livore
. - Denota il " colore livido " che si diffonde sul volto dell'invidioso: Pg XIV 84 Fu il sangue mio d'invidia sì rïarso, / che se veduto avesse uom farsi lieto, / visto m'avresti di livore sparso, " macchiato di lividore: imperò che 'l sangue quando riarde diventa nero et induce sì fatto colore ne la pelle di fuore " (Buti).
Nel senso di " invidia ", ovvero di " stato d'animo contrario alla carità ", in Pd VII 65 La divina bontà... da sé sperne / ogne livore.
Il passo riecheggia, come videro già i commentatori antichi, la nota formula di Boezio (Cons. phil. III m. IX 1-6), in cui, appunto, compare il latino livor in questa stessa accezione: " O qui perpetua mundum ratione gubernas, / terrarum caelique sator... / quem non externae pepulerunt fingere causae / materiae fluitantis opus verum insita summi / forma boni livore carens ". Il Buti rimanda anche al Timeo platonico, nella versione di Calcidio: " [Iddio] Optimus erat, et ab optimo omnis invidia relegata est ". Chiosa il Cesari: " alto concetto: l'invidia è propria di bene piccolo; il quale può acquistare e perdere. Dio, essendo bene infinito, che nulla gli può scemare, dona senza invidia, e gode del comunicar sé medesimo ".