LIANORI (de' Lianori, Leonori), Lianoro (Leonoro)
Nacque a Bologna verso il 1425 da Vitale - notaio, insignito nel 1422 anche della dignità cavalleresca, fratello di Pietro, notevole rappresentante della pittura tardogotica bolognese - e da Bartolomea di Guido Donzelli.
Nulla si sa della primissima formazione del L., ma è certo che per lui dovette essere importante la partecipazione a quel cenacolo culturale che si riunì a Bologna intorno all'aretino Giovanni Tortelli, il quale dal 1441 al 1445 soggiornò nella città per studiarvi teologia: di questo gruppo, la cui attività è attestata soprattutto dalle lettere inviate a Tortelli (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 3908) facevano parte il servita Filippo Fabri, maestro nella facoltà teologica bolognese, il vicentino Niccolò Volpe, maestro di rhetorica et poesis nello Studio dal 1440, e gli allievi di quest'ultimo Agostino Scanella e Taddeo Garganelli.
Tra il 1446 e il 1447 il L. si recò a Ferrara, dove seguì le lezioni di Guarino Guarini e apprese il greco da Teodoro Gaza. Nella primavera 1448 figura ora a Cento e ora Bologna dove, come si apprende da una lettera di Volpe a Tortelli del 15 apr. 1448, aveva cominciato a insegnare privatamente il greco a Volpe e ad Antonio Tridentone. Nel frattempo il L., insieme con Scanella e con Gerolamo Ghisilardi, prendeva lezioni di logica da Domenico de' Refrigeri. Proprio in quei mesi il giovane L. era stato assunto come segretario al servizio del protonotario apostolico Vianesio Albergati, nominato da poco governatore di Città di Castello. Al periodo tra il 14 marzo 1448 e il 19 nov. 1449 risalgono le dodici lettere del L. (otto greche e quattro latine), indirizzate da Cento e da Città di Castello a Tortelli (ibid.).
È un piccolo epistolario che documenta quale memoria avesse lasciato di sé Tortelli nell'ambiente bolognese: il L. descrive al curiale aretino, già ben inserito nella corte di Niccolò V, le sue più intime angustie, stretto com'è tra le difficoltà economiche, la mancanza di libri, l'amore per gli studi greci e l'incertezza per il futuro. Nelle due lettere da Cento (del 14 marzo e del 16 dic. 1448), dove il L. si recò più volte quell'anno per sfuggire alle successive ondate di un'epidemia pestilenziale che infuriava a Bologna, prevale lo scoramento e, accanto a Tortelli, appare come confidente epistolare del giovane anche Pietro da Noceto, cappellano del papa, che aveva promesso di aiutare il Lianori. Nel maggio 1449 il L. raggiunse Albergati a Città di Castello: qui fu subito assorbito dal lavoro di segretario, ma continuò a studiare il greco, lingua nella quale, a giudicare dalle lettere a Tortelli, era in grado di scrivere ormai con una certa eleganza. Nel settembre 1449 Tortelli inviò al L., ancora a Città di Castello presso Albergati, un manoscritto con la storia delle guerre gotiche di Procopio di Cesarea, invitandolo a tradurre l'opera in latino. La richiesta era stata fatta anche a nome di Niccolò V, che evidentemente voleva che il L. cooperasse a quella vasta opera di versioni dal greco, che egli andava promuovendo in quegli anni. Il giovane L., pur tra grandi difficoltà e privo, com'era, di lessici, provò a cimentarsi nella traduzione e nel novembre dello stesso anno ne inviò un saggio di prova, ora perduto, a Tortelli, pregando l'amico di raccomandarlo al papa. Poi, occupato nel lavoro di segretario, non proseguì l'opera.
Di quel periodo, tra 1449 e 1450, sono due lettere del L. a Nicodemo Tranchedini, ambasciatore milanese presso la Curia, di cui implorava l'aiuto per ottenere dal papa un collocamento a Bologna o a Roma. Le richieste a Tranchedini e a Tortelli evidentemente sortirono presto i loro effetti, se dal 1450 il L. cominciò ad accumulare benefici a Bologna e, dal pontificato di Pio II (1458), uffici in Curia. Il 13 giugno 1453, in un atto in cui il L. nomina alcuni procuratori per transazioni finanziarie, egli è già designato come canonico della metropolitana di S. Pietro di Bologna (Frati, p. 169). In quell'estate il L. dovette conseguire la laurea, perché in un rogito per riscossione di crediti del 6 ott. 1453 è qualificato non solo come canonico, ma anche come "doctor decretorum" (ibid., p. 170).
Alla fine del 1453 o agli inizi dell'anno seguente il L. compì la traduzione latina (preceduta da una breve dedicatoria ad Alberto Parisio, cancelliere degli Anziani di Bologna) di una lettera greca del cardinale Isidoro di Kiev al cardinale Bessarione, del 6 luglio 1453, in cui si descriveva la caduta di Costantinopoli.
Probabilmente alla primavera del 1454 risale un viaggio a Firenze, dove il L. ebbe modo di incontrare Donato Acciaiuoli, Alamanno Rinuccini e Vespasiano da Bisticci; questo viaggio è noto attraverso due affettuose lettere di Acciaiuoli al L., del 1° ott. 1454 e del 4 nov. 1454
Nel 1455 il L. insegnò filosofia morale diebus festivis nello Studio di Bologna, passando, negli anni 1456-58, alla cattedra litterarum Graecarum. Il 12 marzo 1457 aveva ricevuto il presbiterato, il che lo abilitava al conseguimento di nuovi e maggiori benefici ecclesiastici. Non è forse un caso che la carriera del L. si acceleri in seguito al passaggio da Bologna, nel maggio 1459, di Pio II.
Da quel momento, infatti, il L. cominciò ad avere uffici in Curia e, almeno dal 1460, ad abitare stabilmente a Roma (come testimonia la sottoscrizione autografa del cod. 247 della Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara, in Frati, p. 172), dove acquistò, probabilmente, anche una casa. Il 30 ag. 1460 Pio II accordò al L. - che già da prima era divenuto canonico anche di S. Maria di Pieve di Cento e parroco dei Ss. Maria e Gerolamo delle Budrie presso San Giovanni in Persiceto - un'annua pensione sulle rendite del monastero di S. Maria di Monte Amiata, con un atto in cui egli è chiamato "familiaris et commensalis noster continuus" (Archivio segreto Vaticano, Reg. Vat., 477, c. 253r).
Nel gennaio 1461 il L. fu nominato notaio apostolico e nel settembre 1462 fu inviato dal papa a Napoli con facoltà di ratificare dei capitoli già concordati con il re Ferdinando I d'Aragona (Frati, p. 171). Sin dal principio del pontificato di Paolo II il L. compare (30 ag. 1464) tra i "provisionati in Palatio" con un assegno mensile di 6 ducati, più tardi portato a 8.
Nel gennaio 1465 Paolo II lo inviò nunzio in Spagna per comporre gravi discordie nate un po' ovunque nelle diocesi dei Regni di León e Castiglia e per trattare la scarcerazione di Alfonso de Fonseca, arcivescovo di San Giacomo di Compostella. Non si sa quanto il L. si trattenne in Spagna; è certo, in ogni caso, che nel giugno 1470 era di nuovo a Roma, quando fu nominato stabilmente secretarius pontificio - sino ad allora era stato solo segretario partecipante - in luogo del defunto Ludovico da Narni.
Nell'ottobre 1470 gli fu conferito l'ufficio di collettore delle decime per i Regni di León e Castiglia, incarico che il L. conservò anche dopo l'elezione di Sisto IV (1471).
Tuttavia il L. poté partire per la Spagna solo dopo l'aprile 1471: a quella data un atto di pagamento della Camera apostolica per le spese di viaggio del 25 febbr. 1471 lo dà ancora presente in Roma, così come era certo ancora a Bologna nell'aprile 1471, quando fece rogare un codicillo aggiunto a un suo testamento (Frati, pp. 176 s.).
Il L. morì il 4 maggio 1477, non è noto se in Italia o in Spagna.
Da un anno in Curia si era levata contro di lui l'accusa di essersi appropriato indebitamente di denaro durante le missioni in Spagna; da questa incriminazione tentarono di discolparlo, con una lettera a Sisto IV del 28 genn. 1476, addirittura i Riformatori dello Stato della libertà di Bologna. All'immagine del L. come curiale opportunista e avido non credeva certo l'amico Gaspare da Verona, che all'inizio del secondo libro del suo De gestis Pauli II (scritto verso il 1472) tracciava del L. non solo un ritratto di grecista d'eccezione, ma anche di studioso distratto e particolarmente disinteressato.
Nipote del L. - figlio di Leonardo suo fratello - fu quell'Angelo da Vallombrosa, famoso per i suoi violenti libelli antisavonaroliani.
Le dodici lettere greche e latine autografe del L. a Tortelli erano conservate nel Vat. lat., 3908, ma ora quattro di esse, furtivamente asportate nel tardo Ottocento, sono custodite a San Pietroburgo, Archiv Otdelenia Instituta istorii Akademii nauk (Archivio dell'Istituto nazionale di storia dell'Accademia delle scienze); una copia settecentesca precedente alla mutilazione del codice vaticano è a Bologna (Biblioteca universitaria, Miscellanee Tioli, 2948, vol. 15, pp. 257-307); le dodici lettere (secondo la numerazione moderna del Vat. lat., 3908) nell'ordine cronologico sono: 1) latina del 14 marzo 1448, da Cento (San Pietroburgo, Archiv Otdelenia…, Mss., 67/2); 2) greca del 16 dic. 1448, da Cento (3908, c. 198r); 3) greca del 24 maggio 1449, da Cento (ibid., c. 198r); 4) greca del 27 maggio 1449, da Città di Castello (San Pietroburgo, Archiv Otdelenia…, Mss., 68/2); 5) greca del 22 luglio 1449, da Città di Castello (3908, c. 201r); 6) latina del 2 ag. 1449, da Città di Castello (San Pietroburgo, Archiv Otdelenia…, Mss., 70/2); 7) greca del 5 sett. 1449, da Città di Castello (Ibid., Mss., 69/2); 8) latina del 20 sett. 1449, da Città di Castello (3908, c. 196r); 9) latina del 14 ott. 1449, da Città di Castello (ibid., c. 201r); 10) greca del 20 ott. 1449, da Città di Castello (ibid., c. 197r); 11) greca del 10 nov. 1449, da Città di Castello (ibid., c. 200); 12) greca del 19 nov. 1449, da Città di Castello (ibid., c. 202r). Le due lettere latine a Tranchedini del 1449-50 sono a Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 834, c. 35v. La menzionata traduzione latina della lettera greca del cardinale Isidoro di Kiev sulla caduta di Costantinopoli - il cui testo greco è perduto - è in tre codici: ibid., 660, cc. 58r-61r; Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 52, b. 2, n. 1, cc. 40-42; Padova, Biblioteca del seminario vescovile, Mss., 126, cc. 33v-36r ed è edita in G. Hofmann, Ein Brief des Kardinals Isidor von Kiew an Kardinal Bessarion, in Orientalia Christiana periodica, XIV (1948), pp. 405-414 e, più criticamente, in La caduta di Costantinopoli. Le testimonianze dei contemporanei, a cura di A. Pertusi, Milano 1976, pp. 64-80.
Il L. possedette una discreta biblioteca di manoscritti greci e latini i cui resti Angelo Ambrogini, il Poliziano, che viaggiava nell'alta Italia insieme con Giovanni Pico della Mirandola, vide a Bologna nel giugno 1491 nelle mani di Gerolamo Ranuzzi ed enumerò nel suo diario. In quell'occasione Poliziano acquistò da questa raccolta un "Sidonium antiquum" e Pico un raro "Theodoretus in Cantica" greco. Altri codici del L. sono stati identificati in varie biblioteche da Frati (pp. 172-174), da Avesani e da Capra. Di altri ancora si potrebbe tentare l'individuazione seguendo le sorti di cinque codici acquisiti dal L. e descritti in un atto di transazione del 1° sett. 1465 tra questo e Antonia de' Gigli, erede di Cristoforo del Poggio.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VIII.1390, cc. 89v-90r (lettera di D. Acciaiuoli al L.); Archivio di Stato di Bologna, Notarile, Rolando Castellani, b. 15, n. 59; ibid., Pietro Bottoni, b. 8, n. 85; Comune, Governo, Carteggi, Litterarum, reg. 1 (1475-78), c. 71; Archivio di Stato di Roma, Camerale I, Mandati camerali, 1464-66, c. 14v; 1469-70, cc. 157r, 175r; 1470-71, c. 129v; Archivio segreto Vaticano, Reg. Vat., 477, c. 253r; 519, cc. 169r, 170r; 543, c. 59v; 545, c. 77r; Gaspare da Verona - M. Canensi, Le vite di Paolo II, a cura di G. Zippel, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., III, 16, pp. III, 21 s.; I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, Bologna 1888, I, pp. 43, 46, 51; G. Codibò, Diario bolognese… dal 1471 al 1504, a cura di A. Macchiavelli, Bologna 1915, p. 40; G. Pesenti, Diario odeporico-bibliografico inedito del Poliziano, in Memorie del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, cl. di lett., sc. mor. e storiche, XXIII (1916), pp. 231 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1786, V, pp. 54-57; L. Carbone, Oratio in funere Guarini Veronensis, in Reden und Briefe italienischer Humanisten, a cura di L. Müllner, Wien 1899, p. 97; A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Firenze 1902, pp. 348 s.; L. Frati, L. de' L. ellenista bolognese, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, X (1930), pp. 165-177; A. Alessandrini, Angelo da Vallombrosa, in Diz. biogr. degli Italiani, III, Roma 1961, p. 238; R. Avesani, Per la biblioteca di Agostino Patrizi Piccolomini vescovo di Pienza, in Mélanges E. Tisserant, VI, Città del Vaticano 1964, pp. 50 s.; C. Piana, Nuove ricerche su le Università di Bologna e di Parma, Quaracchi 1966, pp. 198, 281, 301, 475; M. Regoliosi, Nuove ricerche intorno a Giovanni Tortelli, I, Il Vaticano lat. 3908, in Italia medioevale e umanistica, IX (1966), pp. 125, 129 s., 182-185; L. Capra, Un tratto di "Roma triumphans" omesso dagli stampatori, ibid., XX (1977), p. 306; F. Bacchelli, Fabri, Filippo, in Diz. biogr. degli Italiani, XLIII, Roma 1993, p. 746; C. Ciuccarelli, Una famiglia della nobiltà bolognese: i Leonori nel XV e XVI secolo, in L'Archiginnasio, XCII (1997), pp. 91-122; P. Sverzellati, Il carteggio di Nicodemo Tranchedini e le lettere di Francesco Filelfo, in Aevum, LXXI (1997), p. 478; L. Quaquarelli, Scuola e umanesimo a Bologna: Niccolò Volpe grammatico e retore, tesi di dottorato, Università cattolica di Milano, 1998, pp. 9, 35, 300-306.