localizzazione
localizzazióne s. f. – Processo di distibruzione dell’attività produttiva su scala locale e globale che dipende dalla composizione di fattori di ordine geografico, economico, politico e sociale che agiscono come attrattori. Nel ventennio a cavallo tra 20° e 21° sec., soprattutto con l’affermazione nel settore industriale di produzioni ad alto contenuto tecnologico, si è assistito al passaggio progressivo da un’interpretazione del processo di l. basata sulle condizioni geografiche, ossia legata alla distribuzione dei fattori produttivi, a un’interpretazione incentrata sulle condizioni territoriali che, pur partendo dalle teorie classiche, vede la l. come la risultante di una complessa interazione di fattori locali che sono gli elementi costitutivi della competitività di un luogo. Tali fattori possono riassumersi in: presenza di manodopera qualificata, vicinanza di centri di ricerca e università, esistenza di mercati ampi e/o dinamici, presenza di accessi a risorse esterne e circuiti internazionali. Le dinamiche localizzative hanno subìto, nel corso degli ultimi decenni, radicali trasformazioni in relazione alla progressiva internazionalizzazione delle imprese che si è manifestata attraverso fenomeni diffusi e profondi di delocalizzazione (spostamento di alcune fasi o settori della produzione) e/o di rilocalizzazione (trasferimento di tutta l’attività produttiva, gestionale e progettuale). Le imprese sono spinte alla delocalizzazione e alla rilocalizzazione, in paesi in via di sviluppo e, soprattutto, emergenti, per i minori costi della mano d’opera anche specializzata e per le potenzialità espresse dai mercati locali: questi ultimi sono in grado di attirare maggiormente le imprese posizionate su settori maturi che soffrono la pressione competitiva sui mercati tradizionali e che, comunque, sono in grado di sostenere i costi di trasferimento degli impianti e di abbandonare il proprio contesto culturale e socioterritoriale. L’efficienza raggiunta dal sistema mondiale dei trasporti, inoltre, ha reso meno rilevante il fattore distanza. Infatti, lo sviluppo del trasporto di merci tramite container ha compresso le relazioni spaziotemporali tra luogo di produzione e luoghi del consumo, grazie alla sempre maggior velocità dei trasferimenti. Tra i motivi che spingono le imprese alla delocalizzazione/rilocalizzazione vi sono anche le agevolazioni derivanti dagli incentivi legati a politiche economiche di sviluppo messe in atto da governi locali e nazionali per attirare , e da un miglioramento dell’efficienza del sistema organizzativo e logistico. D’altra parte, la delocalizzazione implica una frammentazione del processo produttivo, rappresentando di conseguenza un modello di frattura rispetto al sistema di produzione verticalmente integrato di stampo fordista, in cui ogni singola fase di produzione avviene nello stesso luogo. La delocalizzazione/rilocalizzazione ha un impatto rilevante sia sul mercato dei beni sia su quello del lavoro. Sul mercato dei beni si assiste generalmente a un aumento della competitività e a una diminuzione del prezzo dei beni prodotti o assemblati negli stabilimenti dislocati. Sul mercato del lavoro, invece, si osservano variazioni rilevanti nei livelli del salario e dell’occupazione, sia nel Paese di origine sia in quello di destinazione. Nel Paese di origine i processi di delocalizzazione/rilocalizzazione portano a una riduzione della domanda di lavoro, spesso a svantaggio dei lavoratori non qualificati, data la propensione a dislocare fasi di produzione a basso valore aggiunto, mentre nel Paese di destinazione si osserva generalmente un incremento dell’occupazione. In entrambi i paesi, tuttavia, si assiste a un crescente divario salariale tra lavoro qualificato e non qualificato.