Libia
Stato dell’Africa settentrionale. In epoca medievale, il territorio dell’attuale L. apparteneva in gran parte alla regione storica nota come Ifriqiya, mentre il nome Lubiya, modellato sul latino, non aveva un preciso riferimento geografico.
Sottoposta al dominio ottomano dalla metà del 16° sec. ca., la Tripolitania e la Cirenaica erano state annesse dall’Italia in seguito alla guerra italo-turca (1911-12). L’occupazione italiana giunse fino al Fezzan nel 1913, ma nella Prima guerra mondiale fu respinta dalla guerriglia locale sulla zona costiera. Ripresa dal 1922, la penetrazione militare italiana si scontrò, soprattutto in Cirenaica, con la confraternita Sanusiyya guidata da Omar al-Mukhtar. Solo dopo la deportazione di massa della popolazione del Gebel, base attiva della resistenza, gli italiani, guidati da P. Badoglio, governatore per la Tripolitania e la Cirenaica, sconfissero le forze arabo-berbere e catturarono al-Mukhtar (1931), che fu condannato all’impiccagione. Nel 1934 i territori libici furono riuniti in un governatorato generale guidato da I. Balbo e nel 1939 la zona costiera, divisa nelle province di Tripoli, Misurata, Bengasi e Derna, entrò a far parte del territorio metropolitano. La realizzazione di infrastrutture fu accompagnata dal trasferimento massiccio di coloni italiani; le proprietà terriere della popolazione libica furono ripetutamente espropriate e l’assetto economico della regione fu alterato dall’adozione di nuove colture e dall’interruzione forzata degli scambi con la popolazione egiziana. Nel corso della Seconda guerra mondiale, Tripolitania e Cirenaica furono occupate dalla Gran Bretagna e il Fezzan dalla Francia. Nel 1949, dopo il rifiuto del cd. piano Bevin-Sforza (che prevedeva un’amministrazione fiduciaria italiana in Tripolitana, inglese in Cirenaica e francese in Fezzan), l’ONU indicò il 1° genn. 1952 come data della futura indipendenza libica.
Il regno libico nacque nel 1951 come Stato federale, composto dall’unione dei territori della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan. Promulgata la Costituzione nell’ott. 1951, Muhammad Idris al-Sanusi, emiro di Cirenaica e Tripolitania designato re dall’Assemblea nazionale, proclamò l’indipendenza del regno unito di Libia. All’indomani delle prime elezioni per il Parlamento federale (1952), i partiti furono messi al bando. La collocazione internazionale del nuovo Stato, entrato nella Lega araba nel 1953 e nell’ONU nel 1955, fu condizionata dalla debolezza economica e dai legami con le potenze occidentali, soprattutto Gran Bretagna e USA, che si erano impegnati, in cambio della concessione di basi militari, all’erogazione di aiuti economici e all’assistenza militare. La scoperta di giacimenti petroliferi, nella seconda metà degli anni Cinquanta, modificò profondamente le prospettive economiche della L., sia pure a lungo termine, rafforzando allo stesso tempo i vincoli con l’Occidente (lo sfruttamento dei giacimenti fu affidato a compagnie occidentali). Nel 1963 fu abolita la forma di governo federale e stabilito uno Stato unitario. Il conservatorismo interno e la politica estera filoccidentale suscitarono nel Paese un diffuso malcontento che rese possibile il rovesciamento incruento della monarchia e la proclamazione della Repubblica araba di Libia il 1° sett. 1969.
All’interno del nuovo regime, di composizione militare, emerse come leader il colonnello M. Gheddafi (al-Qadhdhafi); Idris al-Sanusi andò in esilio in Egitto. Nel 1970 Gheddafi assunse la guida del governo e nel 1971 fu costituita l’Unione socialista araba, unico partito legale. Alla proclamazione del socialismo islamico, quale idea guida del nuovo regime, fece seguito l’equidistanza fra i due blocchi a livello internazionale. Fu rafforzata la presenza dello Stato nell’economia, in particolare nei settori bancario, petrolifero (nazionalizzato nel 1973) e commerciale. Vennero aperti negoziati con USA e Gran Bretagna per una rapida restituzione delle loro basi militari e furono espropriati i beni degli ebrei e degli italiani residenti in L., che abbandonarono quasi completamente il Paese. L’ideale panarabo fu a lungo perseguito dalla L., che ripetutamente si impegnò in progetti federativi con altri Stati arabi, che non superarono però le fasi preliminari. L’attività dispiegata sul piano regionale portò a tensioni con il Marocco e il Sudan (1971), cui fece seguito, con la rivendicazione e l’occupazione della striscia di Aozou (1973), durata fino al 1994, il coinvolgimento nella guerra civile in Ciad.
Una nuova Costituzione, nel 1977, in base a cui fu proclamata la Jumahiriyah («Stato delle masse») araba libica socialista popolare, mutò sostanzialmente l’assetto ideologico e gli ordinamenti della L., dove fu formalmente instaurato un sistema di governo ispirato alla democrazia diretta; in realtà il potere rimase concentrato nelle mani di Gheddafi, che nel 1979 assunse il ruolo di leader della rivoluzione. I primi anni della Jumahiriyah videro ulteriori riforme di impronta socialista delle strutture economiche e, alla radicalizzazione ideologica del regime, fece seguito un irrigidimento repressivo sul piano interno. La politica estera, improntata a un nazionalismo arabo fortemente antisraeliano e antioccidentale, fu orientata inoltre all’appoggio a movimenti di liberazione nazionale. I rapporti con l’Egitto, già molto tesi dal 1973, si deteriorarono fino alla rottura delle relazioni diplomatiche nel 1979, in seguito alla firma della pace fra Egitto e Israele. Ripetute tensioni con altri Paesi arabi, così come con la dirigenza dell’OLP, caratterizzarono i rapporti regionali. Il rafforzamento delle relazioni con i Paesi del blocco comunista fece seguito al peggioramento dei rapporti con gli USA e con altri Paesi occidentali, che accusarono la L. di essere coinvolta in episodi di terrorismo internazionale. Il crescente isolamento internazionale aggravò le difficoltà economiche della L., legate al calo delle esportazioni petrolifere, e alla fine del decennio, accanto ad alcune misure di liberalizzazione del regime, fu avviata una politica economica di parziale riapertura all’iniziativa privata. Nel 1992 nuove accuse di coinvolgimento in atti di terrorismo internazionale (in particolare alla L. fu attribuita la responsabilità dell’attentato in seguito al quale nel 1988 un aereo americano esplose e si schiantò sulla cittadina scozzese di Lockerbie provocando la morte di 270 persone) spinsero il Consiglio di sicurezza dell’ONU a varare l’embargo contro la Libia. La crisi economica degli ultimi anni Novanta favorì la crescita dei gruppi fondamentalisti islamici, a fronte della quale il regime adottò una politica repressiva alternata a misure conciliatorie e di islamizzazione della società, in virtù di una più stretta applicazione di provvedimenti ispirati alla shari‛a. Rimasero comunque difficili i rapporti con l’élite religiosa tradizionale, che rivendicava un maggior controllo sulla vita religiosa del Paese. Dopo gli attentati dell’11 sett. 2001 a New York e Washington, Gheddafi ha attuato una svolta tesa a far uscire la L. dall’isolamento internazionale. Sottolineata la propria opposizione al terrorismo di matrice islamica, Tripoli ha ripreso i colloqui con gli USA e altri Paesi occidentali. Passi successivi sono stati nel 2003 la rinuncia a condannare l’invasione dell’Iraq, il riconoscimento delle proprie responsabilità in atti terroristici internazionali e l’annuncio dell’abbandono di ogni piano per la costruzione di armi di distruzione di massa. Ciò ha condotto alla revoca delle sanzioni internazionali e alla ripresa dei rapporti politici ed economici con l’Occidente. Con l’Italia la L. ha firmato a Bengasi nel 2008 un trattato con il quale, in cambio del rafforzamento degli scambi commerciali e della lotta all’immigrazione clandestina, ha ottenuto l’impegno alla costruzione di infrastrutture come risarcimento del periodo coloniale.