CARRI (Carrus), Lodovico
Nacque verso la metà del sec. XV da Bartolomeo, forse a Ferrara; conosciamo anche il nome di due suoi fratelli, Pietro Antonio e Francesco. Non molte sono le notizie che si hanno sulla sua vita: assai giovane cominciò a insegnare medicina, con uno stipendio molto modesto, nello Studio di Ferrara; ma in seguito, entrato nella cerchia degli Estensi, compì una soddisfacente carriera sia nel campo accademico sia in quello professionale. Nel 1483 Eleonora d'Aragona, moglie di Ercole I d'Este, lo inviò a Modena a curare la figlia Isabella; poi egli ricoprì anche la carica di riformatore dello Studio, come risulta da una lettera del 24 luglio 1488 (Arch. di Stato di Mantova, Cancelleria duc., cart. 54) nella quale il C. con Giovanni dal Pozzo, Niccolò Ariosto, Zilfredo da Verona ed Alessandro Bardocchio "reformatores studii" comunica al marchese di Mantova che il 1ºnovembre successivo si sarebbe svolta la giostra per l'elezione del nuovo rettore degli artisti. Nel 1492 Eleonora lo inviò a Milano per curare l'altra figlia, Beatrice, moglie di Ludovico il Moro. Fu inoltre medico di Alfonso I d'Este e di sua moglie, Lucrezia Borgia.
Del C. non conosciamo né il luogo né la data di morte.
La sua opera maggiore è il poemetto encomiastico DiviHerculi L. C. amoris et ingeniorum exercitationis causa (Modena, Bibl. Estense, ms. 70 [α P. 7 14]). Si apre con un saluto a Ercole d'Este, rappresentato come sovrano clemente e soldato forte e coraggioso che in pace si dedica ad abbellire la città con edifici e ad educare e divertire il popolo con rappresentazioni teatrali, musiche, ludi circensi. Il poemetto si chiude con l'augurio al sovrano di una lunga e felice esistenza. Nonostante tutte le iperboli che il carattere encomiastico dell'opera comporta, il C. sa mettere bene a fuoco alcuni dei meriti principali del duca di Ferrara; veramente fu suo merito, ad esempio, terminata la guerra veneto-ferrarese del 1482-84, quello di avere ripristinato le rappresentazioni teatrali, vanto di Ferrara e degli Estensi. Nel 1486 i Maenechmi di Plauto furono messi sulle scene ed in seguito molte altre commedie, non soltanto classiche ma anche contemporanee: si avrà tra gli autori lo stesso Ariosto. Nonostante le esagerazioni, si avverte che l'ammirazione del poeta per il suo eroe è profondamente sentita; il verso scorre, il più delle volte, spontaneo anche se arricchito da reminiscenze classiche, soprattutto virgiliane.
Del C. restano anche lettere (interessanti quelle milanesi nelle quali si parla di Ludovico il Moro e di Beatrice) e qualche verso, ad esempio alcuni distici elegiaci (Arch. di Stato di Modena, Medici e Medicina, b. 3)
Bibl.: F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrarie 1735, p. 58; C. Foucard, Docum. stor. spettanti alla medicina, chirurgia, farmaceutica, conservati nell'Arch. di Stato di Modena, Modena 1885, pp. 57-62, 65-77; G. Pardi, Lo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, in Atti della Deput. ferr. di storia patria, XIV(1903), p. 141; G. Bertoni, Guarino da Verona fra letterati e cortegiani a Ferrara, Ginevra 1921, p.183; M.Catalano, Vita di L. Ariosto ricostruita su nuovi docum., Genève 1931, pp.10, 114; P.O.Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indicem.