lingue morte
La memoria di antiche civiltà
Quando una lingua non è più parlata e neanche impiegata per i documenti scritti, si definisce lingua morta. Le lingue morte sono spesso misteriose e la loro decifrazione è affascinante. I geroglifici dell’antico Egitto, il miceneo, l’etrusco, così come il greco e il latino, conservano la memoria di antiche civiltà
Come un essere vivente, anche la lingua ha una sua esistenza nel tempo, una nascita, un’evoluzione, una vecchiaia e anche una morte. Se coloro che parlano una certa lingua cominciano, in seguito a eventi storici, sociali, culturali, a trasformare il loro linguaggio, questa evoluzione può portare, nel giro di alcune generazioni, alla trasformazione del vecchio linguaggio in un linguaggio nuovo.
Cosa succede, a questo punto, al vecchio linguaggio? A volte esso viene dimenticato e scompare per sempre; altre volte continua la sua esistenza nei documenti scritti, che sono più conservativi e tendono a registrare meno le innovazioni dei parlanti. Quando però la differenza tra la lingua impiegata per la comunicazione scritta e il linguaggio parlato diventa troppo grande, la vecchia lingua viene sostituita dalla nuova anche nello scritto. Senza più nessuno che la parli e senza neanche qualcuno che la scriva, la lingua cessa la sua funzione. Diviene così una lingua morta.
Anche se morta, una lingua che sia stata impiegata per documenti scritti non viene cancellata dalla storia. Sono gli studiosi del passato e delle civiltà lontane che incominciano, a volte anche dopo lunghissimo tempo, a interessarsi a essa. Gli studiosi non hanno a disposizione vocabolari antichi e tanto meno registrazioni audio dei parlanti di un tempo: vanno dunque alla ricerca di quella che si chiama chiave di decifrazione dei misteriosi segni del passato. Da sempre la civiltà egizia esercitava sull’Occidente un fascino che la sua misteriosa scrittura, i geroglifici, contribuiva ad accrescere. All’inizio dell’Ottocento, durante le campagne di Napoleone in Egitto, fu ritrovata una iscrizione che recava un medesimo testo in tre lingue: geroglifico, demotico e greco. Poiché quest’ultima lingua era nota, Jean-François Champollion riuscì, dopo vari tentativi, a decifrare anche le altre due, restituendo così la voce alle numerosissime iscrizioni e ai ricchissimi testi dell’Egitto antico.
I Micenei (micenea, civiltà) avevano lasciato una serie di tavolette, scritte in alcuni segni ripetuti in diverse combinazioni, che gli studiosi non riuscivano a decifrare. Soltanto nel 1952 un architetto inglese, Michael Ventris, trovò la combinazione giusta per decifrare quella lingua: si scoprì così il mondo dei palazzi e degli eroi cantati nei poemi di Omero.
Altre lingue morte rimangono ancora oggi più o meno oscure: gli affascinanti segni delle civiltà dell’America precolombiana; le iscrizioni in runico dei popoli dell’Europa settentrionale; i difficili testi della lingua etrusca, che possiamo leggere, ma non riusciamo ancora a comprendere in ogni significato.
Tra tutte le lingue morte, nella cultura occidentale ve ne sono due che rivestono un ruolo importantissimo: il greco e il latino, le cosiddette lingue classiche. Studiati ancora oggi nella scuola dei principali paesi europei, il greco e il latino hanno una funzione duplice: culturale, in quanto la loro conoscenza consente l’accesso diretto ai testi delle due civiltà che sono alla base del mondo occidentale; formativa, perché l’apprendimento della grammatica e della sintassi del greco e del latino sviluppa la capacità logica e la propensione al ragionamento.
C’è chi pensa, d’altra parte, che sia improprio definire morte le lingue classiche. Il latino, soprattutto, che è stato la lingua dei cattolici fino alla metà degli anni Sessanta del Novecento, continua a essere la lingua ufficiale dei documenti ecclesiastici. In latino hanno scritto poeti e filosofi nell’Ottocento e ancora oggi si svolgono gare di composizione latina (certàmina). Una radio finlandese mette regolarmente in onda trasmissioni in lingua latina, e non mancano circoli culturali o accademie internazionali in cui ci si incontra per parlare latino.