LIVELLO
. Livello o libellus fu termine già usato per indicare in genere l'atto scritto o il documento, senza riguardo alcuno al suo contenuto giuridico o meno; ma in senso più specifico fu l'appellativo dato nel Medioevo a una particolare figura di contratto agrario, largamente diffusa in Italia, per la quale un concedente dava una terra in godimento a un ricevente o livellario, per un certo periodo di tempo, a determinate condizioni e dietro un pattuito compenso. Il contratto prese il suo nome dal libello col quale chi desiderava ottenere la concessione della terra faceva la sua petizione.
La forma di livello più nota è quella nella quale l'istante curava la stesura del libello in due copie, che venivano firmate e scambiate tra le parti, ma si trovano anche libelli scritti dal concedente stesso oppure dalle due parti congiuntamente, e allora non si tratta di petizioni, ma piuttosto di semplici notitiae dell'avvenuta concessione livellare. Il piu antico documento in cui questo meccanismo formale di livello ci si presenta in Italia risale al 681, ma si tratta di formalismo già noto nell'epoca romana e ricordato anche nei papiri egiziani dei primi seeoli dell'Impero.
Ognuno poteva dare terre a livello, purché ne fosse proprietario o anche semplice precarista, enfiteuta, beneficiato o a sua volta livellario, e le maggiori concedenti di livelli durante il Medioevo furono le chiese. Mentre il concedente aveva il dovere di mantenere il livellario nella concessione fattagli, sevza pretendere censo o prestazioni maggiori di quelle convenute, e di rinnovare la concessione stessa alla scadenza secondo la consuetudine o le clausole contrattuali, il livellario era tenuto dal canto suo a curare per quanto fosse possibile il miglioramento dei beni ricevuti, a versare il canone fisso o parziario, in derrate o in denaro, a corrispondere ogni altra prestazione od opera conforme a consuetudine o convenzione e infine il cosiddetto libellatico o calciario al momento della stipulazione e della rinnovazione del contratto. Il livello conferiva al livellario un diritto reale di pieno godimento sulla cosa, che importava altresì la capacità di trasferimento dello stesso diritto ad altri, la condizione dei livellarî era quella di uomini liberi legati soltanto al proprietario o concedente della terra dalle clausole del contratto di livello; ma poiché tra queste, specie in alcune regioni, fu spesso apposta anche quella di lavorare direttamente la terra ricevuta e di risiedere in essa, il livellario fu considerato alle volte come legato alla terra in condizione simile a quella dei coloni e in un rapporto di subordinazione colonica o anche di commendazione verso il proprietario, e quando poi nel periodo feudale quest'ultimo divenne in più luoghi anche signore, i livellarî passarono nella condizione di vassalli.
La durata della concessione a livello era diversissima: più frequentemente era fissata per un periodo di 29 anni.
Controversa è la questione relativa alla natura giuridica del contratto di livello. S. Pivano volle definire il livello come un contratto essenzialmente formale, che trova il suo carattere proprio nei due libelli scritti in unico tenore con la petizione del livellario: contratto dal contenuto diversissimo e spesso enfiteutico e non distinguibile pertanto per questa via dagli altri contratti agrarî medievali. Ma i più videro invece nel livello un contratto reale e ne ricercarono non nella forma, ma nel contenuto, l'elemento caratteristico. F. Schupfer notò la differenza tra livello e precaria soprattutto nel diritto derivante dal livello, diritto che è maggiore di quello di un semplice usufruttuario o precarista e che consiste in una specie di signoria sulla cosa. Il Hartmann trovò la distinzione tra il livello e l'enfiteusi nel territorio ravennate nel fatto che mentre col livello, come nella locazione, la terra resta nel patrimonio del concedente, con l'enfiteusi invece la separazione avviene in modo assoluto. P.S. Leicht ha posto in luce il fatto che mentre in alcune regioni d'Italia (territorio ravennate, bassa Lombardia, basso Veneto, Emilia, territorio romano), il livello è un contratto di locazione-conduzione, contrapposto alla precaria-enfiteusi che conserva il carattere intermedio tra locazione e vendita, nei territorî di diritto longobardo invece il livello comprende locazione ed enfiteusi. E ha visto il livello distinguersi gradatamente nell'alto Medioevo dalle altre concessioni simili per la speciale condizione fatta ai livellarî: nei primi territorî, infatti, a eccezione di quello romano, i livellarî, detti spesso coloni, diventano quasi sempre diretti coltivatori del suolo, mentre l'enfiteusi va facendo sue le altre forme di contratti agrarî; nei territorî longobardi la condizione dei livellarî è quella fissata da loro stessi nel contratto di livello, in contrasto con quella dei coltivatori della curtis, per i quali è la consuetudine che regola i loro rapporti con i proprietarî. Il livello, avuta la sua più vasta applicazione nei secoli IX, X, XI e XII e penetrato con la sua forma tipica nel sec. XIII anche nell'Italia meridionale, decade nei secoli successivi e si confonde spesso con l'enfiteusi. Di notevole importanza fu nell'epoca moderna il cosiddetto sistema livellare introdotto in Toscana da Pietro Leopoldo nel sec. XVIII (1769, 1775, 1782) allo scopo di redimere il latifondo col ricostituire una classe di piccoli proprietarî che ne riattivasse la coltivazione. Proibito l'aumento dei canoni, facilitata l'affrancabilità, il livello dichiarato sempre alienabile, aboliti i diritti di prelazione e di retratto, resa coattiva la riallivellazione, attribuita la proprietà dei miglioramenti introdotti nel fondo, il sistema diede i suoi buoni risultati.
Bibl.: C. Calisses, Le condizioni della proprietà territoriale studiate nei documenti della provincia romana dei secoli VIII, IX e X, in Arch. della R. Soc. rom. di stor. patr., VII e VIII (1884-85); A. Pertile, Storia del diritto italiano, I, 2ª ed., Torino 1896, p. 195; IV, 2ª ed., 1893, p. 297 segg.; S. Pivano, I contratti agrari in Italia nell'alto Medioevo, Torino 1904; F. Schupfer, Precarie e livelli nell'alto Medioevo, in Riv. it. per le sc. giurid., XL (1905); P. S. Leicht, Livellario nomine, in Studi senesi, Torino 1906; N. Tamassia, Calciarii nomine, in Atti del R. Ist. ven. di sc. lett. ed arti, 1920-22; S. Pivano, Origine del contratto di livello, in Riv. di stor. del dir. it., I (1928); G. Salvioli, Storia del diritto italiano, 9ª ed., Torino 1930, specialmente p. 501 segg.; A. Solmi, Storia del diritto italiano, 2ª ed., Milano 1930; P. De Francisci, Intorno all'origine del contratto livellare, in Studi in onore di C. Vivante, Roma 1931, II, p. 465 segg.