Vedi LICATA dell'anno: 1961 - 1995
LICATA (v. vol. IV, p. 6ι6)
La storiografia topografica di L. ha come punto di partenza la notizia di Diodoro (XXII, 2,2; 7,1) secondo cui Finzia, tiranno di Agrigento, fonda una città, Finziade, e vi insedia i Geloi scampati alla distruzione del 286 a.C. Nel XVI sec. Fazello e Arezzo sostengono che L. sia sorta sui resti dell'antica Gela e identificano il Salso con il fiume omonimo. La notizia storica sulla più antica fondazione greca nel sito di L. è in Diodoro (XIX, 108,1), relativa a Eknomos, castello di Falaride, da identificare con una delle alture della montagna di L., estesa a O della foce del Salso-Himera, lungo la costa. La disputa sull'identificazione del sito antico, iniziata già nel XVI sec., è proseguita fino a epoca recente, ma la distinzione topografica e storica tra l'antica Gela e Eknomos-Finziade è ormai un fatto acquisito per inconfutabili motivi e documenti archeologici.
Sempre più numerose appaiono oggi le testimonianze di una assidua e stanziale frequentazione in epoca preistorica, particolarmente dalla prima Età del Bronzo. Lungo la linea di costa le stazioni, neolitica quella in località Pizzo Caduta ed eneolitica quella di Contrada Colonne a O di L., hanno restituito la documentazione più antica che, nel caso di Pizzo Caduta parrebbe riportarsi al Paleolitico e al Mesolitico. Ricognizioni di superficie hanno consentito il recupero nello stesso sito di un interessante betilo di ispirazione cicladica e di quantità di reperti ceramici che attraversano l'epoca preistorica dal Neolitico (ceramica tipo Stentinello, dipinta nello stile Capri-Lipari e bigia lucidata a stecca tipo Serra d'Alto), all'Età del Rame (ceramica tipo San Cono-Piano Notaro e dipinta nello stile di Serraferlicchio), a quella del Bronzo Antico (frammenti di ceramica castellucciana), età alle quali ci riportano le stazioni di Monte Sole e di Monte Giannotta sulla montagna.
A partire dalla prima Età del Bronzo nell'entroterra licatese si moltiplicano villaggi, fattorie e relative necropoli a grotticella artificiale distribuiti sui corrugamenti collinari che delimitano, a N, la sottostante pianura alluvionale.
In una tale vasta area collinare, la Contrada Casalicchio- Agnone, ubicata lungo la strada L.-Riesi a O del casale medievale arretrata di circa 3 km rispetto alla linea di costa, ha restituito un giacimento preistorico di notevole complessità e durata nella sequenza culturale dal Neolitico alla prima Età del Bronzo: ceramica neolitica impressa tipo Stentinello, bicroma e tipo Diana; eneolitica incisa tipo San Cono-Piano Notaro: tardo eneolitica tipo Malpasso-Chiusazza, della prima Età del Bronzo (tipo Castelluccio), epoca durante la quale il sito di Casalicchio può aver costituito elemento di aggregazione nel panorama articolato di insediamenti castellucciani dell'immediato retroterra licatese e ciò, forse, in virtù di una tradizione quale luogo sacro legato alle acque, funzione che certo riveste in epoca arcaica e classica, ma che per quella preistorica è solo ipotizzata. Analogamente la stazione castellucciana della Muculufa, in territorio di Butera, una cresta rocciosa a E del Salso, arretrata dalla sua foce circa 14 km in linea d'aria, secondo l'ipotesi dello scavatore (R. Holloway), avrebbe svolto la medesima funzione aggregante per i villaggi coevi disseminati lungo il bacino del Salso prima che esso abbia raggiunto la piana di Licata. Il sito - dopo le ricerche condotte, dal 1981, da parte della Soprintendenza di Agrigento con la collaborazione scientifica della Brown University - offre, allo stato attuale, la più completa e interessante testimonianza di stanziamento castellucciano a noi noto nel vasto comprensorio archeologico licatese, del quale si conoscono un villaggio su terrazze naturali (collegate, pare, da strade di cui si conservano tracce), un santuario e una necropoli. Sul fronte opposto, quello SO, il sito di Madre Chiesa a 10 km dalla città di L., sulle immediate pendici delle alture che chiudono a O la piana, documenta la presenza di un villaggio di capanne del Medio Bronzo afferente alla cultura di Thapsos (vasi dello stile di Thapsos, tra i quali un grande vaso lebetiforme e un contenitore a pìthos con collo a staffa di probabile imitazione micenea). La sequenza stratigrafica individuata nel corso delle ricerche condotte dal 1986 dimostra che il sito, occupato già a partire dalla Media Età del Rame, lo fu ancora nel Bronzo Antico, per essere abbandonato nel Bronzo Medio.
La documentazione archeologica non ha ancora definitivamente colmato il vuoto di conoscenze per l'epoca successiva al massimo fiorire degli stanziamenti preistorici del territorio licatese. È solo a partire dall'età arcaica che sporadici rinvenimenti dalla montagna di L. attestano su quelle alture una presenza che potrebbe essere riportata ai Geloi sulla via di Akragas, ma', è soprattutto dalla seconda metà del VI sec. a.C. che si vanno precisando i caratteri di una stabile presenza dell'elemento greco, presenza per la quale vale il richiamo al φρούριον Φαλάριδος, ancora in vita all'epoca di Agatocle, secondo la testimonianza offerta dal passo di Diodoro (XIX, 104,3 e 108, 110) in riferimento alla ormai celebre battaglia dell'Eknomos (311 a.C.).
Ancora non definitivamente risolto appare il problema della esatta identificazione del phrourion arcaico, probabilmente distinto da quello menzionato da Diodoro e una volta ricercato sulla estrema altura orientale di Monte Sant'Angelo da cui provengono sporadiche e non certe attestazioni per l'epoca arcaica; identificazione esclusa in forza delle conoscenze offerte dalla più recente ricerca archeologica. Tuttavia, benché in via ipotetica, alla luce della documentazione proveniente dal santuario ctonio di epoca arcaica e dalla necropoli, pure arcaica, di Contrada Mollarella, non distante dal Monte Polisela, e inoltre da una riconsiderazione degli elementi topografici e delle caratteristiche del sito lambito, sulla via del mare, da un ramo secondario del Salso-Himera, si è indotti a ricercare l'antico phrourion in tale settore, all'estremità occidentale della montagna, forse sull'altura della Poliscia, e a riconoscervi l'Eknomos altre volte richiamato dalle fonti quale teatro degli avvenimenti connessi con la prima guerra punica. Analogamente, è in relazione all'epoca arcaica e classica che si assiste a una rivitalizzazione dell'immediato retroterra licatese che vede il dispiegarsi di presenze greche lungo la cerchia di colline che delimitano la piana, da Monte Agrobona a Poggio Marcato Agnone a Portella di Corso.
In tale vasta area collinare il santuario campestre di natura ctonia in località Casalicchio, che occupa una posizione geograficamente centrale, potrebbe avere rivestito una funzione di aggregazione cultuale e religiosa per le popolazioni del vasto comprensorio territoriale. In vita dal VI al III sec. a.C., il santuario, con il grande edificio ellissoidale di epoca arcaica e classica e il successivo sacello, rientra in quella tipologia di santuari ctoni campestri in cui il primo elemento è costituito dalla qualitas locorum (rocce, anfratti, sorgenti), alla quale si accompagna la tipologia degli ex voto, comune a tutti i santuarî ctonî dell'isola, ma con un più stretto legame culturale con l'àmbito geloo e particolarmente agrigentino. Nel IV sec. il santuario si arricchisce di nuovi collegamenti e significati come esplicitato dalle terrecotte figurate del tipo dell’Artemis. Al IV sec. a.C. si data la serie di skỳphoi recante graffito il nome del dedicante (θεςταν μναμων, αρχερωδα mnamon).
Sulla montagna di L. la documentazione archeologica si fa più abbondante per l'epoca ellenistica. Di un phrourion, forse già in vita dal IV sec. a.C., rimangono le opere di fortificazione sull'altura di Monte Sole, la cima più alta della montagna. Scartata l'ipotesi che possa trattarsi del Phalàrion presso il quale Agatocle avrebbe stabilito il proprio accampamento nel quadro degli avvenimenti del 311 a.C., non si esclude che esso sia da connettere con gli sviluppi che in epoca successiva a quella arcaica possono aver determinato uno spostamento verso E della più antica fondazione falaridea ed essere identificato con quello ricordato in Diodoro (XIX, 108,1). Se si escludono alcune attestazioni incerte quanto a provenienza, come, per il V sec. a.C., la bella statua in marmo, forse Demetra, il Monte Sant'Angelo, estrema altura orientale della montagna, restituisce la documentazione più ampia della fondazione di Finziade che, come ricorda Diodoro, ebbe mura, agorà e templi. La città con le sue necropoli, estese sul versante settentrionale dell'altura, e le poderose istallazioni idrauliche (tra le quali il pozzo della Grangela e l'ipogeo dello Stagnone) costituisce un'interessante esemplificazione di impianto urbano ellenistico disposto su terrazze. Tra l'abbondante materiale archeologico proveniente dagli scavi dell'abitato si segnala la serie di stucchi architettonici dipinti che rivelano, talvolta, significative assonanze con quanto noto a Lilibeo, Solunto e Tindari, e documentano la floridezza e la vitalità del centro erede dell'antica Gela.
In età medievale la montagna appare interessata da innumerevoli insediamenti cristiani, come documenta l'interessante serie di chiese rupestri, spesso affrescate.
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