locavoro
agg. Che mangia soltanto cibi di provenienza locale.
• Comunque è meglio essere locavori, come gli americani hanno ribattezzato i mangiatori di alimenti del posto: la parola è entrata nel «New American Oxford Dictionary» del 2007, e con lei la moda di andare in ferie nelle farms per vedere dove nasce l’uovo (e la gallina). Un ben curioso innamoramento per il Paese degli hamburger e delle patatine fritte, del cibo in scatola e delle soda. Giorni fa «UsaToday» si è occupato del fenomeno, e proprio i nostri agriturismi (in italiano nel testo) ha citato per raccontare che la passione degli americani per lo slow food mediterraneo si sta traducendo in vacanze eco-gastronomiche nelle fattorie nazionali. (Alessandra Retico, Repubblica, 20 aprile 2008, p. 23, Cronaca) • C’è un limite massimo: prodotto e coltivato entro i 200 chilometri da casa. Tutto il resto, esce fuori dalla cucina. È la regola base della tribù dei locavori, neologismo codificato persino da Treccani (e derivato dall’inglese locavores, lanciato da un gruppo di salutisti di San Francisco dal sito: www.locavores.com): chi mangia soltanto alimenti del posto. Un concetto estremo che supera quello del chilometro zero. E anzi vuole spingersi oltre: inquinare meno per trasportare le merci e sostenere l’economia del territorio, soprattutto in tempi di crisi. (Angela Frenda, Corriere della sera, 24 ottobre 2014, p. 34, Tempi liberi) • Ben centoquaranta chef della rete di accoglienza «Chateaux & Hotels Collection», fondata da [Alain] Ducasse, hanno il proprio orto. Tra di loro si chiamano «locavori». Quando si dispone di verdure così fresche, la cucina dev’essere semplice, essenziale, così come accade al Plaza Athénée. Con arrivi giornalieri, e pochi chilometri di distanza, tra il momento della raccolta e quello del piatto in tavola passano al massimo otto ore. (A. G., Repubblica, 18 gennaio 2015, p. 44, R2).
- Adattato dall’ingl. locavore, a sua volta composto dall’agg. local ‘locale’ e dal suffisso -vore ‘che mangia’.