Levitico
Terzo dei cinque libri del Pentateuco o Tōrāh, fondamentale per l'osservanza della legge mosaica.
Nel L. si trovano infatti le regole riguardanti i sacrifici (capp. 1-7), l'investitura dei sacerdoti (8-10), la purezza rituale e le cerimonie del gran giorno delle espiazioni (11-16), la legge di santità (17-26). Il L. è inoltre molto importante per la giusta interpretazione del simbolismo culturale nel cristianesimo. Dopo Origene i cristiani si sono abituati a leggere questi testi, apparentemente scarni e inadatti a trasmettere un messaggio di pietà, in una prospettiva spirituale o ‛ mistica ', cristocentrica.
Così fa D. in Mn II VII 5, in un contesto ove si tratta del bisogno della grazia per conoscere le cose divine. Dopo aver citato Heb. 11, 6 (" Sine fide autem impossibile est placere Deo "), D. cita Lev. 17, 3-4 che egli prende nel senso che noi diremmo allegorico o, più genericamente, mistico.
L'israelita che uccide una bestia senza compiere l'offerta rituale di fronte all'entrata della Tenda è reo di sangue; orbene, l'entrata del tabernacolo è la figura del Cristo che ci ha reso l'accesso al Paradiso. Le azioni umane che non passino attraverso di lui, rimangono semplicemente umane e, dal punto di vista soprannaturale, sterili. Quindi, i nostri ragionamenti che non poggiassero sulla fede in lui sarebbero incapaci a svelarci il pensiero o la volontà di Dio.
In Mn III XII 7 si fa ugualmente appello all'autorità verbale del L. in un sillogismo mirante a provare che l'Impero non dipende dal papa. La donazione di Costantino mostra con evidenza che questo imperatore aveva qualità per farla, altrimenti la Chiesa non avrebbe potuto accettarla; Dio infatti (Lev. 2, 11) vuole che le offerte siano pure, " sine fermento ", e tale comandamento vale sia per chi riceve sia per chi offre (cfr. Lev. 11, 43). Un riferimento implicito al L. è in Pd XXIV 135-136, dove la verità che piove per / Moisè è quella dei libri di Mosè tra cui il L. è compreso.
Bibl.-M. Noth, Leviticus. A Commentary, trad. inglese, Londra 1965; quanto all'argomentazione della Monarchia, da vedere F. Tateo, Un sillogismo dantesco, in " Filol. Romanza " V (1958) 434 ss.