Libia
Indipendente dal 1951, la L. ha dovuto attendere circa un ventennio perché si affermasse una propria cinematografia, che tuttavia, a causa degli scarsi mezzi tecnici e della mancanza di strutture produttive, non ha avuto un'effettiva continuità di crescita. Durante i lunghi anni dell'occupazione italiana, infatti, il cinema libico aveva subito le conseguenze della politica culturale dell'Italia che, totalmente disinteressata agli sviluppi del cinema locale, diffondeva nel Paese la propria programmazione. In seguito, l'isolamento economico e politico a cui è stata sottoposta la L. a causa dell'embargo internazionale, attuato a partire dal 1992 per isolare il suo leader, il colonnello Gheddafi, ha inevitabilmente influito sull'evoluzione del cinema nazionale, che ancora all'inizio del 21° sec. resta contrassegnato dalla tematica ricorrente della lotta contro l'invasione straniera. È a partire dagli anni Sessanta che sono stati prodotti i primi documentari per illustrare alcuni momenti della lotta al dominio coloniale, ai quali si sono poi affiancati alcuni lungometraggi di finzione. Nel 1971 è stata istituita la Direzione della produzione cinematografica e nel 1973 è nato l'Organismo generale del cinema con il compito di controllare le sale e diffondere i film esteri, ma anche dotato di impianti per produrre opere nazionali e un cinegiornale.Tra i pionieri del cinema libico si sono segnalati: Ahmad Attukhi (conosciuto anche come El Toukhi) (Intifāḍat ša῾b, 1970, La rivolta di un popolo), al-Hadi Rashid (al-Bayt al-ğadīd, 1970, La nuova casa; No!, 1985), Abdallah Rezzoug (Quand le destin devient cruel, 1972), Yusuf Sha῾ban (al-Ṭarīq, 1973, La strada). Tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta sono stati realizzati due dei film libici più importanti, e cioè Ma῾rakat Taġrifit (1979, La battaglia di Taghrifit) di Khalid Mustafa (conosciuto anche come Khaled Khachim) e Mahmud Ayad Dariza (conosciuto anche come Mohamed Ayad Driza), che rievoca un episodio della lotta al colonialismo italiano, e al-Šaẓiyya (1984, La scheggia) di Muhammad Ali al-Firjani (conosciuto anche come al-Farjani), primo film realizzato completamente in L., girato con cast tecnico e artistico locale. Il film, tratto dall'omonimo racconto dello scrittore libico I. al-Kawnī, narra la storia di due uomini che attraversano il deserto disseminato di mine rimaste inesplose dalla Seconda guerra mondiale. Negli anni Novanta è emerso Abdu Allah al-Zarruk con due lavori fortemente visionari: Ma῾zūfat al-maṭar (1992, La melodia della pioggia), ritratto di una ricca donna borghese e di un intellettuale senza soldi, e Avis aux personnes concernées (1993), nel quale sono analizzati conflitti familiari e sociali. Un contributo rilevante proviene da Mohamed Mesmari (La chaise, 1997) e Salah Eddine Gueder (Le comportement du tiers du corps, 1998), autori di due cortometraggi entrambi caratterizzati da un elemento politico-surreale. Infine, un altro regista da segnalare è Mustafa al-Aqqad, di origine siriana, che accanto al film sulle origini dell'Islam, al-Risāla (1975, Il messaggio), ha realizzato il kolossal internazionale ῾Umar al-Muh̠tār: al-Ṣah̠rā᾽ ‒ Omar Mukhtar: Lion of the desert (1980) con Anthony Quinn protagonista. Il film, che non è mai stato distribuito in Italia, racconta le vicende di ῾Umar al-Muh̠tār, capo della resistenza libica in lotta contro la penetrazione militare italiana.
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