LIBER-PATER (o semplicemente libeer)
Divinità romana che spesso si confonde con Bacco.
Nonostante la più antica testimonianza epigrafica in lingua latina del suo nome (un cippo di Pesaro), risalga probabilmente al II sec. a. C., la sua apparizione nel Lazio è certo anteriore, perché sappiamo che già agli inizî del V sec. L.-P. e la sua paredra Libera erano uniti a Cerere in una triade alla quale fu elevato un tempio sull'Aventino. In loro onore fu istituita la festa dei Liberalia celebrata il 17 maggio. L. era in origine un dio di carattere agreste, considerato protettore della fecondità, e Varrone ha descritto le processioni destinate al suo culto che si tenevano a Lavinium. Era il dio della virilità ed anche, a causa del suo nome, della libertà. Divinità della vegetazione, fu ben presto assimilato, forse sin dal VI sec. a. C., al Dioniso ellenico e fu considerato il dio del vino. È per questa ragione che nell'arte romana L.-P. è sempre rappresentato sotto l'aspetto di Dioniso (v.), con le sue caratteristiche fisiche, i suoi attributi ed i suoi compagni, sia nella scultura che nella pittura. Se non c'è il suo nome scritto o inciso, è impossibile definire se si tratti del dio greco o del dio latino. Il culto di L.-P. si diffuse in tutta l'Italia e nelle province di lingua latina, soprattutto nelle province danubiane e nell'Africa settentrionale romana, dove si sostituì alle divinità locali. Una rappresentazione di carattere provinciale di L.-P. ci mostra come si sia trasformato nel Il sec. d. C. il tipo greco di Dioniso: si tratta d'una dedica a Liber Augustus che porta la data consolare del 176 e che si trova nelle vicinanze di Parenzo. Nel centro appare, in una specie di nicchia circondata da foglie di edera, un busto di Dioniso in bassorilievo, visto di fronte, con la testa ornata di pampini, la nébride trattata come un paludamento; nel campo dell'iscrizione si vede verso sinistra il tirso e sopra la pantera. Gli stessi episodi della leggenda dionisiaca sono designati semplicemente con i nomi latini, come nella tomba di P. Aelius Maximus nell'Isola Sacra (presso Ostia), dove stucchi dipinti, oggi purtroppo scoloriti, rappresentano l'infanzia di Bacco, e dove si poteva leggere liber pater consacratus sotto l'immagine del giovane dio a cavallo d'una pantera, affiancato da un sileno e da un satiro. Nella provincia danubiana, dalla Dalmazia sino alla Dacia, come nella colonia di Filippi in Macedonia, L.-P. ha sempre goduto d'un particolare favore, attestato da numerose consacrazioni, ma è spesso accompagnato da una paredra alla quale è stato dato il nome antico di Libera. In realtà si tratta d'una coppia indigena d'origine tracia, alla quale sono stati dati nomi latini. Anche su parecchi bassorilievi rinvenuti in quella regione si vedono il dio e la dea rappresentati con fattura del tutto provinciale, con i tratti di Dioniso ed Arianna quali li si vede a Nasso, ripresi da un antico tema ellenistico. In Africa, dove il culto di L.-P. era molto diffuso nell'epoca imperiale, in seguito ad una serie di sincretismi nei quali le diverse civiltà hanno giocato ciascuna la sua parte, le sue rappresentazioni sono multiple, dalle stele neopuniche della Ghorfa sino ai mosaici tanto ricchi e numerosi della Tripolitania e della Mauritania. Sulle stele di un'arte popolare ed ingenua, dedicate a Caelestis (v.), L.-P. compare con Venere; questi monumenti sono in stretto rapporto con le credenze indigene. Le sculture rappresentanti L.-P. invece, che siano statue o bassorilievi, sono riproduzioni di opere classiche e non si distingue, salvo che per la fattura, nulla di particolarmente africano nelle scene del mito dionisiaco che costituiscono il soggetto di tanti mosaici, il più bello dei quali è forse quello di Gemila, in cui l'episodio di Licurgo ed Ambrosia (v. licurgo) è affiancato da quattro tavole relative all'iniziazione bacchica.
La figura di L.-P. è infine spesso riprodotta sulle monete romane. La sua effigie, un busto di profilo, orna il rovescio di monete coniate dalla fine del II sec. a. C. alla fine del primo, da coniatori che lo avevano scelto per ragioni familiari o politiche. Molto più tardi, L. ricompare sul rovescio di monete, ma questa volta in compagnia di Ercole, per volontà di Settimio Severo che volle rappresentare gli dèi patrii della sua città natale, Leptis Magna.
Monumenti considerati. - Cippo di Pesaro: C.IL., i, 385. Dedica di Parenzo: Inscriptiones Italiae, x, 2, n. 232. Tomba di P. Aelius Maximus all'Isola Sacra: G. Calza, in Not. Scavi, 1928, p. 147 ss. Bassorilievi della regione danubiana: M. Rostovzeff, nella Isvestia della Commissione Archeologica Russa, xl, 1911. Per le raffigurazioni di L.-P. in Africa: G. Picard, Les religions de l'Afrique antique, Parigi 1954, p. 96 e 115. Mosaico di Gemila: L. Leschi, in Mon. Piot, xxxv, 1935-6, p. 139 ss.
Bibl.: G. Wissowa, in Roscher, II, 2, 1894-7, s. v.; H. Jeanmarie, Dionysos, Historie du culte de Bacchus, Parigi 1951; F. Altheim, Römische Religionsgeschichte (3a ed.), Berlino 1951; A. Bruhl, Liber Pater, Parigi 1953 (con bibl.); M. P. Nilsson, The Dionysiac Mysteries of the Hellenistic and Roman Age, Lund 1957; J. Bayet, Histoire politique et psycologique de la religion romaine, Parigi 1957.