Leviti
Dal nome del patriarca Levi (v.) derivano i sostantivi L. (= suoi discendenti, ma spesso con riferimento innanzi tutto alla loro attività = addetti al culto divino) e Levitico (aggettivo sovente usato come sostantivo per indicare il terzo libro del Pentateuco, che regola molti aspetti della vita dei L.). Se si prescinde da Pg XVI 132 (figli di Levì), i due vocaboli compaiono solo nella Monarchia, ove si cita tre volte (II VII 5, III XII 7 ss.) il Levitico; adducendo le prescrizioni di Lev. 2, 11 (proibizione di offrire del fermentato nei sacrifici e nelle offerte al tempio) e di Lev. 11, 43 (proibizione di toccare i rettili), D. dichiara che esse implicatamente comportano il divieto di ricevere qualcosa d'illegale o ingiusto.
Il ragionamento, in parte ironico e in parte basato sull'esegesi allegorica, è sfruttato per provare che la donazione di Costantino alla Chiesa presuppone l'auctoritas dell'imperatore in patrocinium Ecclesiae (Mn III XII 7 ss.). D. è preoccupato di dimostrare che l'autorità dell'imperatore è indipendente dalla Chiesa, perché anch'essa deriva direttamente da Dio.