LICANTROPIA (dal gr. λύκος "lupo" e ἄνϑρωπος "uomo")
Delirio per il quale il malato (licantropo o "lupo mannaro" dal basso lat. lupus hominarius; fr. loup garou, ted. e ingl. Werwolf) si crede trasformato in lupo o in altra bestia feroce (nell'Asia in tigri, nell'Africa in iene, ecc.).
Oggi è estremamente raro e proprio soltanto di casi gravissimi di melancolia. Ma nell'antichità, nel Medioevo e fino al sec. XVII, durante le grandi epidemie di satanismo, i lupi mannari erano numerosi: spinti dal loro delirio fuggivano nei boschi, ove perivano d'inedia o venivano uccisi da contadini superstiziosi. Parecchi vennero arsi vivi. Della licantropia, come di una forma di stregoneria, si occuparono teologi come J. Bodin e il giudice H. Boguet, il quale, secondo Voltaire, si vantava di aver fatto morire più di 600 licantropi e demonolatri.
La credenza nel "lupo mannaro" è del resto molto diffusa anche oggi nel popolino. Secondo essa lupo mannaro si nasce (quando si è concepiti nella notte di S. Paolo ovvero dell'Annunziata; o si nasce nella notte di Natale, a mezzanotte in punto), oppure si diventa (per arte magica: v. fattura). In varî luoghi, la metamorfosi si ritiene conseguenza del "mal di luna": chi ne è affetto, nel plenilunio si precipita fuori di casa, urlando e rotolandosi per le vie. Per liberare un lupo mannaro dal suo destino, varie sono le operazioni: la principale è colpirlo a sangue in fronte, durante la manifestazione. Spesso provvede a ciò il padre o il compare; anzi, al bambino sospetto (p. es. perché nato nella notte di Natale), il padre, con un carbone acceso e durante tre notti nel periodo natalizio, fa una scottatura sulla collottola ovvero sotto la pianta dei piedi e in forma di croce. Le più orribili manifestazioni del lupo mannaro si crede avvengano nei crocicchi, specialmente nella notte della Natività.
J. A. MacCulloch, art. Lycanthropy, in Hastings, Encycl. of Relig. and Ethics, VIII, pp. 206-220; P. Sébillot, Le folklore, Parigi 1913; A. H. Krappe, Études de mith. et de folklore germ., Parigi 1928, p. 17.