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linguaggi di programmazione

di Walter Maraschini - Enciclopedia dei ragazzi (2006)
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linguaggi di programmazione

Walter Maraschini

Come avviene la comunicazione tra uomo e computer

Il computer è una macchina che esegue ordini; non prende iniziative. Per impartire ordini è tuttavia necessario comunicare; è cioè necessario che l’esecutore, il computer, ‘comprenda’ ciò che gli viene ordinato di fare. I linguaggi di programmazione sono ciò che permette tale comunicazione: hanno una forma comprensibile all’essere umano che programma, ma contemporaneamente sono facilmente traducibili dalla macchina stessa nel suo linguaggio interno, il linguaggio-macchina, che in realtà è soltanto una lunga sequenza di 0 e di 1

Linguaggi naturali

Quando si chiacchiera tra amici, si scrive un messaggio o si legge un libro, si utilizza il linguaggio appreso fin da piccoli. L’italiano, l’inglese e i tanti altri linguaggi parlati nel mondo si sono evoluti naturalmente nel corso della storia e sono pertanto detti linguaggi naturali. Sono linguaggi molto flessibili e potenti: con essi non solo si fanno affermazioni e si comunicano informazioni, ma si pongono domande, si esclama, si dichiarano intenzioni, si esprimono emozioni.

I linguaggi naturali hanno regole ortografiche e sintattiche, ma è possibile una grande varietà espressiva: spesso si può usare una parola al posto di un’altra (sinonimi) e anche cambiare l’ordine delle parole stesse. A volte il linguaggio naturale può essere ambiguo, soprattutto se in forma scritta, in quanto parlando è più facile eliminare le ambiguità attraverso l’intonazione e l’abbondanza dell’informazione.

linguaggi formali

A differenza dei linguaggi naturali i linguaggi formali sono costruiti artificialmente, hanno regole molto rigide e non possono dar luogo ad ambiguità. Per questo motivo sono utilizzati per comunicare istruzioni precise. Per esempio, un’espressione matematica quale (311)32 indica precisamente quale calcolo fare. È un modo sintetico per dire: «addiziona 3 a 1 e poi moltiplica il risultato per 2».

Anche per descrivere le mosse di una partita a scacchi si usa un linguaggio formale. Ogni casella è individuata da una lettera e da un numero, come nel gioco della battaglia navale. Per esempio, il re bianco, all’inizio del gioco, si trova nella casella e1.

Se il giocatore con i pezzi bianchi decide, come prima mossa, di far avanzare di due caselle il pedone bianco davanti al re, la mossa formalmente descritta con «e2-e4» indica che il pezzo collocato in e2 va spostato in e4.

I linguaggi di programmazione, nati nella metà del 20° secolo, quando furono costruiti i primi calcolatori elettronici, sono linguaggi formali.

Il linguaggio macchina

Il computer è una macchina elettronica, un insieme complicato di circuiti elettrici che, come un interruttore, possono trovarsi soltanto in due stati: chiuso o aperto. Per indicare questi due stati si utilizzano i simboli 0 e 1. Perciò, ogni dato immesso in un computer è elaborato al suo interno attraverso questa forma: ogni istruzione eseguita è, all’interno della macchina, una lunga sequenza di 0 e 1. Il linguaggio con cui opera il computer, il linguaggio macchina, usa due soli simboli ed è pertanto anche detto binario.

Scrivere un programma in linguaggio macchina richiede tempo ed è facile commettere errori: una macchina non è in grado di capire se è stato scritto uno 0 al posto di un 1 per una svista del programmatore. Dalla metà del 20° secolo si cominciano così a costruire linguaggi intermedi, più facili da leggere e scrivere per l’operatore umano e che – attraverso un linguaggio interprete – sono automaticamente tradotti in linguaggio macchina.

Così il programmatore può scrivere una istruzione del tipo: «Fa’ l’operazione 312 e scrivi il risultato». Essa viene automaticamente tradotta in una sequenza di 0 e 1 che fa avviare il processo di calcolo da parte della macchina. Il linguaggio di programmazione è così il mezzo che permette di comunicare al computer i dati e la sequenza di istruzioni da eseguire per fare un calcolo, risolvere un problema, memorizzare e rappresentare una foto.

Molti linguaggi, ma tutti equivalenti

Come esistono numerosi linguaggi naturali, così esistono decine e decine di linguaggi di programmazione che rispondono a obiettivi diversi (di tipo commerciale o statistico, per i calcoli matematici, per operazioni logiche, perché più adatti alla grafica, o altro ancora).

Tutti i linguaggi di programmazione sono però tra loro equivalenti, nel senso che qualunque programma scritto in un linguaggio può essere in via di principio tradotto in un altro linguaggio. Tutti i linguaggi di programmazione devono permettere che il computer ‘legga’ i dati che si vogliono trattare (che possono essere numeri, testi, ma anche oggetti di altro tipo, purché traducibili in simboli) e contengono alcune istruzioni fondamentali, quali istruzioni:

di avvio e di fine lavoro (espresse in inglese, sono per esempio begin («inizia») ed end («finisci»);

di lettura da qualche dispositivo esterno (tastiera, mouse, scanner);

di scrittura su qualche dispositivo esterno (stampante, monitor);

di assegnazione di valore a una variabile (se si introduce un valore in un computer esso deve essere ‘depositato’ in qualche cella di memoria).

Un esempio di programma

In ogni linguaggio un programma è una sequenza di istruzioni, simile – ma più rigido – a come è una ricetta in un libro di cucina. Ci sono poi due importanti strutture di controllo che permettono al computer di seguire l’una o l’altra di due strade possibili: la prima è la selezione, che si esprime con «se… allora …» (nei linguaggi di programmazione è in inglese: «if… then…»). Il computer esegue le istruzioni dopo la parola «allora» solo nel caso in cui la condizione che è scritta dopo la parola «se» è vera. La seconda struttura di controllo è il ciclo, che si esprime con «ripeti… finché…» (nei linguaggi di programmazione è in inglese: «repeat… until…»). Il computer esegue più volte le istruzioni dopo la parola «ripeti» fino a che diventa vera la condizione scritta dopo la parola «finché».

Il computer è una macchina ripetitiva, che supplisce con la velocità alle sue limitate abilità di calcolo. Di fatto, per eseguire la moltiplicazione di un numero positivo a per 3 egli lo deve addizionare a sé stesso 3 volte (a335 a1a1a).

Ciò si può realizzare con un programma, che avrebbe questa struttura:

inizia

leggi un numero da tastiera

assegnalo alla casella a

se a è maggiore di 0 allora

ripeti addiziona a al numero precedente

finché hai compiuto questa operazione 3 volte

scrivi sul monitor il numero contenuto in a

finisci

Le ambiguità dei linguaggi naturali

Leggiamo questo titolo comparso su un quotidiano: «Operaio accetta la moglie». Se il fatto descritto nell’articolo riguardasse l’accettazione della moglie da parte dell’operaio, probabilmente non sarebbe comparso sul giornale. In effetti, l’articolo chiariva l’ambiguo titolo: un operaio aveva ucciso la moglie a colpi di accétta. Anche la seguente frase è ambigua: «La madre addormentata la figlia esce». Ponendo le virgole in due modi diversi, essa assume significati opposti: «La madre addormentata, la figlia esce». «La madre, addormentata la figlia, esce».

I linguaggi di programmazione più utilizzati

FORTRAN (Formula translator): è uno dei primi linguaggi, utilizzato per calcoli matematici e scientifici.

COBOL (Common business oriented language): viene utilizzato soprattutto nelle amministrazioni delle aziende.

BASIC (Beginner's all purpose symbolic instruction code): è orientato a qualunque scopo, diffuso in diverse versioni (dialetti) e ancora oggi largamente usato per la sua relativa semplicità.

Pascal: è stato elaborato nel 1970 dall’ingegnere elettronico Niklaus Wirth con l’obiettivo di costruire un linguaggio che permetta di programmare in modo più logico.

C: risale agli anni Ottanta del 20° secolo, ed è molto usato ancora oggi, con varianti e modifiche, perché permette di operare in modo simile con oggetti di tipo diverso.

Java: è un linguaggio, derivato dal C, utilizzato per costruire siti web, e ha la caratteristica di essere indipendente dalla particolare macchina in cui viene usato.

Vedi anche
Java Linguaggio di programmazione interpretato e orientato agli oggetti, sviluppato dalla Sun Microsystems nei primi anni 1990. Il codice sorgente di un programma scritto in Java non viene compilato in linguaggio macchina (dipendente dalla piattaforma) ma in un linguaggio intermedio, il byte code Java, (indipendente ... BASIC Sigla di Beginner’s all purpose symbolic Instruction code, linguaggio di programmazione ad alto livello, ideato nel 1963 da John Kemeny e Thomas Kurtz al Darthmouth College. Pensato per i principianti, era votato più alla semplicità che alla potenza espressiva. Nel corso degli anni, ai concetti originari ... FORTRAN Sigla di for(mula) tran(slator), linguaggio di programmazione simbolico, procedurale e imperativo, indipendente dal calcolatore utilizzato. Realizzato tra il 1954 e il 1957 da un gruppo di esperti operanti presso la IBM guidato da J.W. Backus, nel corso degli anni ne sono state rilasciate diverse versioni, ... programma Enunciazione particolareggiata, verbale o scritta, di ciò che si vuole fare, di una linea di condotta da seguire, degli obiettivi a cui si mira e dei mezzi con cui si intende raggiungerli. economia Nella costituzione di una società per azioni, illustrazione dello scopo sociale, del capitale occorrente ...
Indice
  • 1 Linguaggi naturali
  • 2 linguaggi formali
  • 3 Il linguaggio macchina
  • 4 Molti linguaggi, ma tutti equivalenti
  • 5 Un esempio di programma
  • 6 Le ambiguità dei linguaggi naturali
  • 7 I linguaggi di programmazione più utilizzati
Categorie
  • PROGRAMMAZIONE E PROGRAMMI in Informatica
Tag
  • CALCOLATORI ELETTRONICI
  • LINGUAGGIO MACCHINA
  • LINGUAGGI FORMALI
  • MATEMATICA
  • FORTRAN
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Vocabolario
linguàggio
linguaggio linguàggio s. m. [der. di lingua]. – 1. Nell’uso ant. o letter., e talora anche nell’uso com. odierno, lo stesso che lingua, come strumento di comunicazione usato dai membri di una stessa comunità: parlare con proprietà di l.;...
programmazióne
programmazione programmazióne s. f. [der. di programmare]. – 1. a. L’operazione, l’attività, il risultato del programmare: la p. dello studio, della ricerca (o di una ricerca), del lavoro, della produzione; la p. delle vacanze, del tempo...
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