GRASSI, Liliana
Nacque a Milano il 1° apr. 1923, in una famiglia di modeste condizioni, da Agide, impiegato presso le acciaierie Falck di Sesto San Giovanni, e da Maria Vanoli. Compì gli studi superiori presso l'istituto magistrale Carlo Tenca di Milano conseguendo successivamente la maturità artistica che le consentì di iscriversi al corso di laurea in architettura del Politecnico. Si laureò nel 1947 discutendo una tesi in progettazione architettonica redatta insieme con il collega A. Degani. Nello stesso anno divenne assistente volontaria alla cattedra di restauro dei monumenti retta da A. Annoni. Nel 1956 ottenne, sempre a Milano, la libera docenza in caratteri stilistici e costruttivi dei monumenti e due anni dopo vinse il concorso per assistente di ruolo; nel 1959 tenne per incarico il corso di disegno dal vero e contemporaneamente raggiunse prima la maturità al concorso per la cattedra di restauro bandito dall'Università di Firenze, poi quella al concorso per la cattedra di storia dell'arte e storia degli stili dell'architettura presso l'Università di Palermo. L'anno successivo conseguì una seconda libera docenza in restauro dei monumenti ed ebbe l'incarico dell'insegnamento di questa disciplina sempre alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano. Nel 1964 divenne professore ordinario di restauro dei monumenti presso lo stesso ateneo.
Nel 1972, in seguito a forti divergenze maturate già da alcuni anni, in piena contestazione studentesca la G. chiese il trasferimento presso la facoltà di ingegneria dello stesso Politecnico come professore di tecnica del restauro, cattedra che conservò fino al 1985. Contemporaneamente le fu assegnata la direzione dell'istituto di disegno generale, impegno che mantenne per un decennio.
Parallelamente all'attività universitaria, la G. si dedicò con analogo impegno alla professione di architetto e restauratore. Tappa fondamentale per la sua carriera e per l'orientamento delle sue ricerche future fu il restauro dell'ospedale Maggiore di Milano di Antonio Averlino, detto il Filarete, e il successivo adattamento a nuova sede dell'Università degli studi di Milano, opera che rappresentò il punto più alto della sua attività (Lo "Spedale di poveri" del Filarete. Storia e restauro, Milano 1972, pp. 36-42).
Il complesso architettonico è planimetricamente definito da un grande rettangolo comprendente due crociere, l'una quattrocentesca l'altra ottocentesca, separate da un cortilone centrale porticato barocco; i tre corpi di fabbrica, corrispondenti alle diverse fasi di costruzione, furono realizzati nel rispetto dell'originario concetto planimetrico affermato dal Filarete: lo schema a crociera. L'intero impianto, già alterato da gravi manomissioni nel corso dei secoli, fu danneggiato dai bombardamenti dell'agosto del 1943, che distrussero uno dei quattro cortiletti quattrocenteschi e rasero al suolo gran parte del cortile seicentesco insieme con ampie porzioni delle due crociere. I lavori di restauro ebbero inizio nell'immediato dopoguerra sotto la direzione di A. Annoni; la G. entrò a far parte del gruppo di progetto nel 1949 e ne divenne l'unica responsabile nel decennio successivo.
Nei criteri metodologici dell'intervento non si rilevano novità sostanziali, ma un sapiente utilizzo di metodologie diverse, quali opere di liberazione, conservazione, anastilosi, mantenimento a rudere e infine integrazione in forme moderne nelle parti irrecuperabili e in quelle in cui prevalsero le esigenze funzionali della nuova struttura.
La prima fase dei lavori riguardò la risistemazione dell'ala ottocentesca da destinarsi alla didattica; la gravità delle distruzioni e la minore significatività artistica di quella parte del complesso consentirono di agire con maggior libertà nell'innesto dei corpi nuovi che la destinazione scelta richiedeva. Si ritenne comunque opportuno, pur nel rispetto dei moderni criteri distributivi, mantenere l'orditura indicata dal Filarete. Contemporaneamente fu intrapresa la faticosa opera di ricomposizione per anastilosi del cortile barocco, resa possibile dal paziente recupero di gran parte dei materiali e delle parti scultoree originarie. Nel 1958, conclusa la prima parte dell'impresa, nel complesso fu inaugurata la nuova sede dell'Università. I lavori proseguirono per tutto il decennio successivo nell'ala quattrocentesca con il delicato restauro dei prospetti e dei quattro chiostri. Un cenno particolare merita quello cosiddetto "della Ghiacciaia" che, anche se ricomposto solo parzialmente dopo essere stato letteralmente polverizzato da alcune bombe, raggiunse un buon risultato sia sul piano estetico sia su quello storico-testimoniale, attraverso un'efficace sistemazione a rudere e il sapiente uso del verde. L'ultima fase, la più ardua, riguardò, a partire dagli anni Settanta, lo studio, il restauro e il riutilizzo della crociera quattrocentesca; fu riportata in luce tutta una serie di elementi dell'originale struttura del Filarete che consentì pure la ricostruzione ipotetica dell'arredo dell'antico ospedale. La parte più sofferta di quest'ultimo intervento fu il progetto di allestimento, all'interno di due bracci della crociera, delle sale per le lauree e per il consiglio dell'Università; in questo caso la G. risolse con prudenza il tema del rapporto tra antica e nuova architettura, progettando una struttura in ferro e vetro completamente reversibile e soprattutto indipendente sia staticamente sia visivamente dalle antiche mura e consentendo in questo modo la completa visibilità della configurazione spaziale concepita dal Filarete. La consegna ufficiale della crociera all'università avvenne il 31 ott. 1984.
A questa attività la G. affiancò numerosi incarichi professionali. Il primo, nel 1947, fu l'elaborazione con Degani di una proposta per il restauro del palazzo comunale di Cremona; al 1953 risalgono alcuni progetti, redatti in collaborazione con Annoni, relativi alla sistemazione del presbiterio e dell'altare della chiesa di S. Francesco a Ravenna. Tra il 1954 e il 1955 progettò e realizzò una casa di abitazione in via Sismondi a Milano, partecipò al concorso per l'ampliamento della Biblioteca capitolare di Verona e realizzò, con l'ausilio di L. Fontana per la parte scultorea, il monumento funerario di E. De Magistris nel cimitero Monumentale di Milano. Nel 1956 preparò un progetto per la sistemazione del presbiterio nella chiesa di S. Agata a Brescia. L'anno successivo si aggiudicò il terzo premio nel concorso per il progetto del grattacielo degli uffici comunali di Milano e portò a termine la costruzione di una residenza all'interno del parco di villa Dora a Stresa (Una villa panoramica a Stresa, in Rivista dell'arredamento, VI [1960], pp. 1-14).
Al 1960 risalgono i lavori per il restauro e l'ampliamento della villa Sommi Picenardi a Brembate Sopra (Bergamo) destinata a casa di riposo per gli anziani; il progetto previde il restauro dell'edificio tardosettecentesco e l'annessione di un'ala di nuova realizzazione. Nello stesso anno seguì la sistemazione degli uffici della direzione di Milano delle Assicurazioni generali, incarico che offrì alla G. l'occasione di sperimentare la sua creatività anche nella creazione di oggetti di design (Crippa, 1986). Due anni dopo, nel 1962, nella villa Serbelloni a Bellagio (Como) si occupò della sistemazione del salone della Sfondrata e della cosiddetta "casa rossa", una costruzione seicentesca annessa. Nel 1966, con la progettazione di un edificio residenziale nell'area di un'antica costruzione rurale in via Tolmezzo a Milano e la ricostruzione dell'attiguo oratorio settecentesco di S. Carlino alle Rottole, tornò ad affrontare il problema del rapporto tra edilizia antica e nuova progettazione, risolto in questo caso attraverso una particolare attenzione all'utilizzazione di forme e tecniche tradizionali. Tra il 1968 e il 1970 seguì i lavori per il restauro dell'abside della chiesa di S. Maria dell'Incoronata a Milano.
Nel 1976 diede inizio, per conto dell'Università degli studi di Milano, ai lavori di restauro del settecentesco complesso dell'ex collegio Beccaria e dell'attiguo palazzetto di via di Lupetta. Al 1979 risale la stesura di diverse proposte per un progetto di restauro della chiesetta romanica di S. Vittore in Muralto, nel Canton Ticino, mai realizzato. Tra il 1983 e il 1985 progettò e diresse il restauro dell'oratorio tardocinquecentesco di S. Rocco a Trezzo sull'Adda, intervento volto a restituire, per quanto possibile, l'autenticità e quei valori storici e formali della fabbrica che quattro secoli di manomissioni e alterazioni avevano lentamente cancellato (Divo Rocho dicatum. Storia e restauro dell'oratorio di S. Rocco in Trezzo sull'Adda, Trezzo sull'Adda 1985, p. 19). Agli stessi anni risalgono il restauro del campanile della chiesa parrocchiale di Viggiù, il progetto di recupero funzionale per il castello di Vigevano e, soprattutto, gli studi e il progetto per la nuova chiesa e il complesso parrocchiale di S. Maria ad Assago.
Accanto all'impegno didattico e professionale la G. svolse una vasta attività di studiosa. Vanno, tra l'altro, ricordate le riflessioni teoriche sul restauro dove, pur muovendo da consolidati principî filologici, fornì alla disciplina numerosi arricchimenti storiografici e articolazioni concettuali. Alla G. si debbono stimolanti considerazioni sulle possibilità di integrazione tra monumenti e architettura moderna, sull'attenzione da riservare all'ambiente e al paesaggio, sull'unità concettuale di metodologia che sostiene l'interazione tra procedimenti tecnico-scientifici e problemi storico-critici. Tali concetti furono sintetizzati dalla G. nella voce Restauro del Dizionario enciclopedico (UNEDI), XII, Roma 1980, e ribaditi in altri interessanti contributi sul tema quali Momenti e problemi di storia del restauro, in Restauro architettonico, Milano 1961, pp. 3-28, e Problemi metodologici in relazione alla teoria del restauro, in Il restauro delle costruzioni in muratura, Roma 1981, pp. 9-13. Una menzione particolare meritano gli studi specialistici condotti sull'architettura lombarda tra XVI e XVIII secolo, che si concretizzarono principalmente nelle due monografie, delle quali la prima realizzata in collaborazione con P. Portaluppi: Scuola e maniera nell'architettura lombarda del '500, Milano 1961, e Province del barocco e del rococò…, ibid. 1966. Da ricordare sono, infine, i contributi della G. sulla cultura architettonica del secondo Quattrocento lombardo e soprattutto sull'attività teorica e progettuale del Filarete, studi che consentirono di chiarire i caratteri stilistici e i significati simbolici del grande complesso ospedaliero e di evidenziare l'importanza del trattato del Filarete come chiave interpretativa della coeva cultura architettonica, e si tradussero nell'edizione critica, realizzata in collaborazione con la filologa A.M. Finoli, del Trattato di architettura, Milano 1972 (un elenco completo delle sue pubblicazioni, circa un centinaio di titoli, in Crippa, 1986).
La G. morì a Milano il 10 ag. 1985 dopo una breve malattia.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio generale del Politecnico, Personale cessato, fascicolo personale n. 5642; In ricordo di L. G., in Storia architettura, VIII (1985), pp. 179-181; R. Di Stefano, Ricordo di L. G., in Restauro, XIV (1985), pp. 43-47; P. Ferrante, Milano, la Ca' Granda, in Abitare, XXIV (1985), pp. 110-118; L. G., architetto, il pensiero, i restauri, i progetti (catal., Milano), a cura di M.A. Crippa, s.l. 1986; L. G. architetto, in Abitare, XXV (1986), p. 108; Il Politecnico di Milano nella storia italiana, 1914-63, II, Milano 1989, pp. 688 s., 709-711; A. Bellini, L. G.: un ricordo dopo dieci anni, in TeMa. Tempo, materia, architettura, III (1995), pp. 50 s.; M.A. Crippa, L'attenzione di L. G. all'architettura e alla storia dell'architettura del Settecento, in Artisti lombardi e centri di produzione italiani nel Settecento…Studi in onore di R. Bossaglia, a cura di G.C. Sciolla - V. Terraroli, Bergamo 1995, pp. 131 s.; Id., L. G. e il restauro: il fondamento realista e la continuità della tradizione italiana del restauro, in Arte cristiana, LXXXV (1997), pp. 381-386; Id., L. G. e il restauro, II, L'ospedale Maggiore di Milano; la storia e i restauri, ibid., pp. 461-470.