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LIBERTO

di Vincenzo ARANGIO-RUIZ - Enciclopedia Italiana (1934)
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LIBERTO o libertino

Vincenzo ARANGIO-RUIZ

È, a Roma, colui che, essendo stato in legittima schiavitù, è poi divenuto libero: ciò avviene, di solito, per un negozio giuridico di cui il padrone è parte (manomissione), ma talvolta, durante l'impero, anche per sentenza del magistrato su ricorso dello schiavo. Nella terminologia rigorosa dei giuristi, lo Status delle persone suddette è espresso dalla parola libertinus, il cui contrapposto è ingenuus (nato libero), mentre libertus indica la situazione del libertino in confronto al suo antico padrone (patronus); ma nel linguaggio comune i termini si scambiano; anzi talvolta libertus sta per libertinus, e libertinus è detto il figlio del manomesso.

Secondo una regola che è di tutto il mondo antico, il liberto di un cittadino è anch'egli cittadino; porta il nome gentilizio del patrono, preceduto da un prenome e seguito dalle parole Publii (o Gaii, ecc.) libertus; talvolta un soprannome distingue tutta la stirpe di un liberto dalla nobile prosapia del patrono. Il liberto soffre però molte limitazioni nella capacità, sia nel diritto pubblico sia nel privato, e norme speciali regolano i suoi rapporti col patrono.

L'esclusione dei libertini e dei loro figli dalle magistrature, vigente per tutta l'età repubblicana e, propriamente parlando, anche nell'impero, si accompagna a una limitazione del diritto elettorale. È perfino incerto se i libertini e i loro figli fossero ammessi ai primitivi comizî curiati e poi ai centuriati; ma certo nei comizî tributi il loro peso elettorale fu ridotto al minimo mediante l'esclusione dalle tribù rustiche, con che potevano determinare al più il voto di 4 tribù (le urbane) su 35. Tuttavia, dopo che nel 241 a. C. (quando cioè le conquiste di oltremare e le grandi retate servili cominciavano a rendere imponente la massa dei libertini) il comizio centuriato fu oggetto di una riforma diretta a coordinarlo con l'ordinamento delle tribù (v. centuria), la situazione dei liberti finì per essere eguale in entrambe le assemblee. Solo a partire da Augusto si conta anche sui libertini, elementi attivi e produttivi, per l'equilibrio delle forze politiche: nei municipî i libertini agiati concorrono per larga parte alla formazione della classe dirigente, e nella gerarchia dei funzionarî imperiali i liberti del principe occupano generalmente tutte le cariche che non sono riservate ai cavalieri: non solamente gl'impieghi d'ordine delle varie segreterie e amministrazioni finanziarie, ma anche la direzione di servizî pubblici minori, entro il grado di procurator. Gli imperatori crearono, del resto, istituti capaci di eliminare a vantaggio di persone determinate le conseguenze giuridiche della libertinità (restitutio natalium, ius aureorum anulorum; v. ingenuo).

Nel campo del diritto privato, la limitazione riguarda soprattutto il matrimonio che fra ingenui e libertirii non era ammesso in età repubblicana: Augusto limitò il divieto alle nozze con persone della classe senatoria. Pare invece che non esistesse un divieto legale di adottare (o arrogare) un libertino; ma i giuristi ritenevano che rientrasse nel potere discrezionale del magistrato di rifiutare la sua collaborazione ad atti del genere.

Fra liberto e patrono è dovuto da un lato l'obsequium, dall'altro la protezione. In fatto, il liberto continua di sovente a far parte del servidorame, oppure è contabile, institore, procuratore. Il diritto accorda qualche protezione al concubinato fra patrono e liberta, e in caso di matrimonio vieta le seconde nozze alla liberta che abbia dato causa al divorzio; impedisce, tranne per speciale autorizzazione, la in ius vocatio del patrono per parte del liberto; rende revocabili, per mutate condizioni economiche o per sopravvenienza di figli, le donazioni del patrono al liberto; ammette la revocatio in servitutem propter ingratitudinem; stabilisce che una condanna pecuniaria del liberto verso il patrono e viceversa sia sopportata nei soli limiti dell'attività patrimoniale (beneficium competentiae).

I patroni usavano anche farsi promettere, mediante giuramento prestato prima della manomissione e ripetuto subito dopo, le più varie prestazioni: nell'ultimo secolo della repubblica il pretore pose dei limiti, consentendo solamente che il liberto promettesse un certo numero annuo di giornate di lavoro (operae) o una certa quota dei futuri guadagni (admittere in societatem). Il patrono e i suoi figli hanno diritto, anche contro il testamento, a una quota dell'eredità del liberto (di solito la metà), e alla successione legittima sono chiamati in toto se il liberto non lascia figli.

Nell'epoca imperiale, la restitutio natalium cancella anche i diritti di patronato, mentre il ius aureorum anulorum li lascia intatti.

Dopo la legislazione augustea sulle manomissioni, la libertà pur essere anche scompagnata dalla cittadinanza. Per la legge Giunia Norbana i manomessi senza forma solenne (cioè ad mensam, per epistolam, inter amicos), per la legge Aelia Sentia i manomessi minori di 30 anni o da padroni minori di 20, sono latini (iuniani o aeliani): situazione che spesso è transitoria (divengono cittadini allevando un figlio fino ai 5 anni, o impiantando un forno, o comprando un terreno, ecc.), ma che, se perdura, impedisce di fare testamento, sicché alla morte ogni guadagno ricade al patrono come quello di un servo. La stessa legge Aelia Sentia metteva nella condizione di dediticii quei libertini che durante la schiavitù avessero subito pene infamanti.

Bibl.: E. Albertario, Sul diritto dell'erede estraneo alle opere dei liberti, in Filangieri, 1910; id., Sui negozi giuridici compiuti dal liberto onerandae libertatis causa, in Rend. Ist. lomb., LXI (1928), p. 509 segg.; V. Arangio-Ruiz, Istituzioni di diritto rom., 2ª ed., Napoli 1927, p. 447 seg.; G. Beseler, Adrogatio libertinorum, in Zeitschr. d. Savigny-Stiftung, XLV (1925), p. 211 seg.; B. Biondi, Iudicium operarum, Perugia 1913; P. Bonfante, Corso di dir. rom., I: Dir. di famiglia, Roma 1925, p. 172 segg.; W. Buckland, The Roman law of slavery, Oxford 1909; B. Kübler, Ingenuus, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IX, 1916, p. 1544 segg.; P. F. Girard e F. Senn, Manuel élémentaire de dr. rom., 8ª ed., Parigi 1929, p. 129 segg.; Ch. Lécrivain, Liberti, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, VI, 1926, p.1200 segg.; Th. Mommsen, Droit public romain (trad. Girard), VI, ii, Parigi 1895, p. 1 segg.; S. Perozzi, Istituzioni di diritto rom., 2ª ed., Firenze 1928, I, p. 273 segg.; A. Steinwenter, Libertini, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII, 1926, col. 104 segg.

Vedi anche
municipium Nell’età repubblicana (dalla metà del 4° sec. a.C.), la città assoggettata a Roma e sottoposta a oneri (munus capĕre). Con la sottomissione il municipium perdeva la propria sovranità, senza partecipazione ai diritti politici di Roma (sine suffragio). Si distingueva: a) dalle comunità annesse in condizioni ... manomissione (o manumissione) Nell’antica Roma, atto con il quale il dominus (padrone) proclamava libero il suo schiavo, rinunciando alla potestà o manus che aveva su di lui e facendogli acquistare la libertà e la cittadinanza, con gli annessi diritti civili e politici. Tali effetti si perfezionavano, fin dall’età ... schiavitù schiavitù Condizione propria di chi è giuridicamente considerato come proprietà privata e quindi privo di ogni diritto umano e completamente soggetto alla volontà e all’arbitrio del legittimo proprietario. antropologia Da un punto di vista antropologico, la schiavitu è istituzione presente in numerose ... Roma Città del Lazio, capitale della Repubblica Italiana; capoluogo di regione e di provincia (Comune di 1307,7 km2 con 2.718.768 ab. nel 2008). ● Il problema dell’etimologia del nome di Roma si era presentato già alla mente degli antichi, ma le soluzioni da essi offerte non reggono alla critica scientifica. ...
Altri risultati per LIBERTO
  • liberto
    Dizionario di Storia (2010)
    Nell’antica Roma, denominazione e status giuridico attribuiti allo schiavo cui, attraverso il procedimento giuridico della manumissio, il padrone (e, in età imperiale, anche un magistrato dietro specifica sentenza) concedeva la libertà. Pur divenendo libero e cittadino, il l. non godeva della stessa ...
Vocabolario
libèrto
liberto libèrto s. m. (f. -a) [dal lat. libertus, der. di liber «libero»]. – Nell’antica Roma, chi, per atto del proprio padrone (o, durante l’Impero, per sentenza del magistrato), veniva affrancato, mediante manomissione, dalla schiavitù,...
libertà
liberta libertà (ant. libertate e libertade) s. f. [dal lat. libertas -atis]. – 1. a. L’esser libero, lo stato di chi è libero: amo la mia l.; non posso rinunciare alla mia l.; L. va cercando, ch’è sì cara, Come sa chi per lei vita rifiuta...
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