MALNATI, Linda
Nacque a Milano il 19 ag. 1855 da Giacomo e Carolina Pedrioli. La sua formazione avvenne a contatto con i circoli democratici del capoluogo lombardo, dove apprese a coltivare ideali di giustizia sociale ed emancipazione femminile. Riferimenti importanti furono per lei Laura Solero Mantegazza, patriota assistenzialista, Alessandrina Massini Ravizza, esponente della filantropia politica e Anna Maria Mozzoni, pioniera delle battaglie paritarie.
La M. pubblicò il suo primo articolo (Alle donne e specialmente alle donne italiane) nella rivista repubblicana Libertà e associazione. Nel 1875 fu assunta dal Comune di Milano come maestra del corso inferiore per poi passare a quello superiore nel 1888. Nubile come molte colleghe milanesi (il 67% nel 1900), l'insegnamento fu per lei una passione e una missione. Secondo la M. istruire ed educare i giovani, soprattutto le ragazze, era un compito sociale prioritario, perché educazione ed emancipazione, strettamente connesse, erano a fondamento della "rigenerazione" della società, leva di ogni cambiamento democratico.
Non meno appassionato fu l'impegno per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle maestre, sottoposte a pesanti discriminazioni e per promuovere l'incremento dell'istruzione obbligatoria. Una battaglia condotta con particolare determinazione fu poi quella per la parità retributiva fra i sessi, che sostenne con una vasta opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, attraverso conferenze, saggi e articoli pubblicati in vari periodici (La Scuola popolare, Il Corriere delle maestre, La Coltura popolare, Vita femminile, L'Italia femminile, L'Alleanza, Avanti!).
Altro potente strumento di consapevolezza e cambiamento sociale era l'associazione. Con l'intento di spronare le lavoratrici a organizzarsi, infatti, la M. promosse tra il 1890 e il 1891, insieme con le socialiste Anna Kuliscioff e Carlotta Clerici, compagna di vita e di lotta, la creazione di una sezione femminile presso la Camera del lavoro di Milano. Tre anni dopo, nel 1893, fu tra le fondatrici della sezione maestri e maestre, un vero successo, considerate le divisioni interne e la scarsa politicizzazione della "classe" magistrale. In quello stesso anno contribuì alla rinascita, su basi nuove, interclassiste e meno intransigenti, della Lega per la tutela degli interessi femminili (fondata nel 1881 dalla Mozzoni) della quale nel 1896 assunse la presidenza; come delegata della Lega entrò a far parte del consiglio d'amministrazione delle Opere pie.
Durante la seconda metà degli anni Novanta l'attività della M. fu instancabile. Nel 1894 entrò nel consiglio direttivo della Società umanitaria, mentre dall'interno delle associazioni magistrali e della Lega intensificava la battaglia per una riforma democratica della scuola e dell'insegnamento elementare. Alternò l'attività politica con quella di autrice di testi scolastici, pubblicista e conferenziera, organizzando comizi di propaganda non soltanto a Milano, ma anche nelle campagne lombarde. Furono anni di proselitismo femminista e socialista tra le artigiane e le operaie, delle quali appoggiò le lotte.
Alle battaglie delle lavoratrici, in particolare agli scioperi del 1897, la M. diede risalto anche dalle pagine di Vita femminile, organo della federazione delle Leghe femminili, del quale era in quel periodo direttrice. Scese in piazza accanto alle operaie durante i moti del maggio '98 e fu protagonista nella mobilitazione contro la repressione di F. Bava Beccaris. Deferita al consiglio provinciale con l'accusa di avere svolto opera di propaganda politica tra gli allievi, fu sospesa dall'insegnamento per tre mesi. Reagì al provvedimento rivendicando il diritto alla libertà di pensiero e di azione per sé e per ogni cittadino.
Sulle pagine di Vita femminile la M. affrontò ripetutamente anche il delicato tema del rapporto tra socialismo e femminismo, affermando la necessità per le donne di affiancare alla lotta di classe quella di sesso, per gli specifici interessi delle donne. Era una tesi in evidente contrasto con la linea del partito socialista, che aveva come obiettivo prioritario la vittoria della classe operaia e tuttavia la M. ebbe fiducia che i differenti punti di vista potessero coesistere e interagire, nel tentativo di realizzare una sorta di doppia militanza. Nel partito dei lavoratori, infatti, la M. aveva individuato fin dalle origini l'interlocutore più credibile delle masse femminili, l'unico garante dei loro interessi, il solo che promettesse l'emancipazione.
Convinta che non si potesse esigere dalla classe operaia maturità politica e consapevolezza sociale senza un'opera preliminare di istruzione e di elevazione morale e culturale, la M. appoggiò con entusiasmo il progetto dell'Università popolare milanese, che fu aperta nel 1901. Accettò poi l'invito della Ravizza e di B. Venegoni a prestare la sua opera di maestra presso la scuola-laboratorio per adulti e bambini luetici (Alcune pagine del Diario, in A. Ravizza - B. Venegoni, Relazione della scuola laboratorio annessa al riparto sifiliatrico di via Lanzone [1906], Milano 1907, p. 15).
Nel 1903, insieme con la Clerici, organizzò a Como il I congresso delle maestre elementari dal quale scaturirono importanti indicazioni di lotta per la categoria. Nello stesso anno, con l'intento di accrescere il peso politico delle socie dell'Associazione magistrale milanese (AMM), che pur costituendo la maggioranza (circa l'80%) avevano una scarsa influenza sulle decisioni, la M. fondò il Comitato per il risveglio dell'attività femminile. L'iniziativa suscitò l'ostilità di un folto gruppo di maestri che ritenendo minacciata la propria egemonia si staccarono dall'associazione e istituirono la Società maschile magistrale. Successivamente, nel 1909, la scissione dell'AMM fu inevitabile, portando alla nascita dell'Associazione magistrale femminile. In quella circostanza la M., pur ritenendo legittime le rivendicazioni delle maestre, si espresse contro la scissione, una posizione che favorì il suo ingresso nel direttivo dell'Unione magistrale nazionale.
La questione del suffragio femminile fu quella che più di ogni altra mise alla prova la sua fedeltà al partito socialista e all'unità delle forze democratiche. Il contrasto tra il punto di vista della maggioranza dei dirigenti socialisti e quello della M. era netto: gli uni negavano la rilevanza politica e l'opportunità del suffragio femminile, l'altra ne faceva il caposaldo dell'emancipazione e di ogni altra conquista femminile, il banco di prova del progresso civile del Paese. All'indomani della proposta Mirabelli alla Camera (1904) che lasciava sperare nell'estensione del voto alle donne, la M. fu una fra le prime a mobilitarsi per la costituzione di comitati pro suffragio e la formazione di un comitato nazionale di coordinamento. Nonostante la delusione per l'indifferenza del suo partito nei confronti del dibattito sul voto, a differenza di altre compagne, scelse di rimanere al suo posto accettando l'incarico di organizzare, insieme con M. Cabrini e M. Goja, il coordinamento della propaganda socialista tra le donne. Contemporaneamente mantenne aperto il dialogo con le altre componenti del femminismo milanese, sia con le "borghesi", sia con le cattoliche, senza mai rinunciare a sostenere le proprie idee. Non esitò, durante il convegno milanese organizzato nell'aprile 1907 da esponenti dell'area cattolica, a perorare la causa del suffragio femminile e l'adesione alla Camera del lavoro, né a difendere, durante il I congresso nazionale delle donne italiane (1908), la laicità dell'istruzione. L'approvazione della sua proposta di sostituire l'insegnamento religioso nella scuola elementare con uno studio comparato delle religioni ebbe esiti dirompenti: le cattoliche abbandonarono il congresso e uscirono in massa dal Comitato nazionale delle donne italiane che lo aveva organizzato, innescando una frattura nel movimento emancipazionista e femminista che non si sarebbe più ricomposta.
Negli anni successivi, quando il partito socialista si mostrò più attento alla questione femminile e meno avverso al suffragio, la M. sembrò smussare la radicalità delle sue posizioni, al punto da dichiararsi "socialista non femminista" (Avanti!, 19 ott. 1911). Fu però un accordo di breve durata, che rischiò di fallire nel 1913, quando la M. sottoscrisse insieme con la Clerici un documento della Società pro suffragio che dichiarava la conquista del voto il fine e non il mezzo dell'azione politica femminile. Minacciata di espulsione se non avesse rotto il rapporto con l'associazione, accettò l'ultimatum, seppure a malincuore.
L'ampliarsi durante il 1914 del fronte interventista nel partito fu da lei seguito con viva preoccupazione, tanto più che il filobellicismo contagiava anche alcune compagne. Ancora una volta, a differenza di amiche socialiste, quali Emilia Mariani ed E. Zanetta, si rifiutò di uscire dal partito, nell'ostinata convinzione di poter allargare il consenso alle proprie idee affrontando il dissenso a viso aperto. Dopo aver collaborato nel 1914, insieme con C. Clerici, al Comitato pro umanità, che si proponeva la formazione di una lega italiana per la neutralità, durante la guerra svolse un'intensa opera di assistenza civile in qualità di vicepresidente dell'Ufficio II, istituito dalla giunta Caldara per soccorrere le famiglie dei richiamati e dei profughi.
Dopo la morte della Ravizza, nel gennaio 1915, collaborò a mantenere aperta la casa di lavoro della Società umanitaria e dal 1914 al 1920 fu amministratrice dell'orfanotrofio femminile Le Stelline, del quale era già stata consigliera, coronando una vita di dedizione all'infanzia e all'adolescenza abbandonata e delinquente. Nel 1917 si impegnò con rinnovato vigore nel movimento per la pace, intensificando i rapporti con l'emancipazionismo internazionale.
La M. morì a Blevio, sulla sponda orientale del lago di Como, il 22 ott. 1921.
Una delle sue ultime preoccupazioni, a pochi mesi dalla morte, fu quella di ricordare alle donne il valore emancipatorio del socialismo: "noi donne - scrisse - eravamo in ginocchio, il socialismo ci ha rialzate e ci ha assegnato un posto nella vita civile" (La vibrante affermazione di fede delle donne proletarie milanesi, in La Difesa delle lavoratrici, 7 maggio 1921).
Fra gli scritti della M.: Cento letterine ad uso delle classi elementari, Milano 1886; Commemorazione a Ester Bezzola Boni nella prima seduta annuale dell'Associazione magistrale milanese il 7 febbr. 1889, ibid. 1889; Lezioni e racconti: libro di lettura per la classe terza elementare, ibid. 1889; Le donne gentili del Foscolo, ibid. 1890; Ricordi conforti previsioni, ibid. 1899; La refezione scolastica, ibid. 1901; Per l'Università popolare. Agli operai iscritti alla Camera del lavoro, ibid. 1901; Senza la mamma, ibid., 1902. Inaugurazione dell'anno scolastico a Reggio Emilia, Reggio Emilia 1902; Scritti vari, a cura di A. Moro, Milano 1922.
Fonti e Bibl.: Allo stato attuale delle ricerche risulta che le carte della M. non siano state conservate. Alcuni documenti relativi alla sua attività nel Comitato di assistenza per la guerra si conservano presso l'Archivio di Stato di Milano. Alcune lettere, da lei scritte a E. Majno sono conservate nell'Archivio della famiglia Majno, presso l'Unione femminile nazionale di Milano. Altre lettere, da lei indirizzate a Sibilla Aleramo (Rina Faccio), si conservano nel Fondo Aleramo presso la Fondazione Istituto Gramsci in Roma.
Manca una biografia complessiva della M., figura ricca di sfaccettature, esemplare del nuovo modello di militante impegnata nel difficile connubio tra femminismo e socialismo. Su di lei si vedano: E. Zanetta, L. M., in Avanguardia magistrale, 16 sett. 1921; Id., L. M. maestra, in La Difesa delle lavoratrici, X (1922), 10; A. Franchi, Fatti e figure del movimento sociale. L. M., in Nord Sud, 31 luglio 1946, p. 25; Id., Cose di ieri dette alle donne di oggi, Milano 1946, pp. 89, 101, 120, 122 s., 158 s.; F. Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia 1848-1892, Torino 1963, pp. 96, 109, 212, 268; M. Rosada, Le Università popolari in Italia, Milano 1975, pp. 31, 58 n., 60 s., 63, 103-107; E. Santarelli, Schede bio-bibliografiche, in La questione femminile in Italia. Appendice, Milano 1976, pp. 250 s.; A. Buttafuoco, Le Mariuccine. Storia di un'istituzione laica. L'asilo Mariuccia, Milano 1985, pp. 31, 39, 74, 91, 134, 136 s., 149 s., 380; E. Scaramuzza, Una filantropa di professione: A. Ravizza. La collaborazione con la Società umanitaria, in Storia in Lombardia, 1986, n. 3, pp. 59, 62; M. Punzo, La giunta Caldara. L'amministrazione comunale di Milano negli anni 1914-1920, Milano 1986, ad ind.; A. Buttafuoco, Cronache femminili. Temi e modelli della stampa emancipazionista in Italia dall'Unità al fascismo, Siena-Arezzo 1988, pp. 13, 25, 56, 64, 85, 103, 108 149, 184, 189, 214, 239; L'educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell'Italia dell'Ottocento, a cura di S. Soldani, Milano 1989, pp. 346 s., 350, 355, 367; E. Scaramuzza, La maestra italiana fra Otto e Novecento. Una figura esemplare di educatrice socialista: L. M., in Cultura, istruzione e socialismo nell'età giolittiana, a cura di L. Rossi, Milano 1991, pp. 99-119; Donna lombarda (1860-1945), a cura di A. Gigli Marchetti, Milano 1992, pp. 213 s., 221; E. Baio Dossi, Le Stelline. Storia dell'orfanotrofio femminile di Milano, Milano 1994, pp. 46, 78 e n., 79 e n., 86, 99 n., 101 e n., 115 s.; F. Taricone, L'associazionismo femminile in Italia dall'Unità al fascismo, Milano 1996, pp. 10, 49, 52-54, 65, 101; P. Gaiotti De Biase, Le origini del movimento cattolico femminile, Brescia 2002, pp. 83 s.; 134, 149-152; A. Lettieri, L. M.: la vita di un'educatrice socialista tra emancipazionismo e assistenza all'infanzia, tesi di laurea, Università degli studi di Milano, facoltà di lettere e filosofia, a.a. 2003-04; E. Scaramuzza, La santa e la spudorata. A. Ravizza e S. Aleramo. Amicizia, politica e scrittura, Napoli 2004, ad ind.; F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Diz. biografico, 1853-1943, Milano 1977, s.v.; F. Taricone, M. L., in Diz. biogr. delle donne lombarde (568-1968), a cura di R. Farina, Milano 1995, pp. 676 s.