RITUALI, LIBRI
. Costituivano la parte più estesa della etrusca disciplina (v. etruschi), che conteneva tutte le norme sacre relative ai varî atti della vita pubblica, soprattutto alla fondazione di città e di templi, alla ripartizione delle terre e all'ordinamento civile e militare. Nel loro complesso sembra che i libri rituali vadano ritenuti di origine locale, ma è stata posta in evidenza l'identità di certi criterî fondamentali con le prescrizioni dei Hittiti e dei Babilonesi. La volontà divina veniva interpretata attraverso ogni sorta di portenti (ostenta o prodigia), elencati, col relativo rituale, in una sezione apposita (libri ostentarii). Se ne fecero estratti per l'esercito (libri exercituales).
Alcune parti dei libri rituali erano dette più precisamente "libri fatali", altre "libri acherontici". I primi, con la dottrina sui secoli, riguardavano la durata della vita umana e dello stato, considerandone i casi in cui ritenevasi prorogabile, e pare che contemplassero anche concezioni cosmogoniche. Erano molto antichi e derivavano in parte da Veio. I secondi predicevano i destini delle anime dei defunti, ed erano, nella parte più antica, attribuiti a Tagete.
Secondo autorevoli etruscologi, sarebbero da vedere frammenti di tali libri in brani lintei trovati tra le fasce che avvolgevano una mummia (Zagabria, Museo Civico), risalenti all'epoca tolemaica: contengono 1500 parole e vi si notano certamente molti nomi di divinità; in alcune colonne sembra riportato il rito del lectisternium (Corp. Inscr. Etrusc., I, suppl.). Contenuto rituale sembra da attribuire anche al testo inciso a spirale sulle due facce di una lamina plumbea lenticolare da Magliano in Toscana (Firenze, Museo arch.: Corp. Inscr. Etrusc., I, 5237), del sec. VI a. C., dove pure ricorrono nomi di divinità, di anno e mese e di offerte e sacrifizî; e così alla tegola da S. Maria di Capua Vetere (Berlino, Staatl. Museen), del sec. V a. C., ma relativamente a un determinato defunto. Attinge forse a questo rituale etrusco anche un'epigrafe latino-falisca su urna cineraria del sec. VI a. C. (Corp. Inscr. Etrusc., I, 8079).
Verso la metà del sec. I a. C. i libri rituali furono tradotti in latino, come le restanti parti dell'etrusca disciplina; per quelle attribuite a Vegoe (libri vegonici) ci è attestato che erano conservate nel tempio di Apollo a Roma. Citazioni importanti dai libri rituali sono conservate negli antichi agrimensori e molte notizie sono sparse in varî autori latini. Di prognostici naturali trattavano i libri navali di Varrone.
Bibl.: H. de Barenton, Le texte étrusque de la Momie d'Agram, Parigi 1929; G. Herbig, in Sitzungsber. bayr. Ak. Wiss., 1923, p. i; B. Nogara, L'antica Etruria, Milano 1933; Fr. Ribezzo, in Riv. Indo Gr. It., XIII (1929), nn. 1-2; A. Trombetti, La lingua etrusca, Firenze 1928, p. 65 segg.