa e la politica coloniale (1879-1914), Firenze 1973, pp. 162 e n., 164, 187 ss., 189 n., 191 n.; A. Benini, Vita etempi di A. Ghisleri (1855-1938), Manduria 1975, p. 89; M. G. Rosada, Le università popolari inItalia. 1900-1918, Roma 1975, p. 108; E. Ghidetti, Introd. a P. Valera, Milano sconosciuta rinnovata, Milano 1976, pp. IX s., XIX; Id., Introd. a Il Ventre di Milano. Fisiologia della capitalemorale, Milano 1977, pp. XI s.; L. Barile, Il Secolo. 1865-1923. Storia di due generazionidella democrazia lombarda, Milano 1980, pp. 44, 50; M. Brignoli, La Sinistra lombarda dall'opposizione al governo, in Dallo Stato di Milano allaLombardia contemp., Milano 1980, p. 176; G. Rosa, Ilmito della capitale morale. Letteratura epubblicistica a Milano fra Otto e Novecento, Milano 1982, pp. 11, 22, 55, 58, 60, 73, 78, 83-103, 105, 142 s., 225, 228 n., 229 ss., 237, 242, 253; E. Cantarella, Per una lettura degli "Abissiplebei" di L. C., introduzione alla ristampa di L. Corio, Milano in ombra. Abissi plebei, Milano 1983.