MONGOLICHE, LINGUE
. Col nome di lingue mongoliche indichiamo non già tutte le lingue parlate da popoli di razza mongolica, ma solo una determinata e relativamente esigua famiglia linguistica, comprendente poco più di tre milioni di parlanti, e appartenente al ramo altaico della vasta famiglia uralo-altaica (v. uralo-altaiche, lingue). La classificazione della famiglia linguistica mongolica presenta parecchie difficoltà, perché solo pochi dialetti sono stati recentemente studiati. Qui sarà seguita la classificazione di B.J. Vladimircov, accettando però alcune modificazioni proposte da L. Ligeti, in Magyar Nyelv, XXX (1934), p. 45 segg.
Distingueremo prima di tutto un ramo occidentale che comprende:
1. Dialetti Oirat (nome che nel sec. XVIII designava un raggruppamento di quattro tribù; oirat = confederato). I dialetti Oirat si dividono in due gruppi: a) ramo europeo che comprende il Derbet d'Astrachan (con due varietà, Bolšederbet e Buzava); il Torghōt d'Astrachan e il Calmucco (Calmucco d'Ural e Calmucco di Orenburg; v. calmucchi, VIII, p. 446). b) Oirat del distretto di Kobdo, suddividentesi in parecchie varietà: Derbet di Kobdo; Bait; Torghōt Altaici; Urjanchaj Altaici; Zachačin; Elet-Dambi; Mingat.
2. Il dialetto Mogol dell'Afghānistān. Questo dialetto ha delle caratteristiche arcaiche considerevoli, talché il Ligeti lo include in un gruppo speciale di lingue mongoliche arcaiche.
Passando al ramo orientale, abbiamo cinque suddivisioni principali. Dapprima: i dialetti Buriati (v. buriati). La suddivisione dei dialetti buriati è specialmente basata su criterî geografici ed è press'a poco mantenuta tale e quale anche nella più recente opera del mongolista russo N.N. Poppe, che pure segna un progresso considerevolissimo nella linguistica buriata (N.N. Poppe, Buriat-Mongol′skoe jazykoznanie, Leningrado 1933); si noti che per la impossibilità d'italianizzare alcuni nomi geografici russi, saranno lasciate anche qui, come fanno del resto tutti i mongolisti, le denominazioni russe intatte. Nei dialetti buriati si distinguono due rami: il primo o settentrionale comprende le varietà Buriate, dette Cisbaikaliche, il secondo o meridionale le varietà Buriate, dette Transbaikaliche. Nelle varietà Buriate cisbaikaliche si distinguono: Nižneudinsk; Alar; Balagansk; Tunkinsk; Echirit-Bulgat; Kudinsk; Kapsal′sk; Unginsk; Idinsk.
Nelle varietà Buriate Transbaikaliche si distinguono: Kudarin; Selengin (con un dialetto meridionale); Tzongol; Barguzin; Hori (con una varietà Aga). Il Vladimircov considera come un gruppo a sé i dialetti Bargu-Buriati, parlati nella Mongolia settentrionale, ma questi possono venire anche coordinati al gruppo buriato.
Un'altra varietà del ramo orientale è il Dahur, parlato nella Manciuria settentrionale, che presenta notevolissimi caratteri di arcaicità.
Un altro gruppo di dialetti che fa parte del ramo orientale è quello dei dialetti mongolici meridionali (č, ǧ conservato sempre anche quando il Khalkha si muta in ts, dz) e sui quali, peraltro, siamo pochissimo informati, cosicché la suddivisione in: 1. dialetti di nord-est; 2. dialetti di sud-est; 3. Charčin; 4. Čakhar; 5. Ordos, non è che provvisoria.
Viene infine un gruppo assai importante, cioè quello Khalkha che, insieme col sottogruppo Chotogoit o Kotogoit, è parlato nella Mongolia Esterna (ora chiamata Repubblica sovietica mongola). Il gruppo Khalkha si divide in due parti: a) Khalkha propriamente detto, con parecchie suddivisioni (1. Khalkha di Urga con il Dariganga; 2. Khalkha orientale; 3. Khalkha settentrionale con le suddivisioni di Khalkha-Sartul e Khalkha-Kosogol); b) Kotogoit, con la varietà Kotogoit-Khalkha.
Nella Cina occidentale e nel Kan-su si parlano anche alcune piccole lingue mongoliche segnalate dal Ligeti: Sara, Jögur, Sančûan-tu-žen, Monguor; appartenevano al gruppo mongolico anche alcune lingue ora estinte come il Kitano, parlato tra il sec. V e il VII d. C. nella Cina settentrionale, lo Aža, che fu parlato nella regione di Kökö-nōr, il juan-juan, e, secondo il Pelliot, l'avaro (ma quest'ultima ipotesi è molto difficilmente accettabile), e l'unno d'Asia (hsiungu-nu).
Accanto ai diversi gruppi di dialetti mongolici abbiamo una lingua letteraria mongolica nella quale sono scritti i documenti letterarî (v. mongoli: Letteratura). La costituzione di questa lingua letteraria non è ancora completamente chiarita. Non sappiamo neppure a quale epoca e in quali condizioni essa sia sorta; il più antico periodo, secondo il Vladimircov, giunge fino al principio del secolo XIV ed è chiamato periodo antico. Il secondo periodo, o medio, va dal principio del sec. XIV alla seconda metà del sec. XVI. Il terzo periodo o di transizione, va dalla fine del sec. XVI al principio del XVIII; sul principio si usavano caratteri uigurici, poi caratteri mongolici. Dalla fine del sec. XVI e principio del XVII comincia la nuova lingua letteraria mongolica.
Secondo il Laufer (Skizze der mongolischen Litteratur, in Keleti Szemle, VIII, 1907, p. 165 segg.), durante il sec. XIII i Mongoli hanno conosciuto tre sistemi di scrittura: la scrittura uigurica, dal 1204 circa; la cosiddetta scrittura quadrata o ,P‛ags-pa dal 1269 e infine la scrittura mongolica vera e propria dal 1311 (v. tab.). È noto che la scrittura uigurica proviene dalla scrittura siriaca attraverso quella sogdiana. La cosiddetta scrittura ,P‛ags-pa fu opera del gran Lama di Sa-skya: ,P‛ags-pa (cioè onorevole) bLo-gros-rgyal-mts‛an (1234-1279), chiamato dall'imperatore Qubilai in Cina nel 1261 e che ebbe una parte importante nella conversione della corte imperiale alla forma tibetana del buddhismo. Per desiderio dell'imperatore, egli fece un nuovo alfabeto basato su quello tibetano, in cui le lettere correvano dall'alto in basso in colonne verticali che si leggevano da sinistra a destra. Con un editto del 1269 questo alfabeto fu introdotto invece dell'uigurico. Però la difficoltà di quest'alfabeto fece sì ch'esso non fu mai veramente popolare (per quanto usato nelle cancellerie fino alla fine della dinastia Yüan). Si ritornò quindi all'alfabeto uigurico, finché fra il 1307 e il 1311 C‛os-kyi Od-zer (in mongolico Nomun Gäräl, cioè Luce della religione) di Sa-skya non formò sulla base dell'alfabeto uigurico una nuova scrittura mongolica che è ancora quella comune. Anche questa si scrive dall'alto in basso in colonne ordinate da sinistra a destra.
Bibl.: Fra le grammatiche pratiche del mongolico, ricorderemo: A. Bobrovnikov, Grammatika mongol'sko-kalmyckago jazyka (Gramm. della lingua mongolo-calmucca), Kazan′ 1849; O. Kovalevskij, Kratkaja grammatika mong. kmižnago jazyka (Breve gramm. della lingua letteraria mongola) Kazan' 1835; L. Kotvič, Lekcii po gramm. mong. jazyka (Lezioni di gramm. della lingua mong.), Pietroburgo 1902; A. D. Rudnev, Lekcii po gramm. mong. pis′mennago jazyka (Lez. di gramm. della lingua mong. lett.), Pietroburgo 1905. In italiano abbiamo: C. Puini, Elementi della grammatica mongolica, Firenze 1878, che è un semplice riassunto della mediocre Grammatik der mongolischen Sprache di I. J. Schmidt, Pietroburgo 1831. Alcune grammatiche si basano sul dialetto Khalkha, così: Vitale De Sercey, Grammaire et vocabulaire de la langue mongole (Dialecte des Khalkhas), Pechino 1897; A. N. I. Whymant, A Mongolian Grammar, outlining the Khalkha Mongolian with notes on the Buriat, Kalmuck, and Ordoss Mongolian, Londra 1926. L'unico buon dizionario mongolico è ancora: J. E. Kowalewski, Dictionnairemongole-russe-français, in tre volumi, Kazan′ 1844-49, di cui si è fatta recentemente un'edizione anastatica. La migliore grammatica scientifica, purtroppo incompiuta, è B.J. Vladimircov, Sravnitelnaja grammatika mongol′skogo pis′mennogo jazyka i chalchaskogo narečija. Vvedenie i fonetika (Gramm. comparata della lingua mong. lett. e del dialetto Khalkha. Introd. e fonetica), Leningrado 1929 (v. l'ampia recensione di L. Ligeti, in Nyelvtudományi Közlemények, XLVIII, 1933, 320 segg.). Per tutto ciò che si riferisce ai dialetti Oirat e Calmucchi, v. la bibl. a calmucchi; per il dialetto Mogol nell'Afghānistān, v. G. J. Ramstedt, Mogholica, Beiträge zur Kentniss der Mogol Sprache in Afghanistan, nel Journal de la Société Finno-Ougrienne, XXIII (1905). Per i dialetti Buriati, v. M. A. Castrén, Versuch einer burjätischen Sprachlehre nebst kurzem Wörterverzeichniss, edito da A. Schiefner, Pietroburgo 1957; G. Bálint, Az éjszaki buriát-mongól nyelvjárás rövid ismertétése (Contributo alla conoscenza del dialetto settentrionale buriato-mongolico), in Nyelvtudomány Közlemények, XIII (1877), pp. 169-248; A. Orlov, Grammatika mongolo-buriatskago razgovornago jazykat (Gramm. della lingua parlata mongolo-buriata), Kazan' 1878, ecc., ma specialmente l'eccellente saggio di N. N. Poppe, Buriat-mongolskoe jazykoznanie (Linguistica bur.-mong.), Leningrado 1933. Per il dialetto Dahur, N.N. Poppe, Dagurskoe narečie (Dialetto dahur), Leningrado 1930 (e lunga analisi critica di L. Ligeti, in Nyelvtudományi Közlemények, XLVIII, p. 148 segg.). Per i dialetti mongolici meridionali v.: M. G. Soulié, Éléments de grammaire mongole. Dialecte Ordoss, Parigi 1903; pei dialetti Khalkha, oltre alla citata grammatica di Vitale e De Sercey e oltre a quella del Vladimircov, v.: G. J. Ramstedt, Über die Konjugation des Khalkha-Mongolischen, in Mem. Soc. Finno-Ougr., XIX (1902); Ramstedt, Das Schriftmongolische und die Urgamundart phonetisch verglichen, in Journ. de la Soc. Finno-Ougr., XXI (1902). Per i dialetti della Mongolia Interna cfr. A. D. Rudnev, Materialy po govoram Vost. Mongolii (Materiali sui dialetti della Mongoliaorientale), Pietroburgo 1911. Si vedano inoltre i lavori di W. Schott, Altaische Studien, Berlino 1860-1872; G.J. Ramstedt, Über mongolische Pronomina, in Journ. Soc. Finno-Ougr., XXIII (1904), ecc. Per la scrittura si confronti B. Laufer, Skizze der mongolischen Literatur, in Keleti Szemle, VIII (1907), p. 165 segg. e le indicazioni bibliografiche ivi contenute (meglio anzi nell'edizione russa messa al corrente per le nuove pubblicazioni: B. Laufer, Očerk mongol′skoj literatury. Perevod pod redakciei i s predisloviem B. J. Vladimircova, Leningrado 1927). V. anche B. J. Vladimircov, Obrazcy mongol'skoj narodnoj slovesnosti (Esempî di lett. popolare mong.), Leningrado 1926; L. Ligeti, Rapport préliminaire d'un voyage d'exploration fait en Mongolie Chinoise 1928-31, Budapest 1933.