LIUTPRANDO re dei Longobardi
Successe nel 712 al padre Ansprando, uomo saggio e prudente, che aveva regnato per soli tre mesi, dopo aver chiuso, con la sua salita al trono, un periodo agitato da ardenti contrasti e da feroci violenze. L. che fu una delle maggiori, se non la più grande figura di re longobardo, ereditava così l'arduo compito di ricondurre l'ordine e la pace nel regno, di far rientrare nella legge le grandi famiglie longobarde che negli ultimi tempi avevano disposto del trono, di piegare all'obbedienza i duchi dei grandi ducati di confine.
L'opera sua appare effettivamente tutta rivolta a riordinare lo stato, a rafforzare l'autorità regia, a combattere le tendenze particolaristiche, ad avvicinare Longobardi e Romani, e, in secondo tempo, a ingrandire i confini del regno contro i Greci. In questa vasta opera di ricostruzione interna ed esterna, L., seguendo le orme del suo predecessore, mostra di tenersi stretto agli elementi romani ed ecclesiastici che egli favorisce e del cui appoggio appare tanto più bisognevole quanto maggiori resistenze suscita la sua politica accentratrice e di vigorosa restaurazione del potere regio. In armonia a queste tendenze e bisogni sta l'incrollabile attaccamento di L. alla fede cattolica. L. si manifesta anzitutto re e legislatore cattolico. Riconferma al papa la retrocessione del patrimonium delle Alpi Cozie, riscatta e trasporta dalla Sardegna a Pavia le ossa di S. Agostino, erige a corte una cappella con un clero palatino, è generoso fondatore e donatore di chiese e conventi. Soprattutto il suo spirito religioso informa la sua attività legislativa, che è una delle più importanti manifestazioni della sua opera di riordinamento dello stato.
Iniziata appena salito al trono, essa si svolge quasi ininterrottamente in quindici assemblee generali dal 713 al 735, producendo quindici volumina di leggi, in 153 capitoli, sviluppo della precedente legislazione, alla quale apportano un notevole incremento, specie di diritto privato, e con sempre maggiore appoggio al diritto romano. L. ribadisce la territorialità del diritto, in quanto specifica, nel I volumen, i capitoli particolarmente rivolti ai Longobardi. Le disposizioni sono ispirate a larghi principî di giustizia civile e di equità naturale, ai dettami della religione, ai canoni della Chiesa. In esse è evidente lo sforzo verso una più progredita vita sociale, verso un più elevato apprezzamento e, quindi, verso un maggiore rispetto della vita umana. Notevole a questo scopo l'aver cercato di contenere la vendetta privata entro il cerchio legittimo della parentela, l'avere aggiunto al guidrigildo, che con L. trova la sua precisa determinazione in una somma piuttosto elevata, la confisca dei beni del colpevole, salvo il caso di omicidio per legittima difesa. Importante riconoscimento questo dell'elemento subiettivo, intenzionale del reato, che si ritrova anche altrove, e che rivela nel legislatore una più alta ispirazione e una maggiore maturità giuridica. Al rafforzamento del potere regio è certamente rivolta parte notevole dell'opera ricostruttiva di L. Sotto di lui non solo i gastaldi, ma gli stessi duchi coi loro dipendenti acquistano carattere di pubblici ufficiali eletti dal re e posti in una stretta dipendenza da lui, e sotto L. vediamo anche accresciuto il numero dei gastaldi e diminuito quello dei duchi. A esso però oppongono tenace resistenza i duchi del Friuli, di Spoleto, di Benevento, a spezzare la quale L. consacra tutta la sua vita.
Nei primi anni del suo regno L. sembra desiderare un raccoglimento pacifico: vive in buoni rapporti coi Bizantini e col papa, che eleva in patriarcato di Aquileia il vescovato di Cividale. Fa restituire all'esarca di Ravenna, forse anche per opporsi ai temuti progressi del duca di Spoleto, il porto di Classe di cui questi si era impadronito. Fra il 714 e il 717 stipula coi Veneziani e con quei di Comacchio, vale a dire coi Greci, accordi per la definizione dei confini ai margini della Laguna, e per regolare il commercio fluviale della valle padana. Il ristabilimento e il mantenimento dell'amicizia coi Franchi appaiono uno dei caposaldi della politica di L. Il matrimonio con Guntruda, figlia di Teodeperto duca di Baviera, garantisce la sicurezza dei confini del nord e favorisce l'intesa con Carlo Martello legato esso pure alla corte bavarese. Ma i dissidî politici e religiosi scoppiati fra il 725 e il 727 fra i Greci, il papa e le popolazioni italiane, porsero il destro a L. di assalire i Greci, dando inizio così a una serie d'imprese guerresche che lo tengono occupato fin quasi alla morte. La storia di questi avvenimenti ci è tramandata in modo piuttosto frammentario e confuso, per cui non è facile determinarne la successione, come non chiari risultano i moventi della condotta del re. Questi pare più specialmente intento a scacciare i Greci dall'Esarcato di Ravenna.
Certo è che L. si trovò di fronte all'inaspettata e tenace resistenza dei papi, sempre vigili nell'impedire che i Longobardi s'ingrandissero a spese dei Greci sia pure eresiarchi, e perciò pronti a far blocco delle forze avverse ai Longobardi e quindi a spalleggiare i duchi ribelli di Spoleto e di Benevento. L. invade una prima volta l'Esarcato nel 726 circa, s'impadronisce di Bologna, di altre terre dell'Emilia, e di Umana, Ancona, Osimo nella Pentapoli, espugna Classe, pone l'assedio a Ravenna e, nell'Italia centrale, taglia, con la presa di Sutri, le comunicazioni fra il ducato romano, la Tuscia e l'Esarcato. Ma, in seguito all'intervento di Gregorio II abbandona l'assedio di Ravenna, restituisce Classe e dà Sutri in mano del pontefice facendone dono ai beatissimi apostoli Pietro e Paolo. Non molto dopo L. scende in campo con un'offensiva nell'Italia centrale e meridionale che pare diretta a ridurre all'obbedienza i duchi di Spoleto e di Benevento e a costringere il papa a distaccarsi da essi. Egli pone, infatti, il campo nelle stesse vicinanze di Roma. Ma qui si accorda col papa e, visitata piamente la tomba di S. Pietro, ritorna a Pavia. Nel 734 abbiamo una nuova offensiva contro Ravenna sotto il comando di Ildebrando nipote del re. Ravenna cade. Tosto i Greci, però, la riprendono coi soccorsi dei Veneziani che fanno prigioniero lo stesso Ildebrando. In quel tempo L. dovette essere impegnato contro il duca del Friuli, Pemmone, e ai confini occidentali, dove gli Arabi si mantenevano minacciosi e contro i quali, negli anni 737-738, mosse in soccorso dei Franchi. Nuove ribellioni a Spoleto e a Benevento fanno accorrere L. nell'Italia centrale (739), dove, per ottenere la consegna del duca di Spoleto, esercita una forte pressione sul papa, con l'invadere il territorio romano e con l'occupazione dei castelli di Bomarzo, Bieda, Ameria, Orte, che stavano a guardia di Roma. Lo vediamo, però, ritornare, senza evidenti risultati, a Pavia. Nel 740 Ravenna è di nuovo assalita e il papa è tenuto a rispetto con operazioni devastatrici nel territorio romano. Ma anche questa volta l'azione è sospesa. Nel 741 L. approfitta dell'elezione del nuovo papa Zaccaria per stringere accordi con lui, rinnovati nel 742, in seguito a una visita fattagli dal papa stesso a Terni, per i quali vengono restituiti i castelli romani occupati e una tregua di venti anni viene conclusa coi Romani, mentre il re acquista libertà di azione verso i duchi di Spoleto e di Benevento, che sono, infatti, vinti e deposti. Nel 743 L. rinnova l'offensiva contro Ravenna, anche questa volta troncata per l'intervento del papa recatosi in persona a Pavia. Già prima, però, L. aveva intavolato trattative dirette coi Greci; e non è avventato pensare che la notizia di queste trattative dalle quali poteva derivare tutta una nuova situazione italiana contraria agl'interessi del papa avesse condotto quest'ultimo alla corte longobarda. Ma prima ancora che ritornasse l'ambasceria mandata a Costantinopoli L. fu colto da morte nel gennaio 744. Fu sepolto presso il padre nella basilica di Sant'Adriano a Pavia, donde nel sec. XII la salma fu trasportata nella chiesa di S. Piero in Ciel d'oro.
Bibl.: W. Martens, Politische Geschichte des Langobardenreiches unter K. Liutprand, Heidelberg 1880; M. Rosi, Longobardi e Chiesa romana al tempo di re Liutprando, Catania 1890; C. Monticolo, Le spedizioni di L. nell'Esarcato, in Arch. della Soc. rom. di storia patria, XV (1892); L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, 2, Gotha 1903 (cap. 3); G. Romano, Le dominazioni barbariche in Italia, III, vi, Milano 1909.