MODIGLIANI, Livio
– Figlio di Evangelista, nacque a Forlì nel 1535 o nel 1536 (Zaccaria, pp. 528 s.).
La prima testimonianza della sua attività risale al 1566, quando fu arrestato con l’accusa di spionaggio militare per aver riprodotto il castello di Castrocaro. Interrogato tre volte, egli si dimostrò inconsapevole di aver violato la legge che proibiva di ritrarre castelli e fortezze nello Stato mediceo. Dichiarò di aver disegnato la rocca solo per inserirla nello sfondo di una Crocifissione, destinata alla locale chiesa del Monte Calvario e di cui non si hanno altre notizie (ibid., pp. 523-528). I verbali degli interrogatori forniscono alcune informazioni sugli inizi dell’attività del M., il quale affermò di avere circa 30 anni, di essere allievo di Pier Paolo Menzocchi e di aver lavorato per sei mesi a Firenze (ibid., p. 529). Tale affermazione rafforza la tesi secondo cui il «messer Livjo da Forlj», menzionato da Vasari in alcune lettere a Vincenzo Borghini del 1567-73 potrebbe essere identificato con il M. piuttosto che con Livio Agresti (Colombi Ferretti, 1984, pp. 546 s.).
Dopo la vicenda di Castrocaro, il nome del M. riappare nei documenti per l’esecuzione di opere nella chiesa di S. Domenico a Cesena, andate perdute durante il restauro settecentesco: nel 1570 prese l’impegno di lavorare nella cappella di S. Pietro Martire e nel 1571 fu chiamato insieme con Francesco Menzocchi per dipingere e realizzare opere in stucco nel presbiterio (Filippini Baldani, L. M. …, p. 14; Togni).
Il M. lavorò ancora a Cesena nel 1574, quando fu incaricato di edificare nella cattedrale una cappella dedicata a S. Mauro, oggi scomparsa a causa delle ristrutturazioni effettuate nel Settecento (Filippini Baldani, L. M. …, p. 15).
La prima realizzazione del M. tuttora esistente sono le ante d’organo con l’Annunciazione, la Madonna dei Servi e S. Caterina nella chiesa dei Servi a Forlimpopoli, che recano la firma del pittore e la data 1576. In questi dipinti l’influsso di Francesco Mazzola detto il Parmigianino si coniuga con riferimenti al primo manierismo fiorentino, in particolar modo alle opere di Jacopo Carucci, detto il Pontormo a S. Felicita, che il M. potrebbe aver visto durante il giovanile soggiorno nella città medicea.
Il paragone con le ante d’organo di Forlimpopoli ha consentito di attribuire al M. alcune opere a Forlì, quali l’Annunciazione nella chiesa del Carmine e i Ss. Andrea, Francesco, Cosma e Damiano nella chiesa di S. Maria del Voto (Colombi Ferretti, 1984, p. 546).
Nel 1585 partecipò alla realizzazione del ciclo pittorico nella navata mediana della chiesa di S. Mercuriale a Forlì (Filippini Baldani, L. M. …, p. 15), eseguendo tre quadri ottagonali, di cui solo due sono scampati alle distruzioni provocate dall’ultimo conflitto mondiale. In queste tele, che raffigurano i Ss. Mercuriale, Valeriano, Stefano e un altro santo e La Madonna in gloria, angeli e quattro donne oranti, il M. adottò un linguaggio semplificato rispetto ai formalismi della maniera per favorire la leggibilità delle immagini destinate al culto, secondo i dettami della Controriforma.
Il silenzio dei documenti non consente di attribuire al M. altre opere fino al principio del XVII secolo, lasciando indeterminata la sua attività negli anni Novanta del Cinquecento. Nel 1602 il suo nome ricompare sull’Annunciazione della chiesa di S. Maria dei Servi a Forlì, firmata e datata insieme con il figlio Gianfrancesco, che da quel momento affiancò il M. in tutte le opere.
Il M. e i figli Gianfrancesco ed Evangelista furono pagati nel 1602 per decorare la cappella della Confraternita della Concezione nella chiesa dei minori osservanti a Cesena, oggi non più esistente (Colombi Ferretti, 1984, p. 558). Viene attribuita alla collaborazione con Gianfrancesco anche la pala d’altare raffigurante La Madonna di Reggio con gli evangelisti Marco e Luca e i ss. Chiara e Antonio Abate (Forlì, Monastero del Corpus Domini), che può essere considerata la prima immagine della venerata Madonna della Ghiara dipinta per un luogo di culto forlivese (ibid., pp. 548 s.).
Nel 1984 Colombi Ferretti ha ascritto al M., assistito dal figlio Gianfrancesco, anche le Storie di s. Mercuriale nella cappella dedicata al santo nell’omonima abbazia di Forlì, che risalgono ai primi anni del XVII secolo e in passato erano state assegnate ad Agresti o a Bernardino Poccetti.
Il Libro delle Ricordanze di S. Mercuriale riferisce che nel 1602 fu dato inizio alla decorazione del chiostro dell’abbazia con una serie di lunette affrescate raffigurati le Storie di s. Giovanni Gualberto. I documenti dichiarano che il lavoro fu eseguito da un certo Andrea Baini e da un tale maestro Livio – in cui è stato riconosciuto il M. –, come di consueto accompagnato da Gianfrancesco (Colombi Ferretti, 1984, pp. 550, 559). Il lavoro si concluse nel 1606 ed è l’ultima sua opera nota.
La morte del M., che non è documentata, dovrebbe essere avvenuta intorno a quella data.
L’attività grafica del M. è testimoniata da pochi disegni, custoditi nella Biblioteca comunale di Forlì, che, pur recando sovente il nome di Livio Agresti, sono stati attribuiti al M. in base a considerazioni stilistiche (Spazzoli, 1972; Id., 1973, p. 457).
Tra i suoi figli, Gianfrancesco, di cui si ignora la data di nascita, fu senza dubbio il più dotato, in grado di proseguire l’attività per conto proprio anche dopo la morte del Modigliani. Gianfrancesco è documentato per la prima volta al termine degli anni Novanta, quando eseguì il disegno della statuetta lignea, chiamata Madonna di Germania, che era stata donata da Elisabetta, duchessa di Brunswick, al collegio dei gesuiti di Forlì nel 1589. Il disegno fu realizzato prima della traslazione della statua, celebrata nel 1600, per essere riprodotto in incisione da J. Sadeler tra il 1597 e il 1600 (Filippini Baldani, Alcune opere ignote …, pp. 17 s.). Dopo il 1606, presunto anno di morte del padre, l’unico evento documentato nella biografia di Gianfrancesco è l’esecuzione della pala d’altare raffigurante la Madonna con il Bambino e le ss. Agata e Lucia per la chiesa di S. Agata a Montiano, vicino Cesena, su cui egli pose la firma e la data nel 1609. Il dipinto, intorno a cui ruota la ricostruzione della sua personalità artistica, mette in evidenza l’influsso dei modelli di Andrea Boscoli e Federico Barocci. Il paragone con il quadro di Montiano ha consentito di attribuire a Gianfrancesco un corpus di opere. Tra i dipinti che gli sono riferiti, emerge per qualità e spessore culturale la Madonna con il Bambino e i ss. Francesco, Girolamo, Giovanni Battista e Agata (Cesena, chiesa di S. Domenico), in cui l’acuta sensibilità di Barocci è felicemente coniugata con la cultura neosartesca dei «riformati» fiorentini (Arcangeli). Attingendo alle fonti più innovative della pittura toscana e marchigiana, Gianfrancesco superò la maniera paterna, per emergere come il più aggiornato pittore forlivese della sua generazione.
Poiché non è menzionato in alcun documento posteriore al 1609, questa è considerata la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: C.F. Marcheselli, Pitture di Rimini (1754), a cura di P.G. Pasini, Bologna 1972, pp. 88 s.; per Gianfrancesco p. 255; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1795-96), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, p. 44 (per Gianfrancesco); Il carteggio di Giorgio Vasari, commento a cura di K. Frey, II, München 1930, pp. 321 s., 546, 635, 650, 673, 762 s., 794, 807; L. Filippini Baldani, Il chiostro di S. Mercuriale e le storie di S. Giovanni Gualberto, in Romagna eroica, I (1941), pp. 20-26; Id., L. M. pittore forlivese del Cinquecento, ibid., II (1942), 1, pp. 14-22; Id., Alcune opere ignote di L. M. in Forlì, ibid., 3, pp. 17-22; F. Arcangeli, La chiesa di S. Domenico a Cesena, Bologna 1964, pp. 49 s. (per Gianfrancesco); F. Spazzoli, Livio Agresti. Attualità di un piccolo maestro, in Studi romagnoli, XXIII (1972), p. 92; Id., Rapporti tra arte e ideologia cattolica a Forlì nel XVI secolo. Pier Paolo Menzocchi e L. M., ibid., XXIV (1973), pp. 447-457; Dipinti d’altare in età di Controriforma in Romagna, 1560-1650: opere restaurate dalle diocesi di Faenza, Forlì Cesena e Rimini (catal.), a cura di A. Colombi Ferretti, Forlì 1982, pp. 40, 52-55, 58, 68 s., 73; per Gianfrancesco pp. 38, 54 s., 58, 65, 68, 72, 75, 79, 83, 89; A. Colombi Ferretti, I due Livii. Appunti sul manierismo forlivese, in Culture figurative e materiali tra Emilia e Marche. Studi in memoria di Mario Zuffa, a cura di P. Delbianco, II, Rimini 1984, pp. 543-581; per Gianfrancesco pp. 548-551, 558-560; Id., in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1987, pp. 772 s.; M. Monticelli, in Imago Virginis: dipinti di iconografia mariana nella diocesi di Cesena-Sarsina dal XIV al XVIII secolo (catal.), a cura di M. Cellini, Cesena 1988, pp. 84-87 (per Gianfrancesco); G. Viroli, Pittura del Cinquecento a Forlì, II, Bologna 1993, pp. 203-252; per Gianfrancesco pp. 255-299; S. Togni, in Francesco Menzocchi. Forlì 1502-1574 (catal., Forlì), a cura di A. Colombi Ferretti, Ferrara 2003, pp. 271 s.; A. Zaccaria, Un caso di presunto spionaggio militare e nuovi elementi per la biografia del pittore forlivese L. M., in Studi romagnoli, LVIII (2007), pp. 523-542; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 607.