LICINIA EUDOSSIA (Licinia Eudoxia)
Imperatrice d'Occidente, 439-455.
Figlia dell'imperatore d'Oriente Teodosio Il e di Aelia Eudokia (v. eudossia), nata nel 422. Nel 424 era già fidanzata al cinquenne Valentiniano, che sposava a Costantinopoli nel 437. Nel 439 era a Ravenna, dove Valentiniano (il terzo di questo nome) la proclamava Augusta. Nel 439-440 la corte era a Roma; L. E. vi fondava la nuova basilica di S. Pietro in Vincoli (sul luogo di un edificio di culto preesistente): basilica apostolorum tituli Eudoxiae. Dal 449-450 la corte era di nuovo a Roma, dove E. era avvicinata da S. Leone Magno. Nel 455 Valentiniano III era assassinato e nello stesso anno L. E. era fatta prigioniera da Genserico, ma nel 462 era di nuovo libera e, a Costantinopoli, visitava lo stilita Daniele.
I ritratti monetali di questa giovane e sfortunata Augusta, figlia di una delle donne più colte del V sec. e, come la madre, affascinata dalle grandi personalità religiose del secolo, non dicono molto del suo aspetto fisico, ma ritraggono inaspettatamente un volto immoto e estremamente semplificato, rigidamente frontale e di incerto rilievo secondo un tipo iconografico mai visto dianzi; soltanto un tipo, forse più antico degli altri, suggerisce un minuto viso di fanciulla sotto un pesante diadema, visto di profilo, ma deriva palesemente dalle monete di Eudocia. Per la rappresentazione delle insignia imperiali la monetazione di L. E. costituisce uno dei capitoli più interessanti in una fase quasi sperimentale ricca di spunti per lo sviluppo futuro.
Nel tipo sopra ricordato, con l'Augusta di profilo, mentre alcuni conî presentano una forma di diadema non molto lontano da quello di Flacilla, in altri questo è sormontato da alcune gemme a forma di mandorla, che gli danno un aspetto architettonico inedito; dietro l'orecchio pendono tre gemme dello stesso genere, da cui ricadono fili che terminano in perle: le cataseistae, divenute in seguito complemento inevitabile degli stemmata maschili imperiali e spesso applicate anche allo stephanos femminile.
Nella moneta è raffigurata in alto la mano divina che posa un diadema sul capo di L. E., segno dell'investitura divina del potere imperiale; un motivo che si trova già nella monetazione di Eudossia, moglie di Arcadio.
Dopo questi saggi in un genere già affermato nell'iconografia della dinastia cui appartiene L. E., gli esempî più nuovi, con l'effigie "ieratica" dell'Augusta, introducono subito le più grandi innovazioni nella forma del diadema. In un primo conio è un diadema di struttura più semplice del precedente, non più sormontato dalle grosse gemme ma da una croce posta al centro; è la prima volta che la croce appare sulla corona dell'Augusta. Dai lati del diadema pendono file di perle lunghe fino alle spalle, secondo uno schema che si ritroverà nel VI sec. (Teodora). Un altro conio offre una fusione di questo tipo con la corona a strali, presentando da una parte e dall'altra a lato della croce, tre acute terminazioni triangolari.
Infine un conio che, per l'iscrizione sul verso, si data circa il 450, mostra un tipo inedito di corona, e che avrà in seguito grande fortuna come specifica corona femminile, mettendo, al posto dei denti aguzzi dell'esempio precedente, due placche triangolari, contornate di perle e terminanti in una grossa gemma tonda. Press'a poco uguale la corona di un medaglione aureo anepigrafe, attribuito giustamente alla stessa L. E., nel Cabinet des Médailles di Parigi. In quest'ultimo esempio, come nel precedente, anche il costume dell'imperatrice è cambiato, poiché, al posto della clamide fissata sulla spalla da una fibula, è subentrato un ricco manto trapuntato di perle con le bande del loros che si incrociano sul petto.
Tante innovazioni nel giro di pochi anni, alla cui ripresa si assisterà soltanto dopo l'intervallo di una generazione, testimoniano dell'acuta sensibilità dell'Impero d'Occidente per il significato simbolico, politico e religioso, delle insignia imperiali. Non è improbabile che a ciò spingessero l'alta considerazione del prestigio spirituale e morale di Roma e il sentimento della soggezione del potere imperiale alla volontà divina, inculcati nei giovani sovrani da Leone I.
Bibl.: O. Seek, in Pauly-Wissowa, VI, 1909, cc. 925-926, s. v., Eudoxia, n. 2; R. Delbrück, Porträts byzantinischen Kaiesrinnen, in Röm. Mitt., XXVIII, 1913, p. 335, tav. XVIII, 15-18; E. Weigand, Zum Denkmalkreis des Christogramminimbus, in Byz. Zeitschr., XXXII, 1932, p. 63 ss. (monete ravennati di L. E., con Salus reipublicae, con il globo e lo scettro crucigero: cfr. anche M. Bernhart, Handb. zur Münzkunde der röm. Kaiserzeit, Halle 1926, tavv. LXIX, 3); R. Delbrück, Spätantike Kaiserporträts, Berlino 1933, pp. 31, 66, 171; J. Deér, Mittelalterliche Frauenkronen in Ost und West, in P. E. Schramm, Herschaftszeichen und Staat-symbolik, II, 18 (Schriften der Monumenta Germanica Historica, 13, II), Stoccarda 1955, p. 417; cfr. anche A. Boeckler, Formgeschichtliche studien zur Adagrappe, in Abhandlungen der Bayer. Akad. d. Wiss., Phil.-hist. Nach-Klass, N. F. 42, 1956, p. 23 s. (su una rappresentazione di "Maria Regina", forse influenzata dalle insignia di L. E.); C. Albizzati, Un ritratto di L. E., in Atti della Accad. Pont. di Arch., Rendiconti, XV, 1920, p. 339 ss.; id., in Ann. della Fac. di lett. della R. Univ. di Cagliari, I, 2, 1928, p. 27 ss., ha attribuito a L. E. il ritratto di imperatrice del Museo Civico Giovio a Como, riconosciuto invece come Costanza da R. Delbrück, Spät. Kaiserp., p. 169 ss. Lo stesso Delbrück, op. cit., p. 230, riferisce dubitativamente a L. E. (o a Gallia Placidia) un peso bronzeo con busto di imperatrice nel Bayerisches Nationalmuseum di Monaco e un altro peso di ubicazione ignota.