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LITOPONE

di Carlo Mazzetti - Enciclopedia Italiana (1934)
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LITOPONE

Carlo Mazzetti

. Pigmento bianco adoperato per vernici. Scoperto da De Douhet nel 1853 per reazione del vetriolo di zinco con solfuro di bario; perfezionato da J. B. Orr di Glasgow (1874), che sottopose la miscela di solfato di bario e solfuro di zinco a tempera per rendere il prodotto più denso e più bianco. Fu chiamato litopone da Boulez nel 1877.

Aggiungendo a una liscivia di solfuro di bario una soluzione equimolecolare di solfato di zinco in leggiero eccesso si ha per doppio scambio un precipitato formato da una miscela di BaSO4 e di ZnS che, opportunamente essiccato, calcinato e macinato, costituisce il litopone:

BaS + ZnSO4 = BaSO4 + ZnS

Le soluzioni di ZnSO4 occorrenti al procedimento industriale possono essere ottenute da materie prime anche di scarso valore (minerali poveri di zinco, cascami di questo metallo, ecc.): esse devono essere però perfettamente neutre e non devono contenere impurezze di altri metalli, specialmente ferrosi. L'attacco con acido solforico diluito del materiale metallico polverulento e la lavorazione dei liquidi e delle melme risultanti vengono eseguiti con agitatori, classificatori, ispessitori, decantatori dei tipi Pachura, Brow, Dorr, ecc., pompe a membrana o centrifughe ebanizzate e filtri-pressa di vario tipo. Le soluzioni acide risultanti, neutralizzate esattamente con carbonato di sodio e con polvere di zinco, sono trattate poi con ipoclorito per precipitare soprattutto il ferro che possono contenere e la cui presenza è molto dannosa alla bianchezza del prodotto finito.

Il solfuro di bario, che si ottiene dalla riduzione del solfato con carbone, generalmente fatta in forni a riverbero, viene lisciviato dalla massa ancora calda come esce dal forno, con acqua bollente. La soluzione decantata è inviata con pompe alle vasche di raccolta attigue a quelle contenenti il solfato di zinco, e che si trovano lontane dal locale dei forni a solfuro, ove regna un'atmosfera d'idrogeno solforato che danneggerebbe il prodotto finale. Le quantità volute dalle due soluzioni vengono fatte reagire in un mescolatore di legno (ferro e metalli in genere sono esclusi da tutti gli apparecchi); il precipitato filtrato al filtro-pressa viene quindi essiccato in essiccatoi fissi o rotanti e passa poi alla calcinazione. Questa è generalmente eseguita in un forno a muffola, ove la massa polverulenta raggiunge in circa 15 minuti la temperatura del rosso-ciliegia: occorre che le porte della muffola chiudano bene per impedire le entrate d'aria. Raggiunta la temperatura voluta, la massa viene estratta rapidamente dal forno e fatta cadere in un canale semicircolare di lamiera fortemente zincata o di legno rivestito di piombo, munito di coclea e ripieno d'acqua fredda. Il prodotto così temperato cambia struttura, diventa più pesante, più tenero e acquista proprietà ricoprenti che prima non aveva e che possono ancora essere aumentate se all'atto della precipitazione sono presenti colloidi. La poltiglia accumulata dalla coclea all'estremità del canale viene trasportata alla macinazione (dalle 12 alle 24 ore) a umido e a caldo in mulini a palle di porcellana o di silice; dopo di che il prodotto lavato più volte per decantazione viene essiccato e immagazzinato.

In genere le impurezze di qualsiasi specie sono dannose per la bianchezza del prodotto e per la resistenza del colore. Alla luce il litopone, specie se contiene cloruri, diventa leggermente grigio o giallo per ritornare poi bianco all'oscurità: alcuni fabbricanti eliminano questo inconveniente aggiungendo un poco di cloruro di calce o un poco di oltremare.

Il valore commerciale del litopone dipende dalla bianchezza del colore e dalla quantità di ZnS che esso contiene: la migliore marca è la verde con il 33% o più di ZnS, poi la rossa con il 30%, la bianca col 26%, la blu col 22%, la gialla con il 15%: è concessa una tolleranza dell'1%.

Si usa il litopone come sostituto del bianco di piombo: esso non è velenoso e resiste bene all'azione dell'idrogeno solforato ha però lo svantaggio di essere sensibile alla luce. Si usa come pigmento per le lacche a olio e a spirito, per colorare il linoleum e la lincrusta, per la carica del caucciù, ecc. Resiste meno bene del bianco di zinco (2 volte meno) e del bianco di piombo (4 volte meno) agli agenti esterni: per ottenere la vernice occorre mescolare il litopone col 16% di olio di lino, mentre il bianco di piombo ne esige almeno il 30% e quello di zinco il 98%.

In Italia esiste una fabbrica di litopone a Brescia.

Vedi anche
pigmento Sostanza in grado di conferire colore al suo supporto. biologia I pigmento biologici sono un gruppo di sostanze chimiche presenti nelle cellule sotto forma di granuli, gocce o cristalli, che conferiscono ai tessuti degli animali e delle piante le varie colorazioni acquisite in seguito a fenomeni adattivi ... zinco Elemento chimico, metallo di colore bianco azzurrastro, che all’aria si ricopre di uno strato sottile di carbonato basico. chimica 1. Caratteri generali Lo zinco appartiene al gruppo II B del sistema periodico, ha simbolo Zn, numero atomico 30, peso atomico 65,38, isotopi stabili 6430Zn (48,9%), 66/30Zn ...
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    Pigmento bianco costituito da un miscuglio di solfato di bario (BaSO4) e di solfuro di zinco (ZnS). In commercio se ne trovano diversi tipi che si differenziano per il contenuto in ZnS, che può variare dal 15 al 30% (ma che a volte arriva anche al 50% e oltre) e che sono tanto più pregiati quanto più ...
Vocabolario
litopóne
litopone litopóne (o litòpono) s. m. [dal fr. lithopone, comp. di litho- «lito-» e del gr. πόνος «fatica»]. – Pigmento bianco costituito da un miscuglio di solfato di bario e di solfuro di zinco in proporzioni variabili; è una polvere bianca,...
bàrio
bario bàrio s. m. [lat. scient. Barium, der. del gr. βαρύς «pesante», voce coniata dal chimico ingl. H. Davy (1808) sulla base di barite]. – Elemento chimico, metallo alcalino terroso bivalente, di simbolo Ba, numero atomico 56, peso atomico...
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