LITTORE (lat. lictor; etim. incerta, forse da licere "chiamare")
Ufficiale subalterno al servizio dei magistrati romani cum imperio e di alcuni sacerdoti (dei flamini, più tardi anche delle vestali) e delle imperatrici. Sull'origine etrusca, v. fascio. I littori precedevano (apparebant) sempre il magistrato che usciva in pubblico, anche se lo faceva per motivi privati, portando sulla spalla sinistra i fasci; gli si ponevano accanto quando sedeva o parlava nell'assemblea; stavano nell'atrio quando egli era in casa. Sul numero dei littori che spettavano a ogni magistrato, v. fascio. Procedevano dinanzi al magistrato in fila per uno; l'ultimo era il lictor proximus, il littore di fiducia. Portavano in città la toga, al campo il sagum militare rosso, in occasioni di duolo pubblico la veste di lutto. Brandivano con la destra una verga per far largo al magistrato (summovere) e intimavano ai cittadini di rendergli il dovuto ossequio. Per ordine del magistrato convocavano il popolo, arrestavano, flagellavano e mettevano a morte i colpevoli. Erano di solito liberti, stipendiati e organizzati in decurie. I littori appaiono anche in altre città italiche e poi nelle comunità romanizzate dell'impero. La loro figurazione ricorre spesso nei rilievi storici (Ara Pacis Augustae, Arco di Tito, Arco di Traiano a Benevento, ecc.) e in monumenti sepolcrali municipali.
Bibl.: Th. Mommsen, Römisches Staatsrecht, I, 3ª ed., Lipsia 1887, pp. 355 e 373; Ch. Lécrivain, in Daremberg e Saglio, Dict. des antiquités, III, p. 1239; B. Kübler, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII, col. 507; A. M. Colini, Il fascio littorio, Roma 1933.