Vedi LIMES dell'anno: 1961 - 1995
LIMES
Nella letteratura storico-archeologica relativa all'età imperiale romana si è soliti designare col termine di l. il complesso di opere viarie e di fortificazioni esistenti lungo i confini esterni dell'Impero. Il termine non ha né un unico né un preciso corrispondente nelle lingue moderne: sia nelle sue diverse accezioni particolari, sia nella sua accezione più nota, esso appare intraducibile e non è mai tradotto nelle trattazioni scientifiche.
Gli antichi facevano concordemente derivare l. da limus = transversus, obliquus, e lo collegavano con limen (Fest., p. 116 M. = p. 103 L.; Frontin., Limit., p. 29 L. = p. 13 Th.; Hygin., Grom., p. 167 L. = p. 132 Th.; Sicui. Flac., Gondic. agror., p. 153 L. = 117 Th.; ecc.). La sua derivazione da limus, più il suffisso -it-, è accettata e sostenuta anche dalla linguistica moderna. Tuttavia permangono perplessità sia sull'etimo di L, sia sull'origine italica della parola. Secondo Varrone (in Frontin., op. cit., p. 27 ss. L. = p. 10 s. Th.), il termine sarebbe stato attinto dall'aruspicina. Lo si trova infatti connesso con le pratiche rituali e le operazioni relative alla limitatio del mondo, del cielo, degli organi interni di animali e delle terre in una successione dei valori semantici più svariati: via del cielo, corso del sole, della luna, degli astri, delle comete e meteore, Via Lattea, fascia dello Zodiaco, dell'arcobaleno, via dei venti, via di volo, striscia d'acqua, di terra o di gemma, striscia attraverso il fegato e il polmone, cardini e decumani, zona di confine in riferimento a fundi, praedia ed aree sepolcrali, strada diritta con o senza fortificazioni, confine fortificato, orizzonte, fine, conclusione, serie di numeri, ecc.
In l. è caratteristica l'essenza bidimensionale, poiché esso implica sempre una certa ampiezza pur nel suo maggiore sviluppo longitudinale. Di conseguenza l'idea di i. non può in alcun caso essere resa con "linea", unidimensionale in senso geometrico. In altre parole: a fondamento di ogni possibile significato di l. sta sempre il concetto di striscia o fascia. Pertanto, in base a questo concetto fondamentale e all'etimo, i. può esser definito, in generale, come una striscia o fascia condotta trasversalmente in uno spazio.
Per quanto riguarda le frontiere dell'Impero Romano, interessano soprattutto due significati specifici di l.: a) nel senso di strada aperta attraverso zone selvose o costruita su aggeri in zone paludose di territorî ostili, che consentisse il passaggio agli eserciti per eventuali spedizioni e, possibilmente, la sorveglianza dei movimenti e lo snidamento del nemico; b) nel senso di frontiera fortificata e stesa a difesa dell'Impero in senso molto lato e per nulla affatto corrispondente all'idea moderna di confine quale linea contrassegnata da cippi o altro.
Alla base di quest'ultimo significato di l. è fin dall'origine, e rimarrà sempre fondamentale almeno durante l'alto Impero, il concetto di strada, possibilmente continua, lungo la quale si muovevano le truppe destinate alla sorveglianza del l., su cui esse erano acquartierate. Si venne perciò a stabilire fin da principio uno stretto nesso fra il l., come strada che percorreva la zona di confine, e le truppe dislocate lungo questa, e quindi fra il l. e gli accampamenti, i valli, i fossati, i fortilizi, le torri di vigilanza e di osservazione, ecc., opere costruite dalle milizie stesse; e quindi fra le strade di diramazione, di arroccamento e di raccordo che allacciavano con la linea di base i reparti di guardia e di presidio stanziati al di là dei confini, addetti più propriamente ai compiti di avvistamento, di controllo e segnalazione dei movimenti del nemico e di copertura, e collegavano con la stessa linea di base e fra loro le guarnigioni (generalmente legioni, ma anche auxilia e numeri) scaglionate all'interno e pronte a intervenire con celerità nei punti minacciati. E quanto più frequente si farà il pericolo e forte la pressione sui confini, tanto più il l. si svilupperà in profondità.
Del tipo a) erano i iimites aperti nella Germania libera, dal Reno verso oriente, da Tiberio, Germanico e Domiziano: Vell. Pat., ii, 120; Tac., Ann., i, 50; ii, 7; Frontin., Strat., i, 3, 10; e, probabilmente, C.I.L., x, 6225 (= Inscrip. Latinae Sel., 985 Année épigr., 1941, ii).
Per il tipo b): Tac., Agr., 41; id., Germ., 29; Hist. Aug., Hadr., 12: in questi passi si annuncia la contrapposizione fra ripa frontiera fortificata a ridosso di un fiume - e limes, che si rifletterà nella denominazione ufficiale di limitanei e ripenses o riparienses, con cui nella tarda romanità furono denominate le truppe stanziate lungo il l., e in quelle di dux, comes e praepositus limiti e di dux e praefectus ripae; inoltre C.I.L., vi, 2086 = 32380 = Inscrip. Latinae Sel., 451; Journ. Rom. Stud., xxxix, 1949, p. 91 Année épgr., 1950, 128 = I. R. Trip., 880; C.I.L., viii, 22765 = Inscrip. Latinae Sel., 8923; C.I.L., iii, 12483 = Inscrip. Latinae Sei., 724; C.I.L., iii, 10596 Inscrip. Latinae Sel., 762; R. Bibl., xxi, 1020, p. 121, 13 = Ztschr. deutsch. Palaestina-Vereins, xlvi, 1923, p. 64, 19 = Syll. Ep. Gr., viii, 296; dubbi per C.I.L., xiii, 6763 = Inscrip. Latinae Sel., 1188 e C.I.L., iii, 11924.
Nel basso Impero, in seguito allo sdoppiamento delle competenze militari e civili dei governatori, e ancora in età giustinianea il concetto di l. venne allargato fino a comprendere, in aggiunta alle strade, alle fortificazioni e alle truppe, vasti territorî affidati all'amministrazione militare (cfr. Amm. Marc., xvii, 13, 27; xx, 10, 1; xxvi, 4, 5; xxx, 3, 1), anche se questi non si trovavano ai confini dell'Impero (illuminante in questo senso la Notitia dignitatum occ., i, 44 s., v, 126 s.), ivi inclusi i terreni coltivati dai soldati (agri limitanei, terrae limitaneae, rura limitanea, fundi limitrophi o limitotrophi, e, per l'età giustinianea, λιμιτὰ o λιμητὸν).
Gli aspetti fiscali e annonari connessi con il l. trovano riflesso nella disposizione di Valentiniano, Valente e Graziano, relativa ad una imposta frumentaria limitis nomine (C.I.L., viii, 14280 = I. L. Tun., 894; cfr. Ch. Saumagne, in Karthago, i, 1950, p. 109 ss., 151 ss.; A. Piganiol, in Historia, 1950, p. 82 ss.) e un probabile editto del VI sec., forse relativo all'adaeratio dell'annona dei limitanei (R. Bibl., 1903, p. 276; 1906, p. 88 e 414; 1909, p. 89; 1920, p. 123 e 359; Ztschr. deutsch. Palaestina-Vereins, xlvi, 1923, p. 52; Syll. Ep. Gr., viii, 282).
Nel significato di frontiera presidiata, i. non fu un concetto completamente estraneo ed ignoto ai Romani dell'ultima età repubblicana, e non senza precedenti che risalgono addirittura alla seconda metà del IV sec. a. C., ove si tenesse conto delle particolari e diverse condizioni e circostanze di quell'epoca. Infatti, premesso che nel IV sec. a. C. non sarebbe stato possibile un l. come si ebbe in età imperiale, stante la caratteristica miliziana, quindi non permanente né stanziale, dell'esercito romano, si pensi alla dislocazione dei propugnacula imperii rappresentati dalle colonie latine e di cittadini romani dedotte ai margini dei territorî conquistati in Italia, nelle quali i coloni divenivano, all'occorrenza, soldati sul posto, e, nella tarda Repubblica, alla dislocazione delle basi militari (e colonie) in Spagna ai margini dei territori occupati da Cantabri, Galleci e Asturi, e in Dalmazia lungo le pendici meridionali delle Alpi Dinariche. Tuttavia è da escludere che la fossa regia, tracciata nel 146 a. C. per dividere il territorio dell'Africa proconsolare dal regno di Numidia, possa costituire l'esempio di un l. allo stato embrionale (una fossa può essere un elemento componente del l., ma non già di per se stessa un l.); piuttosto si deve ritenere che si trattasse, almeno per un buon tratto, delle medesime fosse di cui i Cartaginesi avevano circondato il proprio territorio, forse prolungate dai Romani nel 146 fino a Thenae e contrassegnate da termini nel 75 d. C.
Rappresentazioni figurate del l., per quanto riguarda alcuni suoi elementi essenziali e accessorî, si hanno all'inizio delle spirali a rilievo delle colonne di Traiano e di M. Aurelio verso l'imoscapo: fortini e torri di vigilanza e di segnalazione, circondati da palizzate; cataste di legno e pagliai conici, destinati a fornire materiale per segnalazioni luminose (di notte) e fumate (di giorno); soldati di guardia e galleria di vedetta; il tutto disposto lungo e a ridosso di un fiume (il Danubio). Si tratta di rappresentazioni sommarie e convenzionali, sia nella disposizione che nel contenuto, riproducenti piuttosto un l. indeterminato che non quelli, previsti dalla narrazione figurata, della Mesia e della Pannonia (in particolare non è pertinente al i. della Pannonia il tratto continuo di palizzata che si stende alle spalle delle opere militari sulla colonna di M. Aurelio, posto che esso non debba essere inteso altrimenti, per esempio come recinzione del porto fluviale di Carnuntum). Si osservi, inoltre, come gli apprestamenti difensivi del l. si estendessero principalmente al di qua del Danubio, anche in relazione con il fatto che l'esercito romano moveva dal territorio delle province sottomesse, mentre le esigenze della rappresentazione costrinsero l'artista a raffigurarli al di là del fiume ed a capovolgerne la disposizione reale (sulla questione generale del rapporto fra schematismo e realismo, fra rappresentazioni convenzionali e scene riproducenti la realtà nei rilievi della Colonna Traiana, e contro gli eccessi della critica moderna nell'uno e nell'altro senso, v. da ultimo: M. Turcan-Déléani, Les monuments représentés sur la colonne Trajane, schématisme et réalisme, in Mél. Arch. Éc. Franç. Rome, lxx, 1958, p. 149 ss. e specialmente p. 161 ss.; H. Daicoviciu, Osservazioni intorno alla colonna Traiana, in Dacia, n. 5., iii, 1959, p. 311 ss.).
Rappresentazioni stilizzate e parziali di un l. senza ripa (muro con torri) si hanno nei rilievi smaltati del frammento Hildburgh, proveniente dalla Spagna, della Rudge Cup e della patera di Amiens, databili verso la metà del Il sec.; trattasi di un motivo decorativo unico nel suo genere, che raffigura in maniera convenzionale il muro provvisto di torri del cosiddetto vallo di Adriano in Britannia (come si può indurre dai toponimi dei forti menzionati nella fascia iscritta attorno), e di oggetti che i veterani avrebbero portato con sé come ricordo del periodo di vita trascorso in guarnigione (v. l'esegesi di J. A. Cowen e I. A. Richmond, in Archaeologia Aeliana, 4, s. xii, 1935, p. 310 ss., accolta da J. Heurgon, in Mon. Piot, xlvi, 1952, p. 99 ss.).
Del l. per antonomasia, come ritenuto presso gli antichi e i moderni, rimangono tracce e monumenti più o meno appariscenti sul terreno (visibili ad occhio nudo, affiorati dagli scavi, rilevati dall'osservazione aerea) e sopravvivenze che trovano la loro espressione sia nei confini di regioni, di diocesi, di comunità e di fondi nell'alto Medioevo, sia nei toponomi antichi e moderni (chester, chastre, châtre, kastro, qasr, kasteel, castle, Kastell, bourg, Burg, burgh, bordj, Turm, wall, Pfahl, sat, valul, ecc., con le cautele che si confanno a vocaboli di larga base indoeuropea e di vasta applicazione nell'età di mezzo e moderna).
L'elemento fondamentale è sempre costituito da una strada che generalmente, ma non necessariamente, si snodava nella direzione del confine, con diramazioni verso l'interno, cosicché ad un certo punto tutta la rete stradale ai confini dell'Impero venne ad essere interessata al limes. Pertanto si comprende come il continuo sforzo compiuto dagli imperatori nella costruzione di strade e nella loro manutenzione mirasse principalmente ad assolvere necessità di ordine militare. In un più vasto orizzonte si può presumere che l'arteria più breve che collegava i limites della Britannia e del Reno con quelli dell'Oriente, lungo la quale dovevano essere dirottati i grandi spostamenti di truppe dall'uno all'altro scacchiere in previsione di azioni offensive o ai fini di tamponare falle o per altro scopo, non coincidesse ovunque con la strada a ridosso dei confini dell'Impero, bensì con vie più interne, come quella che da Mogontiacum, attraverso gli Agri Decumates, raggiungeva Augusta Vindelicum e di qui Virunum, Poetovio, Sirmium, Singidunum e per Serdica, Philippopolis e Hadrianopolis arrivava in Asia (la via militaris per eccellenza degli itinerari romani).
Il secondo elemento indispensabile, previsto anche dalle parziali raffigurazioni del l. sulle colonne di Traiano e di M. Aurelio, è costituito dalle truppe (legioni, ali miliarie o quingenarie -, coorti peditate ed equitate - miliarie o quingenarie -, numeri e vessillazioni), alle quali era devoluto il compito della difesa e del controllo dei movimenti delle popolazioni translimitanee (condiviso, in determinate circostanze geografiche, dalle flottiglie fluviali e costiere), insieme a quelli della costruzione, della manutenzione e del rafforzamento delle strade e degli apprestamenti difensivi - opere che venivano realizzate manu militari. Infatti consuetudine e norme esplicite della disciplina militare romana dell'età sia repubblicana che imperiale, imponevano ai soldati la costruzione degli apprestamenti offensivi e difensivi di ogni genere in tempo di guerra e di pace (oltre alle fonti letterarie più svariate ed alle numerose epigrafi, vedi le raffigurazioni di soldati intenti a edificare accampamenti, valli a recinto, castelli, fortilizi circolari, ecc., nei rilievi delle colonne di Traiano e di M. Aurelio). Essi, inoltre, dovevano provvedere in modo autarchico anche al reperimento, alla preparazione e alla confezione del materiale da costruzione, non soltanto alla sua messa in opera.
Come una strada o una rete di strade vigilate da truppe che si muovono su di esse e per loro mezzo assicurano il collegamento fra le diverse unità, definisce il l. dell'Impero nella sua essenza, così gli altri elementi che vi si aggiungono possono considerarsi come integranti o accessori; ma in nessun caso la loro mancanza può essere invocata per negare l'esistenza del l. (ci si riferisce particolarmente a certi preconcetti, che tuttora perdurano, tendenti a interpretare il l. come muro, vallurn e fossatum).
Si intendono come integranti o accessori gli elementi seguenti:
1) castra: sono così denominati gli accampamenti delle truppe, di forma rettangolare (eccezionalmente trapezoidale), costruiti secondo le regole della castrametazione. Essi variavano nelle dimensioni in base all'entità delle truppe che dovevano accogliere, nel numero delle torri e delle porte, nella disposizione interna (salvo nelle vie pretoria e principale e nell'ubicazione del praetorium, quaestorium e forum), nelle parti annesse e nella struttura edilizia (per esempio, il vallum poteva essere eseguito in terra con rivestimento ligneo, in zolle, in pietra, oppure in pietra con travi di legno). In particolare, i castra delle legioni furono stabiliti lungo la ripa o a breve distanza dalla medesima (per esempio Vetera, Bonna, Mogontiacum, Argentoratum - questi ultimi mai spostati in avanti, neppure dopo l'annessione degli Agri Decumates - e, fino all'inizio del Il sec., Vindonissa, lungo il Reno; Castra Regina, Lauriacum, Vindobona, Carnuntum, Brigetio, Aquincum, Singidunum, Viminacium, Ratiaria, Oescus, Novae, Durostorum e Troesmis, lungo il Danubio; Melitene, sull'Eufrate),) ma nell'interno della provincia quando non esisteva un fiume al quale appoggiarsi (per esempio Isca Silurum, Deva, Eburacum e Lindum in Britannia; Apulum e Potaissa, in Dacia; Nicopolis, in Egitto; Lambaesis, in Africa, ecc.): onde è evidente l'importanza dell'ostacolo fluviale come linea di arresto dell'invasore e di copertura ai fini dell'organizzazione di una difesa attiva. Castra, castra hiberna o hiberna sono sempre detti i quartieri generali delle legioni; castra sono parimenti detti i campi delle unità ausiliarie e dei numeri;
2) castellum (gr. ϕρούριον): come diminutivo di castrum, doveva indicare un piccolo campo, una piazzaforte con presidio di soldati. Tuttavia non è detto che castellum, a preferenza di castrum o castra, dovesse denominare necessariamente il campo di unità ausiliarie o di numeri, in contrapposizione ai campi (castra) delle legioni, sebbene potrebbero deporre in tal senso i toponimi di località antiche e moderne dette castellum e castle, Kastell, Kasteel, dove si sa non essere mai state dislocate che truppe ausiliarie. Nonostante evidenti sinonimie e oscillazioni dei termini con cui gli antichi indicarono certi apprestamenti militari, forse i castella potrebbero essere accostati ai milecastles del muro di Adriano;
3) praesidium: designa sia la guarnigione che il quartiere che l'accoglieva, e sembra differenziarsi da burgus e da ϕρούριον;
4) centenarium: è indubbio che si tratti di un edificio militare e, più precisamente, di una fortezza con cortile al centro e caserme lungo i lati. A parte alcune aberranti soluzioni, il termine è stato collegato ad ἑκατόμπεδος e quindi con riferimento al lato di 100 piedi, connesso con valore di 100 libbre d'oro, inteso come aggettivo sottintendente burgus, oppure come sostantivo neutro in rapporto con gli effettivi della guarnigione o con il titolo centenarius del comandante (in quest'ultimo senso si è ravvisato un corrispondente nella δεκανία, agli ordini di un decanus);
5) burgus: si tratta di un edificio di modeste proporzioni, destinato soprattutto all'osservazione, al controllo dell'andirivieni delle genti e alla sicurezza dei trasporti militari; dall'aspetto di torre, il burgus sembra però differenziarsi da quella, sia per struttura edilizia, sia per destinazione: burgus pare fosse una torre di dimensioni tali da servire anche come accantonamento; turris, invece, di dimensioni assai ridotte, un edificio soltanto destinato alla segnalazione, isolato o parte di un dispositivo (muro, vallum);
6) turris (gr. πύργος: si intende la torre isolata in legno o in pietra, di base quadrata o poligonale o circolare (a meno che non si tratti di trasformazioni posteriori e medievali), che collegava a vista fra loro gli accampamenti e, cinta da una o più fosse circolari concentriche, disponeva di pochi uomini che sorvegliassero i movimenti delle genti e provvedessero, in caso di pericolo, a segnalarne la presenza con mezzi ottici o acustici (v. le torri rappresentate nei rilievi delle colonne di Traiano e di M. Aurelio);
7) oppidum: designava in origine un centro fortificato e successivamente, per trapasso di significato, venne ad indicare in generale una città; tuttavia non è escluso che in qualche caso un oppidum potesse essere stato costruito lungo il l. per ragioni militari e di colonizzazione. Specialmente nella tarda romanità le città, fornite di imponenti cinte murarie e di baluardi, divennero vere e proprie roccaforti contro le invasioni e non soltanto asili sicuri per i civili nello stato di insicurezza che dominava le campagne;
8) fossatum: scavato nel terreno o nella roccia per varie profondità ed ampiezza lungo il margine esterno del l., era destinato ad arrestare e ostacolare il passaggio del nemico dove non esisteva la difesa naturale di un fiume. Poteva essere costruito con levate di terra e anche con muri in pietra ed essere provvisto di torri di avvistamento e di segnalazione sull'uno e sull'altro lato, quando ad esso non si appoggiasse un muro apposito o un vallum. Un fossatum è noto per esplicita testimonianza soltanto per la provincia dell'Africa (Cod. Theod., vii, 15, 1) ed è stato rilevato dalla fotografia aerea per vasti settori del l. della Numidia (in alcuni tratti si ha addirittura un doppio fossato), ma ne è stata individuata sul suolo l'esistenza anche nel tratto transrenano del l. della Germania Superiore, dinnanzi ai muri di Adriano e di Antonino Pio in Britannia e lungo il l. della Mauretania Tingitana;
9) vallum: come nome collettivo di vallus = palo, significò dapprima la palizzata posta attorno all'accampamento; poi, per estensione, vi si comprese anche l'aggere di zolle, rivestito di legname all'esterno e talvolta anche all'interno, o di pietre, sostenente la palizzata. Parimenti si disse vallum il bastione di terra, di zolle o di pietra, che si stendeva in linea continua a copertura del l, almeno dove non esisteva già la difesa naturale di un fiume, secondo il principio enunciato in Hist. Aug., Hadr., 12, ma contraddetto forse dalla convenzionale raffigurazione del l. sulla colonna di M. Aurelio: tali, in Britannia, i valla di Adriano e di Antonino Pio, il Brazda lui Novac e il Brazda de Sud in Dacia e nella Muntenia, i valla tra Axiopolis e Tomis nella Scythia Minor;
10) praetentura: significava in origine e continuò ad indicare la parte dell'accampamento opposta alla retentura e compresa fra la via principale e la porta pretoria, cioè la parte rivolta verso il nemico. Per estensione il verbo praetendere venne ad acquisire il significato di "occupare una posizione avanzata" e di fatto ricorre come tale a proposito di vessillazioni dislocate ai margini esterni del limes. Ed ancora per estensione praetentura venne a significare una zona di frontiera presidiata da truppe: tali, dopo la calata dei Quadi e Marcomanni del 167 nelle province danubiane e in Italia, e per breve tempo, la praetentura Italiae et Alpium, e la praetentura, cioè la strada di arroccamento, con dispositivi militari di copertura, creata da Settimio Severo nel 201 nella Mauretania Cesariense fra Cohors Breucorum e Kaputtasaccura;
11) clausurae: con questo termine furono anche designate nell'età tarda le difese continue del limes.
Per la datazione del l. e degli elementi di cui esso si componeva, si trova nelle fonti letterarie qualche indicazione generale relativa alla costruzione e ai successivi rifacimenti e restauri di grandi opere. Più frequenti, e spesso anche più particolari e precisi, sono i dati ricavabili dalle epigrafi: dediche imperiali, miliari, presenza e avvicendamento delle truppe di stanza con il soccorso della storia del loro dislocamento. Seguono, in ordine di importanza e di valore ai fini cronologici, i dati ricavabili dalle monete, soprattutto dai ripostigli monetari, con i limiti che essi comportano nello stabilire un terminus non ante ed ante quem; i dati della ceramica, specialmente sigillata, italiana e locale e di fabbricazione militare; i dati forniti dai bolli laterizi; infine le risultanze dello studio di forme, strutture e tecniche edilizie, e del metodo stratigrafico.
Il l. non fu concepito come una specie di muraglia cinese, tale da precludere ogni passaggio nell'uno e nell'altro senso, ma era inteso piuttosto come un'organizzazione atta a controllare le pacifiche migrazioni e infiltrazioni delle genti, specialmente dei nomadi nelle zone desertiche e altrove delle popolazioni clienti dello stato romano, e l'andirivieni di commercianti alla spicciolata; soltanto all'occorrenza esso assurgeva al ruolo di cintura e di baluardo difensivo. Di fatto, per quanto statiche fossero le opere del l., il sistema di difesa risultava mobile grazie alle maglie del dispositivo militare - lungo le strade e le piste che collegavano tra loro castra, castella, centenaria, burgi ecc., scaglionati in linea e in profondità - e grazie alla presenza di contingenti armati alla leggera e montati a cavallo, particolarmente adatti al compito di copertura, di vigilanza e di inseguimento in zone piane e montuose. Né è da dimenticare che, stanti determinati presupposti geografici, i limites delle diverse province non costituivano dei compartimenti stagni, bensì vigeva fra di essi il principio dell'interdipendenza e della reciprocità ai fini della difesa, della quale in definitiva era unico responsabile l'imperatore.
Bibl.: Th. Mommsen, Der Begriff des Limes, in Westd. Ztschr., XIII, 1894, p. 134 ss. = Gesch. Schr., V, p. 456 ss.; A. Oxé, Der Limes des Tiberius, in Bonner Jahrb., CXIV, 1906, p. 114 ss.; W. Gebert, Limes, in Bonner Jahrb., CXIX, 1910, p. 182 ss.; R. Cagnat, in Dict. Ant., III, 1904, c. 1255 ss., s. v.; E. Fabricius, in Pauly-Wissowa, XIII, 1926, p. 572 ss., s. v. Limes; J. Kromayer - G. Veith, Heerwesen und Kriegführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, passim; R. Cagnat - V. Chapot, Manuel d'archéol. rom., I, Parigi 1917, p. 250 ss.; A. Grenier, Manuel d'archéol. gallo-rom., I, Parigi 1931, p. 229 ss.; G. Forni, in De Ruggiero, Diz., IV, 1959-60, p. 1074 ss., s. v. (ivi la bibl. aggiornata e più completa).
Soltanto a titolo rappresentativo, si darà in questa sede indicazione dei contributi di insieme più cospicui e più recenti relativi a singoli limites: per la Britannia: R. Collignwood, The Archaeology of Roman Britain, Londra 1930; G. Macdonald, The Roman Wall in Scotland2, Oxford 1934; I. A. Richmond, Roman Britain, Londra 1947; R. G. Collingwood - I. A. Richmond, A Guide to the Roman Wall11, Newcastle upon Tyne 1948; E. Birley, The Centenary Pilgrimage of Hadrian's Wall, Kendal 1949; J. Collingswood-Bruce - I. A. Richmond, Handbook to the Roman Wall11, Newcastle upon Tyne 1957; E. Birley, Research on Hadrian's Wall, 1961; per le Germanie, le Gallie e la Rezia: i varî voll. Der obergermanisch - raetishe Limes, Berlino-Lipsia; W. Schleiermacher, Der röm. Limes in Deutschland, Berlino 1959; J. Vannérus, Le limes et les fortifications gallo-romaines de Belgique, Bruxelles 1943; F. Stähelin, Die Schweiz in röm. Zeit, Basilea 1931; R. Laur-Belart, Spätröm. Kastelle der Nord-und Ostshweiz, Basilea 1934; per il Norico, la Pannonia e la Moesia Superior: i varî voll. Der römische Limes in Oesterreich, Vienna 1900-1958; W. Kubitschek, Ältere Berichte über den röm. Limes in Pannonien, in Sitzber. Wien. Akad. Wiss., 209, Vienna 1929; per la Dacia e la Moesia Inferior: V. Christescu, Istoria militara a Daciei romane, Bucarest 1937; R. Vulpe, Histoire ancienne de la Dobroudja, Bucarest 1938, p. 158 ss.; C. Daicoviciu, La Transilvania nell'antichità, Bucarest 1943, p. 89 ss.; D. Tudor, Oltenia romana2, Bucarest 1958, p. 207 ss.; per la Siria e le province orientali: V. Chapot, La frontière de l'Euphrate de Pompée à la conquête arabe, Parigi 1907; P. A. Poidebard, La trace de Rome dans le desert de Syrie. Le limes de Trajan à la conquête arabe, Parigi 1934; R. Mouterde - A. Poidebard, Le Limes de Chalcis, Parigi 1945; A. Alt, Neue Untersuchungen zum Limes Palaestinae, in Ztschr. deutsch. Palaetsina-Vereins, LXXI, 1956, p. 83 ss.; D. Oates, The Roman Frontier in Northern Iraq, in Geogr. Journal, CXXII, 1956, p. 190 ss.; per la Cirenaica: R. Goodchild, The Roman and Byzantine Limes in Cyrenaica, in Journ. Rom. Stud., XLIII, 1953, p. 65 ss.; per le altre province dell'Africa: R. Cagnat, L'armée rom. d'Afrique2, Parigi 1913; J. Baradez, Fossatum Africae, Parigi 1949; R. G. Goodchild - J. B. Ward Perkins, The Limes Tripolitanus in the Light of Recent Discoveries, in Journ. Rom. Stud., XXXIX, 1949, p. 81 ss.; XL, 1950, p. 30 ss.; B. H. Warmington, The North African Provinces from Diocletian to the Vandal Conquest, Cambridge 1954; P. Romanelli, Storia delle provincie romane dell'Africa, Roma 1959; infine si menziona la serie di Quaderni dell'Istituto di Studi Romani, Roma 1937-39, relativi ai diversi limites e dovuti a varî autori.