Vedi LILIBEO dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
LILIBEO (Λιλύβαίον, Lilybaeum)
Era così chiamato in origine il capo (oggi Boeo) allo estremo S-O della Sicilia, che fronteggiava la Libia; in seguito indicò anche la regione circostante. Questa era abitata fin da antichissimi tempi da gente sicana di civiltà calcolitica ed enea, documentata da tracce di industrie, selci, ceramiche, fibule, e da un culto oracolare dell'acqua di tradizione preistorica, col quale s'identificò in seguito la leggenda della Sibilla Cumana o Sicula ivi sepolta. Solo nel 397 a. C., dopo la distruzione di Mozia (Isola di S. Pantaleo), fu fondata la città dai Cartaginesi, che vi addussero i resti della popolazione moziese e, in seguito (250) quella selinuntina. L. fu fortificata in modo da costituire un'inespugnabile piazzaforte dell'epicrazia cartaginese; resistette infatti all'assedio di Pirro (276), allo assalto dei Romani del 253 e all'assedio degli stessi (250-242), che la occuparono solo dopo la vittoria navale delle Egadi e la pace dell'Erice. Oltre che militare, L. ebbe importanza commerciale, essendo il porto della Sicilia più vicino a Cartagine e più avanzato nel Mediterraneo occidentale. Dopo la conquista romana, L. conservò l'importanza militare e commerciale durante la Repubblica; durante l'Impero l'importanza militare andò scomparendo. A L. risiedeva uno dei due questori della Sicilia; ai tempi dell'imperatore Pertinace, vi fu dedotta una colonia romana, colonia Helvia Aug. Lilybaitanorum. In tardi tempi imperiali vi dovette essere una comunità ebraica. Oggi Marsala.
Delle famose fortificazioni di L., costituite da mura rafforzate da torri e da un fossato profondo 40 cubiti e largo 6o, si ha idea dalle fonti, ma ben poco è rimasto. In vista, solo un grande masso (m 3,20 × 1,50 × 0,25), resto di torrione in piazza Trapani, col quale erano connesse fondazioni di mura a grandi conci ora distrutte (sistema difensivo di N-E); resti di un tratto (m 66,35) di muraglia isodoma con un'apertura rafforzata da torri fu scavata e poi interrata a S-O. Altri ruderi di grandi costruzioni e serbatoi, della tipica forma ellittica punica, che si trovano interrati ai lati dell'odierno viale V. Veneto, dovevano essere connessi con le fortificazioni, e in questa zona fu trovata l'epigrafe che ricorda i restauri di S. Pompeo. Meglio informati si è della necropoli che, vastissima, si estendeva a N-E della città fuori dei bastioni, fra la costa, via Gramsci e via dei Cappuccini, zona che dovette servire dai più antichi tempi punici ai tardo-romani. I sepolcri infatti sono di varî tipi: alcuni più antichi, o di forma tipicamente punica a pozzo intagliato nella roccia con una o due camerette quadrangolari aprentesi ai lati del fondo, o a fossa quadrangolare, o a grotticella, coi riti promiscui della incinerazione e inumazione entro sarcofagi litici o lignei; altri più recenti, trovati in strati superficiali, a incinerazione entro urne o vasi. Il corredo funebre più o meno ricco consisteva in vasi, terrecotte figurate, gioielli, monete ecc.; interessanti per i dati che offrono e che non oltrepassano cronologicamente il sec. IV a. C., confermando la discussa datazione di Diodoro (xxii, 4). Su alcune sepolture si son trovati monumentini a forma di cippi o di edicole, delle quali alcune dipinte (secoli I-Il d. C.) con rappresentazioni di banchetti funebri di tipo ellenistico-romano, simboli punici e iscrizioni greche. Su alcune stele votive più antiche, insieme a rappresentazioni e simboli punici l'iscrizione è fenicia; su due defixiones plumbee le formule di maledizione sono greche. Anche in un greco scorretto è l'iscrizione della rara tessera hospitalis in avorio, a forma di due mani che si stringono.
Della città punica non si conosce nulla. I resti finora rinvenuti sono di età romana e indicano l'espansione della vita urbana entro e fuori il perimetro delle mura: verso la costa si era venuto formando in età imperiale un rione elegante con abitazioni e pubblici edifici. Un gruppo delle prime, con ampi ambienti, soglie di marmo e mosaici a decorazioni geometriche o figurate, si trova fuori Porta Vittoria, sotto e intorno al cinema Impero; un edificio termale fiancheggiato da una strada lastricata e da altri resti non scavati è a fianco del viale V. Veneto. In questo grandioso complesso si sovrappongono due o più costruzioni, la più antica, di età non precisabile per la scarsezza dei resti, si presenta con prevalenza di elementi punici (cisterne ellittiche, pavimenti a piccoli ciottoli, strada di terra battuta); la più recente - della fine del III sec.-inizî del IV d. C. - è romana. Questa è costituita da un atrio tetrastilo che immette in un peristilio circondato da un porticato e fiancheggiato a sinistra da saloni con pavimenti musivi colorati, a complessa decorazione geometrica e fitomorfa o figurata (Triquetra, Stagioni, Medusa, asino nella stalla); di fianco all'atrio si sviluppano i balnea, con ingresso (mosaico: cane alla catena), spogliatoio (mosaico a motivi geometrici e pelte), sala centrale con vòlta alleggerita dall'impiego di brevi tubi fittili (mosaico bellissimo: gruppi di belve che assaliscono cervidi ed equini), frigidarium a vasca rivestita di marmi, calidarium absidato e varî tepidaria, con pavimenti sospesi decorati di mosaici geometrici, sistemi di riscaldamento, hypocausta, cisterne e impianti idrici per l'immissione e lo scolo delle acque.
Oltre ai mosaici menzionati, altri se ne sono trovati nell'interno della città moderna; un frammento finissimo del sec. I d. C. con rappresentazione di Teseo e il Minotauro; uno completo del sec. II d. C. con medaglioni contenenti busti delle Stagioni; alcuni con motivi geometrici; per cui L. è uno dei centri della Sicilia più ricchi di opere musive. Resti di mosaici cristiani (delfini) sono nell'ipogeo sotto la chiesa di S. Giovanni.
Della grande plastica a L. non si ha che il ricordo letterario di una statua di Apollo (Cic., In Verrem) e quello fotografico (Withaker, Motya, f. 30) di un sarcofago fittile con figura giacente di tipo punico. Una statuetta frammentaria marmorea, trovata nelle terme romane, è una derivazione da opera greca del IV sec. a. C. dei tipi di Timotheos. Numerosi sono invece gli oggetti d'arte industriale provenienti dalle tombe: terrecotte figurate (statuette, mascherette, oscilla, decorazioni di braciere) e ceramiche (piccoli vasi baccellati o dipinti su fondo nero) indicano il predominio dell'industria ellenistica, attica, campana e forse locale di imitazione, e più scarse importazioni egizie di statuette, vasetti, collane di pasta vitrea. Non manca però la ceramica grezza locale di tipo punico, specialmente nelle forme dei cinerarî, fra le quali la tipica allungata ad obice.
Il vaso di pasta vitrea a rilievi, con rappresentazione di un faraone con divinità e prigionieri, datato all'VIII sec. a. C. e conservato al museo di Mozia, pare proveniente dalla necropoli arcaica moziese.
L. non ebbe monetazione fino all'occupazione romana. Il primo conio è dei tempi di M. Antonio ed ha l'iscrizione greca: ΛΙΛΥΒΑΙΙΤΑΙC e testa femminile velata con corona turrita, chiusa in un triangolo (L. e la Sicilia), al dritto, tripode con serpente e ΠΥΘΙΟΝ-ΑΓΡΑΤΙΝΟ(Υ) al rovescio. Le monete di epoca imperiale sono di due tipi: immagine di Augusto e iscrizione: Caesar Augustus sul dritto; testa laureata di Apollo e iscrizione: Q. Terentio Vvlleone Procos Lilyb sul rovescio; oppure Augusto entro corona d'alloro sul dritto e lyra con iscrizione: Lilybit (anorum) sul rovescio.
Bibl.: Storia: A. Holm, Storia della Sicilia nell'antichità, trad. ital., Torino 1896-1901, voll. I, III; I. Marconi-Bovio, Origine della città di Lilybeo, in Lumen, Trapani 1949. Topografia ed arte: G. Schubring, Motye u. Lilybaeum, in Philol., XXIV, 1867; A. Salinas, Relaz. d. R. Museo di Palermo, Palermo 1873, p. 53, t. II, 7 (tessera ospitale); id., in Not. Scavi, Roma 1894, p. 388 ss. (epigr. di Pompeo); E. Gabrici, Stele sepolcrale di Lilybeo a forma di heròon, in Mon. Linc., Roma 1929, p. 271 ss.; id., in Not. Scavi, 1941, Roma 1942, p. 271 ss.; B. Pace, Arte e civiltà della Sicilia antica, Città di Castello - Roma 1935-1949, voll. I-IV. Per le monete: G. F. Hill, Coins of Ancient Sicily, Westminster 1903.