LIVI, Livio
Nacque a Roma il 2 genn. 1891 da Ridolfo e da Luisa Bacci, entrambi di origini pratesi.
Il L. proveniva da un ambiente familiare borghese che aveva consuetudine con gli studi e la cultura: il padre era generale medico e noto antropologo; il nonno materno era stato sindaco di Prato.
Il L. compì presso l'Università di Roma gli studi di giurisprudenza, facoltà che annoverava fra i suoi docenti M. Pantaleoni, E. Ferri e R. Benini, uno dei padri fondatori della statistica italiana; con quest'ultimo si laureò nel 1913, con una tesi, poi pubblicata, dal titolo Un censimento di Roma avanti il sacco borbonico: saggio di demografia storica (Roma 1914) che già rivela l'interesse per la demografia che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Il L. si avviò alla carriera universitaria partecipando subito al concorso per la cattedra di statistica bandito dalla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Cagliari, ma la guerra, cui partecipò come ufficiale di fanteria, impedì la sua nomina in ruolo.
In seguito, e fino al 1921, fu incaricato di statistica all'Università di Modena; nel 1922 vinse il concorso per la medesima cattedra presso l'Istituto superiore di commercio di Trieste. Dal 1926 al 1928 fu professore di demografia presso l'Università di Roma; dopo la fondazione, nel 1926, dell'Istituto centrale di statistica - di cui era presidente C. Gini - il L. fu chiamato a dirigerne l'ufficio studi, incarico da cui si dimise nel 1929.
Le dimissioni del L. furono motivate proprio da divergenza di vedute con Gini sull'indirizzo dato alla ricerca e alla formazione statistica: in effetti, mentre quest'ultimo si muoveva lungo la linea di una sempre maggiore osmosi con la pubblica amministrazione - quindi nella chiave di uno stretto rapporto di collaborazione con il governo, mirando soprattutto alla formazione di analisti quantitativi utili per individuare o appoggiare le finalità politiche dell'esecutivo -, il L. preferiva una linea di ricerca più indipendente e varia, orientata su indirizzi diversi, che spaziava dalle influenze sul sociale di particolari fenomeni, per esempio la fecondità, a casistiche più specificatamente economiche.
Nel 1929 tornò a Firenze per occupare la cattedra di statistica, che tenne fino al 1948. In questa città, dal 1929 al 1936 fu direttore dell'Istituto superiore Cesare Alfieri; nel 1936 fondò il Centro di statistica aziendale (di cui fu direttore fino alla morte) e, nel 1937, la Società italiana di demografia, economia e statistica. Nel 1949 fu chiamato a Roma alla cattedra di statistica metodologica ed economica, resa libera da A. Niceforo, presso la facoltà di economia e commercio, di cui fu anche preside, e dove rimase fino alla pensione.
Il L. fu membro dell'International Statistical Institute (ISI); nel 1949-54 vicepresidente dell'International Union for the scientific study of population (IUSSP) e, dal 1953 al 1955, presidente dell'Istituto italiano di antropologia. Sin dalla sua fondazione, fu nel Consiglio superiore di statistica partecipando assiduamente ai lavori delle commissioni di studio.
Il L. morì a Firenze il 2 maggio 1969.
Professore seguito e apprezzato dagli studenti per la sua grande chiarezza espositiva, il L. si batté affinché la precedenza nell'insegnamento della statistica - agli inizi della sua carriera da poco assurta al rango di disciplina autonoma - fosse data a cultori della materia e non, come spesso avveniva all'epoca, a docenti di materie affini e talvolta neppure affini. Protagonista del dibattito scientifico tra gli statistici, il L., negli anni intercorsi tra la stesura della tesi e il suo ultimo scritto, pubblicò circa 400 lavori su temi di statistica, demografia, sociologia ed economia.
Per quel che riguarda gli studi demografici, il L., fin dai primi lavori, si pose in atteggiamento parzialmente critico riguardo alla teoria organicista - che considera la società al pari di un meccanismo biologico con poteri di autoconservazione e autoregolazione - cercando interpretazioni alternative dei trend demografici, approfondendo lo studio del darwinismo (cfr. Il darwinismo sociale e la critica dei fatti, Firenze 1930) e del fondamento naturale degli eventi sociali; il L. scrisse: "pure apparendomi sempre più manifesta la convenzionale falsità delle teorie che […] avevano voluto attribuire alle società umane l'essenza di un organismo animato mi confermai nell'opinione che non si poteva […] tagliare ogni collegamento col mondo naturale" (I fattori biodemografici dell'ordinamento sociale, Padova 1941, p. XXV). Il L. contrastò pure alcune teorie dell'evoluzione sociale: "l'organizzazione collettiva senza nuclei familiari, oppure la famiglia fuori della società, sono astrazioni contrarie alla stessa natura biologica della specie umana" (ibid., p. 28); quando vi siano le condizioni qualitative e quantitative necessarie, una popolazione si raccoglierà, dunque, in unità sociali autonome, stabili e permanenti. In alcuni saggi, il L. si era occupato della composizione del nucleo familiare, circa il quale definì tre fattori di coesione: quello naturale, determinato dall'attrazione naturale e dallo scopo di procreazione, quello affettivo e quello economico (cfr. La composizione della famiglia. Studio demografico, Firenze 1915).
Il L. studiò anche gli effetti dell'immunizzazione ereditaria; la sua ipotesi accese un vivace dibattito che coinvolse, tra gli altri, il celebre igienista G. Sanarelli (vedi La tubercolosi in Italia. Come e perché diminuì nel periodo antecedente alla guerra, Torino 1919). Nel 1922 pubblicò un saggio sulla legge statistica dei parti plurimi (detta legge di Hellin-Livi) per la quale, classificando i parti secondo il numero dei generati, la frequenza dei parti plurimi costituisce una progressione geometrica decrescente di ragione prossima a 84.
Tra i maggiori contributi metodologici alla demografia è pure da ricordare la critica portata dal L. alle curve di fecondità ottenute limitandosi a porre il numero dei nati, ovvero quello dei parti, in rapporto alle donne coniugate; egli notò per primo che tali curve di fecondità non isolano le varie cause di ordine biologico, sanitario, ambientale ecc. influenti sul fenomeno. Individuando, quindi, molte cause perturbatrici delle curve stesse, il L. propose un metodo tronco, consistente nel prendere in considerazione le coniugate e i rispettivi concepimenti solo dopo due anni dal matrimonio, eliminando così dall'analisi effetti dovuti alla selezione temporanea matrimoniale. Il L. utilizzò questa metodologia per provare che "la capacità genetica non raggiunge il suo massimo che molti anni dopo l'insorgenza della capacità genetica stessa, e più probabilmente verso il 23° anno di età" (Sulle variazione della attitudine genetica della donna secondo l'età, in Economia, n.s., 1939, vol. 17, p. 536), ottenendo curve ipotetiche dell'attitudine della donna alla procreazione. Tale contributo fu ripreso da molti demografi stranieri, con abbondanza di studi e di indagini, nel secondo dopoguerra. Il L. si dedicò inoltre allo studio della connessione tra la selezione matrimoniale e la mortalità, notando la minor mortalità dei coniugati rispetto ai non coniugati e spiegandola non già tramite effetti benefici del matrimonio, ma tramite selezione matrimoniale di individui più sani.
Di particolare importanza i contributi del L. sul minimum di popolazione - un limite inferiore, variabile secondo i fattori esterni, di convivenza in collettività dei singoli a fini di perpetuazione della società - e gli studi successivi sui comportamenti sociali atti al mantenimento del numero di individui al di sopra di tale minimo: "ecco infatti l'esogamia, […] ecco i matrimoni tra infanti o tra giovanissimi appena puberi" (Sui concetti di popolazione ottima e di sovrappopolamento, con particolare riguardo all'Italia, ibid., 1936, vol. 14, p. 314). Il L. sosteneva, inoltre, l'esistenza di un optimum strutturale di popolazione; questa cardinalità ideale della popolazione, variabile nel tempo, viene raggiunta quando esistano "un sufficiente equilibrio dei sessi, una variabilità normale dei caratteri fisici e psichici, una forma piramidale della distribuzione dell'età, massima aggregazione dei singoli in nuclei familiari monogamici permanenti" (ibid., p. 322).
Nei primi anni Quaranta il L. effettuò ricerche anche sulla storia demografica di Rodi e di altre isole dell'Egeo (Ricerche storico-geografiche sull'insediamento umano e sulle vicende demografiche delle isole italiane dell'Egeo, Roma 1940; Prime linee per una storia demografica di Rodi e delle isole dipendenti dall'età classica ai nostri giorni, Firenze 1944).
Per quel che riguarda i contributi in ambito di studi economici, nell'immediato dopoguerra il L. si dedicò a costruire un quadro di indicatori economico-congiunturali, prima di allora mancante. Con il Centro di statistica aziendale, da lui fondato, nei primi anni Cinquanta impostò lavori fondamentali sulla rilevazione della ricchezza e del reddito nazionale (L'indagine statistica della distribuzione del reddito in una fase di sviluppo, Roma 1957; Previsioni economiche, Torino 1958). Notevoli furono i suoi contributi alla costruzione e definizione di indici dei prezzi. Il L. si dedicò anche agli studi sul costo del lavoro, che partirono dall'indispensabile unificazione della terminologia, fase fondamentale per la crescita di un ramo di studi relativamente nuovo; non prescindendo dai contenuti, l'unificazione della terminologia fu propedeutica alla chiarificazione concettuale (Convegno per la unificazione della terminologia relativa alla remunerazione e al costo del lavoro. Relazione preliminare… 1950, Firenze 1950). Due i principali contributi agli studi sul costo del lavoro: in primo luogo, il L. distinse il salario contrattuale e il guadagno, la retribuzione contrattuale e quella effettiva; in secondo luogo, introdusse un criterio di tripartizione delle componenti del salario, distinguendo elementi applicati alle quantità di lavoro prestato da quelli inerenti la durata del tempo in cui il lavoratore rimane vincolato dal contratto di lavoro, e da quelli che vengono applicati indipendentemente da tali quantità di durata. Da questa distinzione deriva la distinzione fondamentale tra retribuzione diretta e retribuzione indiretta che ancora oggi è alla base dei calcoli della retribuzione e del costo del lavoro (La rilevazione della ricchezza e del reddito nazionale. Questioni concettuali e di metodo, Padova 1955; Su talune pretese costanze nella distribuzione del reddito, ibid. 1962).
In molti scritti pubblicati tra il 1929 e il 1933 il L. si era dedicato allo studio delle relazioni causali tra economia e natalità, dimostrando una correlazione positiva sul lungo periodo, oscurata da fattori di carattere sociale e culturale. Negli ultimi anni, il L. aveva preso a occuparsi delle condizioni dell'economia in epoca romana (cfr., per es., Sul consumo di pesce nell'economia alimentare del I sec. d.C., Milano 1965), ricerca che rimase incompiuta.
Fonti e Bibl.: M. Livi Bacci, L. L. e gli studi demografici, in L. Livi, Trattato di demografia, Padova 1974, pp. III-LXVIII (con elenco completo degli scritti); Studi in memoria di L. L. e L. Maroi, in Riv. italiana di economia, demografia e statistica, 1977, numero spec. dedicato al L.; G. Leti, L'ISTAT e il Consiglio superiore di statistica dal 1926 al 1945, in Annali di statistica, X (1996), ad nomen; G. Favero, Corrado Gini and Italian statistics under Fascism, in Il Pensiero economico italiano, XII (2004), 1, pp. 45-49.