COCCETTI, Liborio
Figlio di Giovan Battista e di Maria Lucia Camerini, nacque a Foligno il 23 luglio 1739 (Foligno, Arch. capitolare, Reg. battesimi della cattedrale, n. 1281bis., B 183). Decoratore attivo nell'Umbria e nel Lazio, nelle sue prime opere umbre si esprime in un linguaggio che lo mostra pienamente partecipe della cultura rococò, con risultati notevoli per brio e per finezza, e manifesta, specialmente nei dipinti a soggetto storico, rapporti con la cultura romana della prima metà del Settecento, in modo particolare con Sebastiano Conca.
In data imprecisata si trasferì a Roma, dove il mecenatismo di papa Braschi gli procurò importanti commissioni; acquistò così notorietà presso l'aristocrazia romana. Dal 1779 fu tutto un susseguirsi di prestigiosi incarichi a Roma e nel Lazio, nei quali mostra un progressivo accostamento al gusto neoclassico; si può dire che non ci fu famiglia romana desiderosa di ammodernare la propria residenza di città o di campagna che non richiese la sua opera. Anche dopo il suo trasferimento, comunque, il C. mantenne relazioni con la sua terra d'origine, lavorando a Terni e Foligno.
Tra le poche notizie biografiche del C. va registrato che nel 1803 aveva fatto domanda di esportare una statua di Paride, otto tele "a guazzo" e "dodici quadretti di poco conto" (Roma, Bibl. dell'Ist. naz. di archeol. e storia dell'arte, Ms. Lanciani, 65, c. 30) e che due anni dopo veniva menzionato da A. Guattani (Memorie enciclopediche sulle belle arti..., II, Roma 1805, p. 148) tra i pittori di "decorazione". Dal 1809 egli fu ospite del principe Gabrielli nell'odierno palazzo Taverna a Roma alla cui decorazione lavorò con l'aiuto di V. Macci, G. B. Colombi e Carmazzi. Ancora vi lavorava, quando morì, a Roma, il 2 marzo 1816 (inventario dei suoi beni in Arch. di Stato di Roma, 30notai capitolini, off. 6, istrum. F. Fiammetta, ff. 420r-423r), dopo che fu, il 12 marzo, redatto il suo testamento (Ibid., ff. 408-409, 4342-4352).
Si dà qui di seguito l'elenco delle opere del C. in ordine cronologico.
Foligno, S. Eraclio: S. Marco in gloria (circa 1713), affresco; attribuibile con qualche dubbio date le estese ridipinture.
Giano dell'Umbria (Perugia), abbazia di S. Felice: Storie di s. Felice, decorazione del chiostro, affresco (Pittura del '600 e '700, 1976, pp. 50, 76 n. 96, ill. 43).
Spoleto, S. Domenico, cappella del Sacro Chiodo: due lunette (Angelo che indica il sacro chiodo, in precario stato di conservazione; Vescovo che risana il fabbro con il sacro chiodo, derivazione da S. Conca), quattro pennacchi (Profeti), quattro scomparti nella cupola, olio su muro (ibid., ill. 187-191).
Foligno, chiesa di S. Pietro: Madonna con Bambino e i ss. Pietro e Paolo (firmata e datata 1775), olio su tela: testimonia come l'artista fin dalla prima formazione fosse al corrente di fatti romani, quali il barocchetto di S. Conca e le riforme di Mengs. Unico ancoraggio alla cultura locale, qualche ricordo delle decorazioni folignati di G. N. Nasini.
Spoleto, pal. Benedetti di Montevecchio, piano nobile, decorazione del boudoir (comprendente anche gli infissi): Glorificazione del mecenatismo dei duchi Benedetti di Montevecchio; alla parete di fondo la dedica ai duchi, due sonetti di mano dell'artista e la sua firma (ibid., pp. 47, 75 n. 89, ill. 227 s., tav. XLIII); cappella, nella volta, l'Immacolata.
Spoleto, pal. Morelli, porte decorate con paesaggi pittoreschi (firm. e dat.), 1773-1775.
Subiaco, Rocca abbaziale, appartamento papale (1778-1779): i lavori furono ordinati da Pio VI, che era stato abate commendatario della città; come già in palazzo Montevecchio, l'artista realizzò la decorazione integrale degli ambienti, compresi gli infissi, oggi non totalmente conservata anche a causa dei restauri avvenuti sotto il pontificato di Pio IX, nel 1853. Scalone: volta decorata a monocromo. Prima sala: sul caminetto la data di inizio dei lavori, 1778 ("Pius sextus Pont. max. anno III"); alle pareti vedute dei paesi di Gerano, Cerreto, Trevi, Ienne, e due sovrapporte con vedute di Subiaco. Secondo sala: alle pareti vedute di Subiaco, Agosta, Affile, Ponza, Marano, e due sovrapporte con vedute di Subiaco; nel soffitto il triregno sorretto da angeli. Terza sala: alle pareti vedute dei castelli abbaziali della diocesi e due sovrapporte con vedute di Subiaco; nella volta finti stucchi con Angeli sorreggenti le insegne pontificie e, al centro il Ritratto di Pio VI (finto cammeo di Wedgwood). Quarta sala: alle pareti decorazioni a grottesche, in precario stato di conservazione; nella volta le Quattro parti del mondo con la Carità, la Fede, la Religione, la Speranza; al centro Trionfo di Pio VI. Quinta sala (del trono): al centro della volta stemma "animato" di papa Braschi circondato da gruppi allegorici; sotto il cornicione Storie del Vecchio Testamento, in finto stucco e ornamenti negli sguinci delle finestre. Camerino adiacente: nella volta, tra motivi neoclassici, medaglione con la iscrizione "Pius Sext. P. O. M.". Sesta sala (dell'alcova): è divisa in due settori e si conclude con due camerini (le cui decorazioni sono in cattive condizioni; spetta certamente al C. anche lo scrittoio laccato in verde pallido, come tutte le porte dell'appartamente purtroppo assai rovinato); nel primo settore, alle pareti, in basso, fregio con le Arti, nella volta, grottesche, le Quattro parti del mondo e al centro Trionfo di Pio VI; nel vano della finestra, Consegna delle chiavi,Gesù cammina sulle acque,Miracolo di s. Pietro; nel secondo settore, nella volta, Crocifissione di s. Pietro,Consegna delle chiavi,Gloria di santi,Discorso della montagna,Martirio di s. Andrea,S. Gregorio Magno serve il pasto ai poveri,S. Pio V. La settima sala (biblioteca) è stata completamente ridipinta al tempo di Pio IX: sembrano appartenere al C. il Baccanale nello sguincio della finestra e le tre porte. Appartamento Colonna: certamente il C. restaurò le decorazioni cinquecentesche del salone.
Subiaco, palazzo della Missione, sale al terzo piano (1778-1779 circa): anche questo lavoro fu ordinato da Pio VI. Prima sala: alle pareti, Storie bibliche; nella volta, nelle quattro lunette e negli infissi, motivi decorativi. Seconda sala: alle pareti, grottesche (assai guaste), al centro della volta Trionfo di Pio VI (?) (danneggiato) con Storie evangeliche; nelle lunette sottostanti Episodi del soggiorno di Pio VI a Subiaco. Terza sala: alle pareti e nelle lunette, Pio VI a Subiaco, nella volta Virtù cardinali, al centro la Religione; alle sovrapporte quattro Virtù di Pio VI.
Terni, duomo, catino absidale: La Trinità in gloria (1782), con estese ridipinture, affresco.
Roma, S. Pietro, sacrestia (1784): si avanza qui l'attribuzione della finissima decorazione a monocromo che riveste le pareti e le volte dei locali più importanti. A confortare l'ipotesi stanno non soltanto la commissione dei lavori voluta da papa Braschi, ma soprattutto la particolare grazia degli ornati ed il sensibile pittoricismo che li accomuna a molte altre imprese, di cui basti citare la volta della chiesa della Concezione a Roma. I locali decorati sono: la sacrestia comune (sulla mensa dello altare, in fondo, la data 1784), la sacrestia dei canonici (al centro della volta, stemma Braschi sorretto da angeli tubicini), la cappella annessa (alle pareti, candelabre), la sala capitolare (agli angoli della volta, stemmi Braschi).
Terni, palazzo Gazzoli: decorazioni sulle volte delle sale di Apollo e dell'Aurora.
Nemi, castello, appartamento al piano nobile (1784): il lavoro fu ordinato da Luigi Onesti Braschi, nipote di Pio VI. Anticamera: decorazione a festoni che riveste interamente il vano compresi gli infissi. Camerino: grisailles con scene di soggetto classico; nel soffitto, stemma Braschi. Prima sala: alle pareti, scene di vita militare sullo sfondo di luoghi nemorensi; le quattro porte sono immaginate come le aperture delle tende dipinte (il soffitto, rappresentante la Volta celeste, crollò nel 1959). Seconda sala: alle pareti Vedute di Nemi (in un riquadro, la data 1784); nel soffitto, scena mitologica. Terza sala: alle pareti e al centro, scene della mitologia classica; nelle lunette, decorazioni pompeiane. Quarta sala: Storie bibliche; in ovati, Pastori intorno al fuoco,Fanciulle al pozzo. Sala del trono: Natività.
Spoleto, duomo, cappella del Sacramento: L'idolo Dagon,L'Ultima Cena (1786 c.), con estese ridipinture (olio su tela).
Roma, palazzo Chigi, appartamento al terzo piano (in collaborazione con F. Giani; 1780-1786). Anticamera: negli sguinci delle finestre, decorazioni a grottesche; nel soffitto, due riquadri simili: al centro di ognuno un tondo con otto menadi intorno alla stella chigiana, fra scomparti con Storie di Bacco. Sala a destra dell'anticamera: fregio nel quarto stile e altri motivi decorativi (le figure sono del Giani). Terza sala: prospettive alle pareti e decorazione del soffitto (le vivaci figure di sacerdoti sono del Giani). Si propone qui l'attribuzione delle decorazioni al primo piano (cfr. Lefevre, 1972, p. 195).
Roma, palazzo della Consulta (1789), salone pompeiano: decorazioni delle pareti a vari motivi; prospettive nel quarto stile agli sguinci delle finestre; nelle candelabre agli angoli le scritte "Pius VI, anno XIV"; sopra le porte, i simboli araldici Braschi, su fondo scuro; anche la volta è del C., tranne l'ovale al centro. Le decorazioni, soprattutto alle pareti, appaiono appesantite da un restauro novecentesco. Questo è l'unico ambiente del palazzo che la letteratura gli riferisca; in realtà, l'opera del C. deve essere stata molto più vasta, anche se oggi non è recuperabile integralmente date le trasformazioni e i restauri degli ambienti. Gli spettano ancora, nella sala della Speranza, le decorazioni della volta (a monocromo, incornicianti quattro riquadri con figure mitologiche), tranne il riquadro centrale, e nella sala della Carità la decorazione della volta, che si svolge intorno ai riquadri con figure, di altra mano. Gli vanno ancora riferiti un finissimo caminetto in marmo e scagliola (ultima sala della segreteria dei Brevi) e tre porte a due battenti, dipinte nelle due facce (sala degli Arazzi).
Roma, palazzo Spada, piano nobile: sala delle Muse, le Nove Muse; sala di Diana, nel soffitto Diana sul cocchio; sala detta anticamera del Presidente, decorazioni pompeiane; sala delle Quattro Stagioni, nello zoccolo, nove storie mitologiche a grisaille (molto ridipinte); sala di Apollo, alle pareti, Paesaggi, e nella volta Apollo guida il carro del Sole,Apollo e Marsia,Apollo e Dafne.
Ariccia, palazzo Chigi, seconda sala dell'Orlando Furioso (in collaborazione con Giani e Cades, 1789-1790): fregio e riquadrature prospettiche intorno ai piccoli riquadri del Cades.
Roma, palazzo Braschi: la decorazione, che il C. iniziò nel 1791, interessa tutti e tre i piani del palazzo, ma le quattro sale al primo piano non possono essere attribuite con sicurezza. Secondo piano: sala ovale con decorazione egizia; sale di Proserpina, di Cefalo e Procri, di Orazio Coclite, di Dioniso e di Salomone; gabinetto etrusco (venne compiuto nell'anno 1805: Pietrangeli, p. 56); a destra della sala ovale, nella prima sala, quattro lunette; nella sala di Febo, al centro del soffitto Apollo guida il carro del Sole; nel gabinetto ovale, motivi orientaleggianti alle pareti e nella volta. Terzo piano: in gran parte delle sale la decorazione si limita al soffitto e al fregio sottostante; fra gli ambienti decorati anche sulle pareti, la sala ovale con Vedute di Nemi e della Campagna laziale; un'altra sala ovale (su via S. Pantaleo) con Baccanali; altri tre piccoli ambienti di passaggio (su via della Cuccagna) recano decorazioni nei soffitti.
Roma, chiesa della Concezione, decorazione della volta (1796): la letteratura riferisce al C. soltanto lo scomparto centrale (Assunzione e Incoronazione della Vergine), mentre gli spetta anche tutta la restante decorazione a monocromo, compresi i due ottagoni (l'Annunciata, l'Eterno incorona la Vergine), in cui è sensibile l'intervento degli aiuti.
Roma, palazzo di Spagna, appartamento al secondo piano: fu decorato dal Giani e dal C. (1806-1807: Faldi), ma l'intervento del C. è più esteso di quanto si ritiene. Gli spetta l'intera decorazione delle sale di Bacco e dei filosofi; in quest'ultima, nella finta architettura dorica sono tre Paesaggi con filosofi, mentre un quarto Paesaggio, nella parete della finestra, non ha figure. I paesaggi riconfermano la ripresa neoseicentesca; non più ispirati alla pittura contemporanea come quelli di Subiaco, si riallacciano a modelli antichi: Grimaldi, Domenichino, e, alla lontana, Claude. Le altre sale del piano furono decorate quasi per intero dal Giani, e la presenza del C. non è sempre facilmente precisabile, anche perché non si conosce l'esatta divisione dei compiti fra i due artisti e i loro aiutanti. Si può, con estrema schematizzazione affermare che il C. eseguì le parti più meramente decorative e il Giani le scene con figure. La critica ha attribuito al C., nella sala di Selene, il fregio con Danzatrici sulle pareti in alto ispirato ai modi di Perin del Vaga, ma gli spettano anche, nel soffitto, i due monocromi a fondo blu con Figure mitologiche. Nella sala del Trionfo della pace gli spettano le otto decorazioni agli angoli delle pareti (le figure di danzatrici al centro dei riquadri sembrano piuttosto del Giani o di qualche suo allievo), e forse gli ornati vegetali del soffitto (va notato che gli orientamenti dei due artisti in questa sala appaiono non solo diversi ma addirittura contrastanti). Nella sala dei Legislatori sono del C. le otto decorazioni agli angoli delle pareti e molto probabilmente il fregio in alto. Al piano nobile esistono altri tre ambienti, che si possono anche riferire al C., decorati solamente nei soffitti, di cui si dà notizia per la prima volta. Con qualche dubbio, date le estese ridipinture, gli si possono attribuire la sala di Giove (nel soffitto in due tondi Giove ed Ebe,Giove e Giunone) e la sala di Venere (al centro della volta Venere; intorno, entro tondi, Vulcano,Minerva,Plutone,Giunone,Nettuno,Venere). Sicuramente sua, ed una delle più ricche e felici realizzazioni, la sala dell'Orlando Furioso: al centro del soffitto Rinaldo e Armida; intorno, sei scene relative al poema, incorniciate da grottesche.
Roma, palazzo Taverna (già Gabrielli): lavori eseguiti con aiuti fra il 1809 e il '16. Ala degli Orsini di Pitigliano: prima sala, alle pareti e nella volta i consueti motivi floreali (non accurati come al solito, denunciano la presenza degli aiuti) incornicianti i medaglioni; salone, alle pareti le Nove Muse, nel soffitto Apollo e Marsia,Orfeo agli Inferi. Le quattro sale seguenti recano al centro della volta dipinti di Andrea Giorgini, e l'intervento del C. è limitato alla restante decorazione del soffitto e delle pareti: sala di Ocresia; sala di Silla (nella parete a destra, iscrizione con la firma dell'artista, la dedica al principe Gabrielli e la data 1810); sala di Camilla (nel riquadro con Opi che saetta Arunte, la firma dell'autore e la data 1809); sala di Mario (la più ricca della serie). Sala di s. Pietro (dell'alcova): alle pareti e al soffitto, fatti dell'Antico Testamento; nel soffitto dell'alcova, Trinità in gloria. Nel corridoio (che inizia dal salone), motivi pompeiani. Sala di Lucrezia: alle pareti, motivi decorativi di putti con festoni; al centro del soffitto, tondo datato 1808, probabilmente del Giorgini, e intorno varie decorazioni del Coccetti. Ala degli Orsini di Bracciano: primo piano, sala del Cavallo di Troia, decorazioni delle pareti e del soffitto eseguite con largo intervento di aiuti (cfr. La surprise du Palais Taverna..., in Connaissance des arts, 1966, n. 177, pp. 112-117).
Ginevra, Musée d'Art et d'Histoire (inv. n. 1938-12/256): Pannello decorativo (tempera su tela). L'attribuzione (M. Natale, Peintures italiennes du XIVe au XVIIIe siècle [catal.], Genève 1979, p. 33 n. 39) è senz'altro da confermare, per il carattere elegante e minuzioso dell'ornato, che trova stretto riscontro con altre opere sicure, ad esempio la decorazione della sala d'Apollo in palazzo Spada a Roma.
Quattro disegni con riquadrature architettoniche, progetto per la decorazione di un ambiente del palazzo Chigi ad Ariccia, sono conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana (mss., Archivio Chigi,Ariccia, nn. 70-73). Gli va senz'altro attribuito un altro disegno, il cui soggetto è da identificare con il Ratto di Elena, nel Museo di Filadelfia (1978-70-240) proveniente dalla collezione di Anthony Clark, che glielo aveva riferito dubitativamente.
Sono andate disperse le seguenti opere: Foligno, porta Todi, affresco nel sottarco (la porta è stata demolita). Subiaco, concattedrale di S. Andrea: la decorazione all'interno, commessa da Pio VI, fu distrutta nel bombardamento del 1944 (la letteratura ricorda anche una tela del C.: Madonna e i ss. Rocco e Pietro eremita, oggi non più rintracciabile). Roma, villa Gabrielli, già esistente sul Gianicolo, demolita per far posto all'attuale Collegio de Propaganda Fide. Spoleto, palazzo Leti oggi Consorzio della Bonifica umbra: sala rivestita di tempere, alienate nel 1959 (Pittura del '600 e '700..., 1976, p. 75 p. 87). Spoleto, palazzo Montevecchio: bozzetti delle due lunette della cappella del Sacro Chiodo in S. Domenico a Spoleto (ibid., 1976, p. 75 n. 88).
L'adesione del C. ai modi del neoclassicismo avvenne per gradi: ancora timida nei lavori di Subiaco, divenne più decisa in quelli successivi, soprattutto a palazzo Gabrielli a Roma. Ma l'iniziale formazione rococò, mai completamente dimenticata, impedirà al C. di far proprie, al di là delle formule, le ragioni ideali del neoclassicismo. Se quindi, coerentemente con l'evolversi dei tempi, le capricciose chinoiseries di palazzo Montevecchio a Spoleto faranno posto agli eroi del mito e della storia antica, il suo stile inseguirà sempre l'ideale di una grazia decorativa che è il suo unico credo artistico. È evidente perciò che il C. non poté provare interesse per alcuni fatti rivoluzionari della cultura del suo tempo; la problematica politico-morale posta dal Giuramento davidiano, ad esempio, lo lascia indifferente. Entro questi limiti alcune sue opere riescono veri capolavori, in cui le componenti della sua cultura (logge di Raffaello, classicismo seicentesco, barocchetto romano, repertori decorativi neoclassici) attenuano ognuna le proprie peculiarità per coesistere in un elegante equilibrio, con un risultato senz'altro "classico", ma di timbro arcadico, e perciò distante sia dalle impennate neomanieristiche del Giani, sia dai fermenti protoromantici del Cades. Caratteristiche in questo senso le decorazioni della rocca sublacense, che l'attuale squallido abbandono non impedisce di apprezzare; ambienti ornati fin negli infissi e nell'arredo e arricchiti talvolta da garbati inserti paesaggistici aggiornati sulla pittura romana di quel genere: Pannini, Anesi, Hubert Robert. Ugualmente felice è anche in palazzo Spada a Roma la sala di Apollo, coerente e freschissima, arricchita da tenui paesaggi. Meno convincente la sua ultima impresa, la decorazione di palazzo Gabrielli, che segna una sterzata in senso neoclassico più intenzionale che effettiva. Non bastano i soggetti tratti dalla storia antica, né il razionale disporsi della narrazione su tre ordini: il correre geometrico delle cornici è ancora interrotto dalle estrose, sensuali arpiette che comparivano nei boudoirs di palazzo Montevecchio, e lo ingentiliscono esilissime ghirlande di gusto inequivocabilmente Luigi XVI.
Fonti e Bibl.: I. Faldi, Opere romane di F. Giani, in Boll. d'arte, XXXVII (1952), pp. 234-246; C. Pietrangeli, Palazzo Braschi, Roma 1958, pp. 52-56 passim; P. Pecchiai, Palazzo Taverna a Monte Giordano, Firenze 1963, pp. 30 s., 65-69; R. Lefevre, Palazzo Chigi, Roma 1972, pp. 185-187; I. Caronti, La Rocca abbaziale di Subiaco, in Rassegna del Lazio, XIII (1966), 1012, pp. 35-56; P. Bodino, L. C. e la decoraz. tra rococò e neoclassicismo, tesi di laurea, univ. degli studi di Roma, facoltà dimagistero, istituto di storiadell'arte, anno acc. 1971-72; L. Neppi, Palazzo Spada, Roma 1975, p. 216; V. Casale-G. Falcidia-F. Pansecchi-B. Toscano, Pittura del '600 e '700. Ricerche,in Umbria, I, Treviso 1976, ad Indices; L. Barroero-V. Casale-G. Falcidia-F. Pansecchi-B. Toscano, Pittura del '600 e '700. Ricerche in Umbria, II, ibid. 1991, ad Indices.