PASQUALINO NOTO, Lia
– Lia Noto, sposata Pasqualino, nacque a Palermo il 22 agosto 1909, figlia di Attilia Tellera e del professor Antonio Noto, medico specializzato in ostetricia e ginecologia e fondatore della omonima casa di cura (1927). Pittrice e gallerista, può essere considerata una delle figure più significative del panorama artistico palermitano del Novecento.
Da ragazza la sua istruzione fu affidata a docenti privati, tra cui il pittore bagherese Onofrio Tomaselli, maestro di scuola ottocentesca morelliana, che ne guidò i primi passi nell’ambito del disegno.
Nel corso degli anni Venti la giovane Lia Noto realizzò alcuni ritratti e autoritratti (1922-28) a pastello e a olio, opere dagli effetti morbidi, sfumati, in puro stile tardo-ottocentesco. La ritrattistica rimase, negli anni, un genere molto caro all’artista, che fissò sulla tela i volti dei suoi familiari, degli amici, degli artisti, attori protagonisti e comprimari del suo mondo. Nel 1928 iniziò a frequentare lo studio del pittore Pippo Rizzo, esponente del futurismo siciliano, abbandonato poi per una figurazione di stampo novecentista, e segretario regionale del Sindacato fascista di belle arti per la Sicilia Occidentale, organo attraverso cui organizzò varie mostre e promosse l’arte e gli autori siciliani, specialmente i giovani, nel resto d’Italia e all’estero. L’influenza di Rizzo, delle sue figure dalle linee nette, taglienti e perentorie, toccò immediatamente le opere della giovane artista, come si nota nel dipinto Guglielmo col gatto nero (1929, Palermo, coll. privata, ripr. in Il Gruppo dei Quattro, 1999, p. 49), esposto alla II Mostra del Sindacato regionale di belle arti (Palermo, aprile-maggio 1929), esordio ufficiale di Lia Noto al fianco del collega Renato Guttuso, da poco conosciuto nello studio di Rizzo. Forte è in questi anni, come in molti altri giovani autori palermitani coevi, il rimando alla pittura di Felice Casorati, cui poté attingere grazie alla conoscenza diretta del quadro Gli scolari, acquistato dalla Galleria d’arte moderna di Palermo alla XVI Biennale di Venezia del 1928.
Nel 1930 Lia Noto sposò Guglielmo Pasqualino (1904-1987), figlio del marchese Salvatore Pasqualino di Marineo e promettente chirurgo, appassionato d’arte, artista egli stesso per hobby. La pittrice assunse così il nome di Lia Pasqualino Noto, con cui da allora firmò sempre le sue opere, optando a volte addirittura per la forma Pasqualino Noto.
La coppia animò nella propria casa in centro a Palermo un salotto culturale frequentato da intellettuali e artisti di levatura nazionale, oltre a membri dell’alta società cittadina. Testimonianza fondamentale di questo fitto intrecciarsi di rapporti, amicizie, contatti è la ricchissima raccolta di lettere, cartoline, biglietti che i Pasqualino si scambiavano abitualmente con le persone a loro care, legati alla sfera sia personale sia lavorativa. Attraverso questi dialoghi epistolari, oggi conservati presso l’Archivio privato Pasqualino Noto (ma si ricordino anche le numerose lettere conservate presso l’Archivio Cairola della facoltà di lettere dell’Università di Siena), si può spesso seguire l’itinerario personale di Lia Pasqualino stessa e di molti artisti che sono entrati in contatto con lei, conoscere le sue posizioni critiche rispetto al sistema, percepirne le emozioni, i turbamenti, la raffinata intelligenza.
Nel corso degli anni Trenta Lia Pasqualino Noto fu assiduamente presente alle Mostre regionali del Sindacato fascista e in altre numerose rassegne nazionali e internazionali. Nel 1932 ebbe la sua prima personale alla III Sindacale (Palermo, Rotonda del Teatro Massimo). Collaborò con il quotidiano palermitano L’Ora e con altre riviste, scrivendo interessanti riflessioni sulla pittura contemporanea; nel 1935 fu membro della Deputazione della Civica Galleria d’arte moderna Empledocle Restivo, occupandosi degli acquisti mirati all’arricchimento e all’aggiornamento della collezione del museo. Nel 1937, inoltre, aprì la prima galleria privata di Palermo, la galleria Mediterranea, grazie all’appoggio della marchesa Maria De Seta, che le offrì come sede il suo palazzo, Forcella De Seta, affacciato sul lungomare del Foro Italico, alla Kalsa.
Dal punto di vista stilistico, la produzione di Lia Pasqualino Noto rispecchiò gli esiti della pittura dell’epoca indirizzandosi verso un lessico di stampo novecentista nelle atmosfere silenti e sospese di paesaggi, ritratti e nature morte, con scene caratterizzate da una calda luminosità e da una levigata compattezza delle forme, come si nota nelle figure salde e vigorose di opere come L’infermiera (1931, Palermo, Galleria d’arte moderna). Tale registro espressivo, però, venne abbandonato nel giro di pochi anni per lasciar spazio, attorno alla metà degli anni Trenta, a una nuova visione pittorica fatta di pennellate più veloci, di una propulsione costruttiva del colore.
Lo si nota in un dipinto come Colombi (1934, Palermo, coll. privata, ripr. in Il Gruppo dei Quattro, 1999, p. 53), con il quale si usa far iniziare quel periodo di lirismo mitico dell’artista, in cui la statuaria solidità dei corpi tende sottilmente a sfaldarsi sotto il rosa cipria degli incarnati e la morbidezza del segno corroborato dal colore. Dietro l’apparente laicità e l’aura mitica che attraversa la scena, cinque nudi in una terra desolata, con tralicci e fabbriche sullo sfondo, si svela pian piano, come metafora di un’aspirazione alla libertà della natura, la poesia del gesto di una donna che apre una gabbia di colombi e di un uomo che ne tiene uno tra le mani prima di fargli spiccare il volo, mentre altri uccelli solcano già il cielo, rivelandosi come un inno eterno alla pace e all’armonia universale.
Questo nuovo stile avrebbe trovato la sua ufficializzazione sotto l’egida dell’esperienza del Gruppo dei Quattro (Giovanni Barbera, Nino Franchina, Guttuso, Pasqualino Noto). Esso ebbe vita breve (1934-37), ma consentì agli artisti coinvolti di assurgere a una notorietà nazionale e di essere annoverati nella più ampia compagine dei gruppi, dai Sei di Torino alla Scuola Romana, fautori di una decisa reazione all’accademismo e al linguaggio novecentista imperanti, avvicinandosi, inoltre, ad artisti aperti oppositori del fascismo, da Corrado Cagli a Libero De Libero e a Carlo Levi.
Il momento di massima espressione di questa esperienza aggregativa fu la mostra 2 pittori 2 scultori siciliani, allestita dal 26 maggio al 12 giugno 1934 presso la galleria del Milione di Gino Ghirindelli a Milano e accompagnata da una conferenza del critico Edoardo Persico. Essa segnò il debutto ufficiale sulla scena nazionale del Gruppo, accolto tra i generali consensi della critica. Da quel 1934, che vide la decisiva svolta verso il rifiuto delle forme novecentiste, l’artista elaborò una poetica del colore basata su un lirismo sciolto nella plasticità liquida e sonoramente più vibrante della pennellata. Ciò è ben visibile, ad esempio, nel Ritratto di Gugliemo (1935, Palermo, coll. privata, ripr. in Il Gruppo dei Quattro, 1999, p. 57), ove la figura del marito dell’artista appare con una forma allungata, comparabile al dipinto firmato da Guttuso nello stesso anno, Ritratto del chirurgo Guglielmo Pasqualino (Palermo, coll. privata, ripr. in Il Gruppo dei Quattro, p. 84), ispirato, come il quadro di Lia, ai modelli della pittura di Levi e Cagli.
Nel febbraio del 1935 il Gruppo dei Quattro espose proprio nella capitale, presso il Bragaglia Fuori Commercio, mentre sia Guttuso sia Lia Pasqualino Noto parteciparono alla II edizione della Quadriennale romana di quell’anno. Tanto nell’una che nell’altra occasione l’artista presentò alcuni disegni. Nel 1935 Franchina e Guttuso partirono per il servizio militare e in seguito lasciarono Palermo per trasferirsi il primo alla volta di Milano, il secondo di Roma; nello stesso anno morì di peritonite Barbera. Il gruppo, dunque, si sciolse, riunendosi solo nel giugno 1937 per un’esposizione alla galleria della Cometa di Roma e nella prima mostra di palazzo De Seta, Cinque artisti siciliani, insieme ai pittori Leo Castro e Alberto Bevilacqua.
L’attività espositiva di Lia Pasqualino Noto continuò in maniera autonoma con la partecipazione alle mostre sindacali e, nel 1939, alla III Quadriennale nazionale d’arte di Roma, con dipinti raffiguranti nature morte, paesaggi, ritratti e autoritratti, ma anche nudi immersi nel verde, proiettati in una dimensione quasi edenica, scene dalle cromie intense e pervase da una nuova vitalità pittorica.
Nel 1941 decise di ribellarsi alla difficile accettazione di cui spesso il suo lavoro pativa entro il sistema dell’arte in quanto artista donna, visibile nelle frasi ancor cariche di pregiudizi espresse talvolta nelle recensioni, seppure favorevoli, che le venivano indirizzate. Volle, così, ‘sfidare il sistema’, esigere di più, rimettersi in gioco. Chiese, allora, al marito di sostituirsi a lei in alcune occasioni espositive, giocando sull’ambiguità della sua firma «Pasqualino Noto»: «Per un po’ andai avanti così, superando il disagio di alcune situazioni con gli amici e la ribellione intima che si andava sollevando in me stessa […] Ma poi la guerra venne a porci problemi più gravi» (L. Pasqualino Noto, in L. P. N. a Palermo dagli anni ’30 a oggi, 1984, p. 46).
L’artista non smise di lavorare nemmeno durante gli anni del conflitto mondiale, quando con la famiglia dovette sfollare nelle campagne del palermitano. Al suo ritorno, nel 1945, si dedicò alla decorazione murale della cappella della clinica di famiglia, con scene raffiguranti la Passione di Cristo. Nel 1948 espose alla Biennale di Venezia e alla Rassegna nazionale di arti figurative promossa dall’Ente autonomo Esposizione nazionale Quadriennale d’arte di Roma. Negli anni successivi l’attività espositiva si andò gradualmente diradando e l’artista ripiegò verso una forma di intimismo visibile nella scelta dei soggetti, specialmente ritratti dei membri della sua famiglia, accanto alle nature morte e ai paesaggi, pur impegnandosi talvolta in argomenti di denuncia sociale, come la violenza, la guerra, l’inquinamento, o di attualità (lo sbarco dell’uomo sulla Luna). Solo nel 1969 la mostra allestita presso la galleria cittadina Arte al Borgo, curata da Nello Ponente, la spinse a rientrare in un circuito espositivo che si rafforzò negli anni Ottanta, con alcune antologiche alla Civica Galleria d’arte moderna (1984), a palazzo Venezia a Roma (1986) e alla Fondazione Mormino (Palermo, Villa Zito, 1991).
Lia Pasqualino Noto continuò a dipingere sino agli ultimi giorni della sua vita. Morì a Palermo il 25 febbraio 1998.
Fonti e Bibl.: Per la bibliografia essenziale cfr. L. Russo, L. P. N., Milano 1974; Gli artisti siciliani 1925-1975. Cinquant’anni di ricerche (catal. della XVI Mostra nazionale di Capo d'Orlando, 1975-76), a cura di V. Fagone, Palermo 1976; L. P. N. a Palermo dagli anni ’30 a oggi (catal., Palermo, 1984-85), a cura di E. Di Stefano, Milano 1984 (in partic. L. Pasqualino Noto, Una testimonianza autobiografica, pp. 35-48); L. P. N. (catal.), a cura di C. Benincasa - A. Pasqualino, Roma 1986; L. P. N. Opere inedite 1935-1989 (catal.), a cura di V. Fagone, Palermo 1991; Il Gruppo dei Quattro: Renato Guttuso, Lia Pasqualino Noto, Nino Franchina, Giovanni Barbera. Una situazione dell’arte italiana degli anni ’30 (catal., 1999- 2000), a cura di S. Troisi, Palermo 1999; L. P. N., a cura di F. Grasso, Palermo 2001.
Sulle Sindacali siciliane degli anni Trenta cfr. E. Di Stefano, Palermo anni ’30: L. P. N. e il Gruppo dei Quattro, in L. P. N. a Palermo dagli anni ’30 a oggi, cit., pp. 15-33. Cfr. anche Arte in Sicilia negli anni Trenta (catal., Marsala), a cura di S. Troisi, Napoli 1996; Le ferite dell’essere. Solitudine e meditazione nell’arte siciliana degli anni Trenta (catal., 2005-06), a cura di A.M. Ruta, Agrigento 2005.
Per una disamina accurata sull’esperienza del Gruppo dei Quattro si rimanda ai seguenti testi: Il Gruppo dei Quattro... Una situazione dell’arte italiana degli anni ’30, cit.; E. Crispolti, Malinconie esistenziali di Guttuso, da Milano (1935), e suggerimenti parigini di Severini, da Roma (1937), ai Pasqualino, a Palermo (un frammento di storia dei Quattro), in Il presente si fa storia. Scritti in onore di Luciano Caramel, a cura di C. De Carli - F. Tedeschi, Milano 2008, estratto in copia fotostatica, s.p. [pp. n.n.].