SALUTATI, Lino Coluccio di Piero
Umanista nato a Stignano in Valdinivole il 16 febbraio 1331, morto a Firenze il 4 maggio 1406. Di pochi mesi, fu tratto per le vie dell'esilio a raggiungere il padre, che aveva trovato rifugio nella Bologna dei Pepoli. Fu avviato agli studî giuridici, inameni a lui che era "pierius" (così foggiò il suo patronimico: figlio di Pietro, e devoto alle Pieridi, le Muse); ma, essendo rimasto assai presto (1340?) orfano del padre, s'indusse a vincere queste ripugnanze (1346?) e a iscriversi nel tirocinio dei notai. Il suo primo atto conosciuto è rogato nel 1353 a Stignano, avendo i S. lasciata Bologna dopo la caduta dei Pepoli (1351); ma poi Coluccio prese la via degli uffici pubblici: lo sappiamo cancelliere nel comune di Todi (1367), di Lucca (1371) e nell'intervallo in Curia, a Viterbo, con Urbano V. Poi, dal 1375 fu cancelliere della Signoria fiorentina e vi durò trent'anni, dando esecuzione, anzi spirito e voce, ai dettami della complicata e agitata politica della città. Per i costumi intemerati (virum iustum et rectum lo giudicò sant'Antonino), per il fervore dell'animo, per l'altezza dell'ingegno, egli divenne in quel trentennio il centro della vita culturale italiana e specialmente fiorentina, sia ch'egli accogliesse in casa sua i più alti spiriti, sia che intervenisse a geniali convegni.
In lui, cancelliere d'uno dei più forti e attivi stati italiani, si attuò il sogno umanistico di fare dell'eloquentia una forza morale più temibile elle armi; onde le sue missive ufficiali non solo sostituiscono al barbarico stile cancelleresco sino allora usato un latino copioso e dignitoso (se non proprio ciceroniano), ma dànno eloquente accento agli alti ideali di libertà politica, di avversione al principato, d'indipendenza e quasi diremmo di unità nazionale intorno al "nostro capo Roma", che già erano balenati all'alta mente del Petrarca. Le epistole private, onde sono materiati i XIV libri dell'epistolario - il suo capolavoro - riprendono ed estendono l'opera di rinnovamento culturale iniziata dal Petrarca; ché, se questi supera il S. in varietà, vivacità e umanità, ne è poi superato in esperienza filologica. Il metodo critico degli umanisti (collazione di codici, varianti, congetture) comincia con lui.
Ma l'umanesimo non è solo filologia ed eloquenza: è anche spiritualità rinnovata, e a determinarla giovano non solo le epistole, ma i Trattati, redatti spesso nella fretta d'una effimera occasione, ma ricchi d'interesse. La speculazione del S. muove dalla posizione raggiunta dal Petrarca, avverso alla scolastica e in specie all'averroismo. Anche per lui sola feconda di elevazione umana è la filosofia morale, la conoscenza di sé stessi: egli è un Socrate cristiano, in quanto concepisce bensì la virtù come una conquista: ma non dell'intelletto, che scopre i veri per sé esistenti; bensì della volontà, che crea a ogni istante il bene, operando. Volontarismo che precorre al Rinascimento. Certo non mancano anche nel S. le scorie del passato; anzi esse son molte: ma alla sua rinomanza bastano questi presentimenti.
Opere: Le missive ufficiali nella raccolta di sue lettere per cura di G. Rigacci (Firenze 1841); le private in Epistolario di C. S., ed. da F. Novati (Roma 1891-1911). Suoi versi latini in Carmina illustr. poet. ital., VIII (otto egloghe scritte da giovane sono perdute). Trattati editi: De Tyranno, a cura di A.V. Martin (Berlino 1912) e di F. Ercole, in Quellen der Rechtsphilos. del Kohler, con ampio discorso (ivi 1913); De nobilitate legum et medicinae (1399: "utrum dignior sit scientia legalis vel medicinalis", Venezia 1542); Invectiva... in Antonium Luscum de (florentina) republica male sentientem (1400; a cura di D. Moreni, Firenze 1826). Inediti: De seculo et religione libri II (circa 1381), sui pericoli del mondo e sulla difesa della vita conventuale; De verecundia, se convengano ai medici gli studî rettorici e se la verecondia sia un vizio o una virtù; De fato fortuna et casu libri II (1396), sulla questione del libero arbitrio; De Hercule eiusque laboribus libri IV (mancano i due ultimi): interpretazione del mito di Ercole e di altre favole.
F. Novati, La giovinezza di C. S. (1331-1353), Torino 1888; id., Note all'Epistolario, cit.; L. Borghi, La dottrina morale, ecc., in Annali della R. Scuola normale sup. di Pisa, n. s., III (1934), pp. 75 segg., 469 segg.; F. Ercole, Da Bartolo all'Althusio, Firenze 1932.