CAPPELLETTI, Licurgo
Nato a Piombino il 20 nov. 1842 da Francesco, ufficiale di marina, e da Umiltà Bertoletti studiò a Pisa, dove nel novembre 1863 conseguì il diploma di insegnante di italiano, storia e geografia nelle scuole tecniche. In queste scuole ed in quelle magistrali il C. insegnò per decenni, nel corso di una carriera costellata d'incidenti e amarezze. Il carattere superbo e l'indole ambiziosa gli procuravano infatti molti nemici tra i colleghi e all'interno della burocrazia scolastica. Particolarmente difficili furono i suoi primi anni d'insegnamento. Non si contano i trasferimenti da un capo all'altro d'Italia, generalmente in piccoli centri dove trovava subito modo di mettersi in cattiva luce presso le locali autorità. Insegnò tra l'altro a Vercelli, Messina, Cosenza, Forlì, L'Aquila, Rieti e Firenze, incorrendo in numerose sanzioni disciplinari.
Non meraviglia il fatto che una delle principali accuse mossegli dai superiori fosse quella di scarso impegno didattico, se si tiene conto della enorme produzione del C., autore di un numero sbalorditivo di libri, opuscoli ed articoli dei più vari generi. Libero docente di mitologia e storia nell'Accademia pisana di belle arti, il C. non aveva interessi culturali ben definiti, se non in senso genericamente storico-letterario. Di lingue e letterature classiche non s'intendeva molto e in particolare non gradiva il greco, la cui scarsa conoscenza addusse perfino a motivo, nel 1867, del rifiuto di un posto di professore nel ginnasio di Sciacca. Le sue attitudini lo spingevano piuttosto verso un tipo di produzione divulgativa nel campo della storia moderna. In molte sue opere (generalmente edite più volte) prese in esame periodi storici o grandi personaggi (scrisse, per es., le biografie di Napoleone I e III, Federico II di Prussia, Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II), senza però fornire né un quadro accettabile ne un'interpretazione approfondita dei fatti. Il C. storiografo racconta vicende con stile aneddotico e apparentemente brillante, una facciata dietro cui traspare una totale incapacità di ricerca autonoma. Il suo metodo compilativo, molto spesso classificabile come puro e semplice plagio, gli valse feroci stroncature e un'infinita serie di critiche. Il C. non si faceva scrupoli di riprodurre, talora integralmente, lunghi passi di altri autori senza preoccuparsi di citarli, compiendo un lavoro di intarsio d'indubbia abilità. Da queste critiche sono parzialmente esenti i suoi fortunati manuali scolastici (particolarmente le sue Storie d'Italia), il cui scopo compilativo è francamente dichiarato.
Nel campo della letteratura italiana il C. è ricordato soprattutto per i lavori sulla bibliografia leopardiana (Parma 1881)e le fonti del Decamerone (Livorno 1891), favoriti dalla buona capacità dell'autore di raccogliere notizie e titoli. Anche in questo caso, comunque, inesattezze ed errori più o meno marchiani distinguono l'opera del C., il cui libro meno sfortunato è forse, nel complesso, la Storia della città di Piombino dalle origini fino all'anno 1814 (Livorno 1897), una narrazione sintetica e meglio informata del solito.
Morì a Firenze il 14 genn. 1921.
Fonti e Bibl.: A. Zardo, Albertino Mussato e la sua tragedia Eccerinis; scritto letter. di L. C., in Riv. period. dei lavori della R. Acc. di scienze,lettere... in Padova, XXXII(1882), 60, pp. 181-203; A. Gloria, Poche parole intorno alla biogr. di Albertino Mussato scritta dal prof. L. C., ibid., 61, pp. 153-161; C. Manfroni, Una storia di Vittorio Emanuele, in La Nuova Rass., II (1894), pp. 99-102; A. Lumbroso, Una nuova biografia di Napoleone I, in Il Fanfulla della Domenica, 11 giugno 1899; Almanacco ital., XXVII (1922), p. 571; A. Tortoreto, Il bibliografo ottocentesco di Leopardi, in Leopardi e l'Ottocento, Firenze 1970, pp. 623-26.