Vedi LIMYRA dell'anno: 1961 - 1995
LIMYRA (v. vol. IV, p. 637)
Il nome Zēmuri, documentato in età classica, fa supporre che L. possa essere identificata, per quanto riguarda l'Età del Bronzo, con Zumarri, città che secondo i testi ittiti si trovava nel territorio dei Lukka.
In seguito a un abbassamento della costa, gli strati più antichi si trovano oggi sotto il livello della falda acquifera. Sondaggi e ritrovamenti di ceramica nel palazzo situato nella parte O della città testimoniano una colonizzazione sin dal periodo arcaico. Non si può determinare se il dinasta Kuprylli di Xanthos venne in possesso di L. nel V sec. a.C. con una vittoria o con un matrimonio; egli potrebbe aver coniato monete a L. anche come dignitario di un'alleanza finora non comprovata da altre fonti.
Nel IV sec. a.C. Zēmuri-L. divenne la residenza del re licio Pericle. La conquista dei territorî occidentali è testimoniata dalla battaglia contro Arttumparā e dall'occupazione di Telmessos (FGrHist, 115 F 103), dalla formula «sotto il regno di Pericle» sulla tomba rupestre di Xluwānimi a Teimiousa (TL, 67), nonché dalla coniazione di monete di Pericle a Wehñti (Phellos). La conquista dei territori settentrionali è confermata da una tomba rupestre ad Arneai (TL, 83), mentre l'annessione della Milyas è attestata dalla formula di datazione, rinvenuta sulla tomba rupestre di Masauwâti a Kizilca (TL, Ν 314). L'espansione verso E, nella Peraia rodia, sembra essere provata non solo dalle tombe rupestri e dalle iscrizioni licie di Rhodiapolis (TL, 149, 150), ma anche dall'assedio di Phaselis (Polyaen., Strat., V, 42). Le iscrizioni di tre tombe rupestri nelle necropoli II (TL, 103-104) e V (TL, 132, 133) di L. riportano il nome del re Pericle. Monete col ritratto del sovrano testimoniano che questi fece venire alla sua corte i migliori incisori di monete della Grecia. Iscrizioni inedite ricordano il dono di un altare per lo Zeus di L. e l'emanazione di leggi effettuati da Pericle.
Si può per ora dire ben poco della città. I quartieri settentrionali erano costituiti da case costruite su varie terrazze sui pendii della collina. Nel presunto sistema ippodameo un’insula era costituita da due complessi di 400 m2 ciascuno; un vano rialzato dedicato al culto era, a quanto pare, parte integrante di tutti i complessi di abita zioni licie.
La chòra appartenente a L., con la città portuale di Phoinikous, i villaggi, paesi e poderi fortificati, si estende su c.a 140 km2. I pendii del monte Beymelek Dag a O e a Ν quelli del Toçak Dag potevano essere coltivati fino a un'altezza di c.a 500 m, per un totale di c.a 69 km2 di superficie. L'area coltivabile dalla costa di Finike fino all'Alakir Çay non doveva essere stata più grande di 34 km2 circa.
La chòra venne difesa da un sistema ramificato di fortificazioni di frontiera, controllabile da una cittadella posta sopra l'insediamento, a un'altezza di 315 m. Quest'ultima disponeva di un , bastione meridionale e di uno settentrionale, al quale venne aggiunto per rafforzarlo, in una seconda fase di costruzione, un muro inclinato. Oltre a due cisterne sono da segnalare notevoli altari a gradoni ricavati nella roccia. Il tèmenos inserito al margine del livello delle fortificazioni inferiori era destinato alla costruzione di un edificio sepolcrale, concepito in modo tale da essere visto da lontano, e riassume sia elementi del monumento delle Nereidi di Xanthos, sia della loggia delle Cariatidi dell'Eretteo dell'Acropoli di Atene. La ricca decorazione architettonica del tempio anfiprostilo sopra l’hyposòrion, con le sue cariatidi, i due fregi della cella e le figure acroteriali con i miti di Perseo e Bellerofonte, indica per questo edificio, interpretabile come heròon del re licio Pericle, una datazione alla prima metà del IV sec. a.C.
Le tombe rupestri e il mausoleo, ricavato da un blocco roccioso, della necropoli I, in alto sopra la valle dell'Aricando, sono fra i più belli della Licia. Un fortino di sbarramento sorveglia qui l'accesso alla pianura di Limyra. Rovine sul versante meridionale testimoniano la presenza di un insediamento.
La necropoli II, a O della città, inizia con la tomba di Sidarios, con iscrizione bilingue (TL, 117), nota come «sarcofago Cockerell», dal nome del suo scopritore. Dell'edificio funerario rimane l'acroterio centrale con orna mento vegetale. Notevole è la tomba di Tebursseli (n. 140; TL, 103): sopra il tetto piano sorretto da travi rotonde, è scolpito nella roccia un rilievo raffigurante il proprietario della tomba, che combatte spalla a spalla con il suo re Pericle e un altro compagno d'armi di nome Lysandros contro sette nemici. L'iscrizione licia (TL, 104) sembra indicare non solo il suo rango di cancelliere del tesoro, ma nomina anche il nemico, Arttumparā: questo rilievo ha quindi un chiaro carattere storico.
A destra della modesta tomba rupestre licia n. 19, che fu costruita da un fratello di latte di Trbbenimi, dinasta che, insieme a Pericle, ebbe il diritto di battere moneta a Zëmuri, incontriamo la sorprendente raffigurazione a grandezza naturale di un duello tra cavalieri, contrassegnati da fasce intorno alla corazza, che li identificano come gregarî. L'artista ha cercato di realizzare su un basamento questo gruppo statuario, che ha come modello iconografico i duellanti dello scudo dell'Atena Parthènos di Fidia. Più in basso è situata la tomba n. 120 (iscrizione TL, 134), eretta da Masasi, il cui figlio Xuñnijéi costruì l'alta tomba a hyposòrion n. 3, 120 m sopra la necropoli II.
Anche la necropoli III, davanti alla porta E, presenta importanti monumenti sepolcrali. Famosa è la tomba a due piani di Xñtabura, il quale viene menzionato anche nell'iscrizione di Tebursseli. La parte inferiore è decorata con una corsa di carri, con un banchetto funebre, in parte abraso, e una scena di sacrificio. Sul lato O il defunto affronta nudo, secondo la credenza orfico-pitagorica, il giudice dei morti in trono. Il corredo comprendeva statuine di terracotta e un tavolino di piombo in miniatura con un barbo e due aragoste su un piatto con testa di cinghiale e verdura; di una simile rappresentazione si conoscono solo due altri esempî. Sugli angoli del tetto vi erano figure fantastiche alate e statuette di marmo. Grifi alati ornavano il timpano del sarcofago sopra l'edificio sepolcrale.
Un importante complesso sepolcrale a due piani, ricco di sculture, era situato a S della strada. Non è escluso che fosse simile a quello di Xñtabura. Il monumento è detto di Caineo, dalla rappresentazione, sul culmine, della Centauromachia con il mito di Caineo; anche qui vi erano statuine di marmo sul coronamento del pianterreno. Frammenti di un rilievo raffigurante una quadriga, un guerriero e un castello, rinvenuti nelle mura bizantine meridionali del settore orientale della città, potrebbero appartenere a questa tomba. Qui, vicino alla porta orientale, è seppellito anche un altro figlio di Masasi (tomba 24, TL, 99), Purihimeti, che dovette rivestire un ruolo importante, dato che, in fondo alla necropoli III, gli venne eretta una stele onoraria. Purtroppo l'iscrizione greca è stata completamente distrutta.
La necropoli IV è costituita da un insieme di tombe rupestri situate sopra una zona di sorgenti c.a 1 km a E di Limyra. La tomba più appariscente, la n. 7, presenta colonne ioniche, e la sua iscrizione funeraria (TL, 128) ricorda che fu l'ultima dimora di Krustti, anch'esso fratello di latte di Trbbēnimi. Il suo titolo, esbehi, maestro dei cavalli, fa pensare che egli abbia rivestito la carica di stalliere di corte. Forse questa necropoli è da collegare con un piccolo villaggio della pianura, sede dell'amministrazione della scuderia reale.
L'estesa necropoli V è legata a un villaggio che, grazie alla suddetta dedica a Purihimeti, figlio di Masasi, possiamo identificare come Perni. Questo villaggio era situato a S, in pianura, probabilmente vicino all'Alakir Çay, l'antica Limyros. Fra le sepolture più interessanti vi è la tomba doppia n. 48/49 con un'iscrizione bilingue in greco e aramaico (TL, 152); nell'archivio della cancelleria reale di Zēmuri, le lettere del Gran Re erano redatte nella lingua ufficiale del regno, l'aramaico. In questa necropoli si trova anche la tomba rupestre n. 68 (TL, 133) di un altro importante personaggio della corte reale, Kñtlapa, il Supremo Profeta o aruspice del re Pericle, che anche risiedeva a Perni.
Una tomba rupestre con raffigurazioni di un rapimento e di ima battaglia non è visibile in quanto situate sotto il livello stradale. La tomba n. 19 è di un ufficiale fedele al re; la sepoltura è ornata con cariatidi incompiute, che reggono la travatura. Nel grande sondaggio attraverso la necropoli sorprende la tomba a tumulo n. 112, con sarcofago.
Dopo la sommossa dei satrapi termina l'età d'oro della città di Zēmuri e delle sue estese necropoli, dove sono situate la maggior parte delle tombe rupestri della Licia (c.a 400) e il più alto numero di complessi tombali con rilievi e di iscrizioni (TL, 98-148, Ν 316, Ν 317). Delle sorti del re di Licia e di Trbbënimi, il quale egualmente batté moneta a Zëmuri, non si sa nulla. La coalizione ribelle, alla quale avevano preso parte anche i Licî, fu consegnata proditoriamente ad Artaserse II, re di Persia, e il re Pericle perse il potere. La Licia passò sotto il potere degli Ecatomnidi. Sotto il regno cario Xanthos ebbe un governatore civile, e uno dei due arconti potrebbe aver risieduto a Limyra. Sotto la cittadella venne eretta una tomba a tumulo per il comandante cario, con un altare caratterizzato dall'emblema degli Ecatomnidi, una bipenne. Anche i tumuli della necropoli V e di Delice-Dere possono essere interpretati come testimonianze del dominio cario fino alla conquista di Alessandro.
Il governo dei Tolemei ebbe un effetto positivo sulla città. Dal 309 a.C. in poi la Licia fece parte dei possedimenti asiatici di Tolemeo I. Un'iscrizione reale dell'anno 288/7 a.C. onora Amyntas e Sosigenes, oikònomoi di Kaunos. Come ringraziamento della città per aver respinto con successo un'invasione celtica, fu costruito al centro di L. nel III sec. a.C. un edificio dedicato al culto della famiglia reale dei Tolemei, il Ptolemàion. Il naòs era costituito da un massiccio podio quadrato, ornato sul lato Ν da un fregio a metope e triglifi, raffigurante una Centauromachia.
La parte superiore dell'edificio era concepita come thòlos con colonnato, mentre nella cella erano racchiuse le statue marmoree dei regnanti divinizzati; leoni giacenti sugli angoli del podio sorvegliano il tempio rotondo. Il tetto conico, squamato, finisce in un acroterio barocco con foglie di acanto, nelle quali si arrampicano serpenti.
Nel tèmenos era situato un colossale anàthema marmoreo, raffigurante uno stratega armato vicino a un cavallo sellato. Le sculture architettoniche testimoniano una scuola, finora sconosciuta, del primo ellenismo, che lavorava nello stile del barocco asianico.
Un altro edificio rotondo, situato nella parte orientale della città, e un'iscrizione su un altare dell'acropoli, che accenna a un Serapèion, testimoniano il periodo aureo ellenistico della città.
Le monete coniate durante l'indipendenza della Licia, sotto il protettorato romano, mostrano il profilo di Apollo. Alla fine dell'epoca dello stato federale licio, L. accolse, con il benestare del senato romano e dell'imperatore Augusto da un lato, e di quello del senato locale e del lichiarca dall'altro, un edificio sfarzoso, un cenotafio per il figlio adottivo e successore designato di Augusto, Gaio Cesare, morto nel 4 d.C. in questa città. Sopra un podio quadrato di massi di calcare, intorno a un nucleo di opus caementicium e blocchi di calcare, venne innalzato un edificio turriforme tripartito, rivestito di marmo. La zona del fregio venne decorata con immagini a grandezza naturale delle res gestae del defunto. Ottantatré frammenti permettono di ipotizzare i temi: profectio Gaii Caesaris, rex datus, pactio cum barbaris, pietas erga deos. La trabeazione, sopra un'architettura fittizia, presentava forse anche l'iscrizione; la copertura era probabilmente piramidale. Il cenotafio era situato in un ipotizzabile tèmenos che, come sembrano indicare frammenti di iscrizioni, venne poi forse ampliato sino a diventare luogo di culto dell'imperatore.
La fioritura della città nel periodo imperiale romano (in cui essa ottenne il titolo onorario di Metrópolis) è confermata da una serie di edifici. Il teatro, costruito sul pendio di un colle, aveva l'aspetto e le misure di quello di Aspendos: la sua ultima fase è databile, in base all'esame della decorazione architettonica, alla fine del II sec. d.C. Anche in questo caso i lavori di ristrutturazione seguiti al terremoto del 141 d.C. furono finanziati da Opramoas. Nel settore orientale della città si trovano le rovine di un complesso termale non ancora indagato. Il c.d. Palazzo del Vescovo potrebbe essere stato un secondo complesso termale tardoantico. Una strada larga 8,20 m, affiancata da colonne, sembra aver collegato il Ptolemàion con il quartiere portuale della parte orientale della città.
A NE e SE due ponti attraversano il fiume Limyros. Uno dei due è un capolavoro di ingegneria: lungo 360 m e largo da 3,55 a 3,70 m, ha ventotto arcate la cui altezza originaria di c.a 8 m, risale probabilmente all'età tardoantica. Le monete dell'epoca di Gordiano III mostrano l'imperatore con la corona di alloro e l'imperatrice con falce lunare alle spalle, nonché Zeus, Tyche, Nike, un toro con la gobba e un cane che bevono alla fonte dell'oracolo, e la divinità fluviale Limyros.
Importanti necropoli erano probabilmente situate a O, a E e a S della città. Si sono conservati frammenti di sarcofagi di marmo dalla zona della Tekke a E, e un sarcofago a ghirlande dalla necropoli meridionale sulla strada per la città portuale di Phoinikous, anch'esso databile all'ultimo terzo del II sec. d.C., e attribuibile, in base ai busti di Hermes ed Eracle, a un ginnasiarca. Eccettuato il Serapèion sul colle della fortezza, non è stato finora rinvenuto nessuno dei luoghi di culto né greci né autoctoni, pur documentati da iscrizioni e monete.
Il costante abbassamento della costa e il timore delle invasioni di Persiani e Arabi indussero gli abitanti a ridurre l'area abitata. Le cinte murarie della parte O ed E della città, conservatesi fino a oggi, vengono attribuite al VII sec. d.C. La basilica a tre navate con un sỳnthro- non, un ciborio sopra il bèma e il presbiterio tripartito, con chiusura rettilinea a E, è probabilmente del V-VI sec. d.C. e viene interpretata come chiesa episcopale. Una chiesa a tre navate fu eretta all'inizio del VI sec. anche sul colle della cittadella, sopra un antico Serapèion. Anche un'altra, con sỳnthronon, trovata grazie a un sondaggio a S del Ptolemàion, è databile intorno al 500 d.C. Un complesso di rovine alle porte della città orientale appartiene a un convento Bektāshī.
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