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libito

di Antonio Lanci - Enciclopedia Dantesca (1970)
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libito

Antonio Lanci

Dal latino libitum, " ciò che piace "; ricorre due volte nella Commedia: If V 56 [Semiramide] A vizio di lussuria fu sì rotta, / che libito fé licito in sua legge, cioè " dichiarò lecito, permesso dalla legge, ciò che a ciascuno piacesse " (Sapegno).

Il contrasto fra libito e licito era già in Paolo Orosio, fonte di d. (Hist. I IV 8 " quod cuique libitum esset liberum [ var. licitum] fieret "), ma il poeta l'ha reso molto più significativo rafforzando la paronomasia attraverso un più stretto accostamento dei due termini e collocandoli nel verso in modo che ricevessero entrambi l'accento (l'uno secondario e l'altro principale) sulla prima sillaba. Cfr. anche Pd XXXI 42 tra esso [lo stupore] e'l gaudio mi facea / libito non udire e starmi muto, cioè " mi faceva piacere ".

Vocabolario
lìbito
libito lìbito s. m. [dal lat. libĭtum, part. pass. neutro di libere «piacere»], letter. – Ciò che piace; voglia, piacere, arbitrio: A vizio di lussuria fu sì rotta, Che libito fe’ licito in sua legge (Dante). Locuz. avv. a libito, a piacere,...
libaménto
libamento libaménto s. m. [dal lat. libamentum], raro. – Ciò che si offre agli dei nelle libagioni, e la libagione stessa: fatti a Nettuno e agli altri numi I libamenti (Pindemonte).
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