LEVIER (Levi), Adolfo, noto anche come Adolfo Pakitz
LEVIER (Levi), Adolfo, noto anche come Adolfo Pakitz. – Figlio del commerciante Giacomo Levi e di Caterina Pakitz, nacque a Trieste il 3 gennaio 1873.
Seppure attratto fin da giovane dalla pittura, dovette svolgere l’attività d’impiegato commerciale fino alla morte del padre che ne ostacolava la passione. In seguito, forse su indicazione della sua prima guida nell’arte, ossia del pittore triestino Giovanni Zangrando, si recò a Monaco, ove si iscrisse alla Accademia di belle arti presso la quale è registrato il 2 novembre 1898 nella «Naturklasse» con maestro Karl Raupp. Seguì anche le lezioni di Heinrich Knirr il quale, oltre a insegnare presso l’Accademia monacense dal 1898 al 1910, nel 1888 aveva avviato una scuola privata di pittura annoverando fra i suoi allievi Paul Klee, Fabius von Gugel e Emil Orlik , pittore praghese stilisticamente e coloristicamente accostabile al triestino. Levier debuttò al Glaspalast di Monaco nel 1901 e, più tardi, partecipò alle Esposizioni della Secessione monacense (Vollmer, 1956). Nel 1908, in una recensione a firma Fritz von Ostini (Früjahrsausstellung der Münchener Secession in Die Kunst für Alle, 1° maggio 1908, p. 346), è riprodotto un ritratto giovanile di Levier, con monocolo, dipinto da Albert Weisgerber. Appartiene a questo periodo una serie di dipinti, soprattutto ritratti, apparsi tra il 1902 e il 1907 nella rivista Die Kunst für Allevicini ai modi del maestro Knirr(Sibilia, 1922) e, ancor di più, a quelli di Hugo von Habermann e di Leo Putz; si ricordano, in particolare, i ritratti del pittore C. Calligaris, di C. Jeannerat, della Signora Erkert, il Ritratto del nipote,di Ciro Galvani, di Otto zu Gutenegg. Databile attorno al 1902 è anche il ritratto dello scultore Alfonso Canciani (Gorizia, Musei Provinciali) il quale, nel 1923 scolpì il busto di Levier ora conservato al Civico Museo Revoltella di Trieste.
Dopo gli anni trascorsi a Monaco, Salvatore Sibilia (1922) testimonia del trasferimento di Levier a Parigi nel 1909 ma già nel 1907, in una recensione dedicata all’Esposizione della Secessione viennese, si poneva in luce il suo interesse per l’ambiente artistico francese: «il triestino Adolfo Levier palesa chiaramente nella sua opera la sua nuova ubicazione: la Parigi di Boldini e Lucien Simon» (Früjahrsausstellung der Wiener Sezession in Die Kunst für Alle, 1° giugno 1907 p. 397). Di questo periodo sono significative anche le sue presenze alle Biennali veneziane degli anni 1905, 1907, 1910 (cui si aggiunse, dopo il suo rientro a Trieste, anche quella del 1924). A Parigi rimase probabilmente fino al 1915, esponendo ai Salons d’Automne, dal 1909 al 1913, acquarelli, ritratti e marine (Sanchez, 2006). Dai registri si evince come nel 1909 fosse domiciliato al numero 83 di boulevard du Montparnasse e, dal 1910, al 20 di rue Jacob.
Dal punto di vista dello stile, Levier iniziò a schiarire la sua tavolozza e nella composizione non utilizzò più quella solida struttura disegnativa che era alla base dell'insegnamento accademico ricevuto a Monaco. Di grande impatto sull'artista fu anche lo studio dell'arte di Paul Gauguin e Paul Cézanne cui erano state dedicate nel corso dei Salons d'Automne rispettivamente del 1906 e del 1907 due grandi retrospettive.Si data al periodo parigino un insieme di opere, tutte in collezioni private, quali La gitana (1910), Caffè all’apertoe Crocefissione (Sgubbi, 2001, pp. 23-25)nelle quali le assonanze riscontrabili anche con la pittura di Georges Rouault – tanto negli aspetti formali quanto nelle tematiche religiose – e con quella di Henri Matisse, palesano la conoscenza di quanto veniva esposto ai Salons D’Automne di quegli anni. In tal senso si può asserire che Levier fu l’unico pittore triestino, presente nella capitale francese, che si sia accostato, in quegli anni, alle esperienze figurative del post-impressionismo.
Antonio Morassi (1925, pp. 9 s.) notava come l'artista, a Parigi, fosse stato colto da una sorta di ‘febbre cromatica’ che lo aveva spinto a disegnare «[...] a colori; o meglio, non disegna affatto, ma per disegnare dipinge, ove lo crede, con soli contorni»; un tipo di pittura in cui si andavano accentuando la brillantezza e gli accostamenti inusuali: «Egli prende la tela preparata a fondo bianco e su questa, direttamente, senza studi di disegni, dipinge la figura o l’oggetto a colori puri e leggeri a macchie, con un procedimento che deriva dal divisionismo inquantoché opera appunto soltanto con tinte nette, ma che da esso si differenzia, perché non deve risultare nell’effetto della fusione coloristica, ma la macchia come tale deve avere la sua propria bellezza nella forma bizzarra, nell’accostamento ad altri toni».
Durante la prima guerra mondiale visse e lavorò a Zurigo e, alla fine del conflitto, ritornò in Italia dimorando a Milano fino al 1922; il testo di Sibilia, Pittura e scultori di Trieste, pubblicato in questa data, conferma la residenza milanese.Verso la prima metà degli anni Venti il pittore rientrò a Trieste dove svolse la sua attività nello studio di via Torrebianca 20 mantenendosi spesso in contatto con l’ambiente goriziano e artisti locali quali lo scultore Ugo Carà e Gino De Finetti quest’ultimo rientrato in Italia dalla Germania con l’avvento del nazismo (nel dopoguerra il suo studio fu frequentato anche dal pittore Livio Rosignano).
Riferibile al 1924 è il dipinto Le pancogole - le donne del rione diServola a Trieste che panificavano in casa – un'opera caratterizzata dal colore puro, messo direttamente sulla tela «non mescolato, perché questo procedimento tecnico gli dà una maggiore vibrazione del colore stesso» (Sibilia, 1922, p. 168).
Dopo il rientro nella città natale, numerose furono le presenze del pittore alle mostre patrocinate dall’organizzazione sindacale fascista degli artisti, le cosiddette Sindacali, che lo videro presente dal 1927 al 1941. Nel 1929 entrò nel comitato del Civico Museo Revoltella, istituzione che, nel 1931, acquistò alcuni suoi dipinti, tuttora presenti nella sua collezione (ritratti di Mr. J.H. Hay, del musicista Émile Desportese dell’avvocato Riccardo Gefter Wondrich). È di questo periodo uno dei ritratti più interessanti, quello di Socrate Stravopulos (1939 circa, Civico Museo di storia e arte di Trieste), che riassume efficacemente quella componenete kokoschkiana che fu caratteristica fondamentale dell’ultimo trentennio di attività del pittore triestino.
Organizzando il colore non più per macchie disgregate, Levier approdava a un espressionismo contenuto che si coglie vividamente anche nei ritratti dell’Archimandrita Eutichios Zannetos (1935 circa; conservato presso la Comunità greco-orientale di Trieste) e in quello di Dario de Tuoni (1946, Università di Trieste, Archivio del Centro di documentazione della Cultura regionale); un espressionismo nel quale la pittura giunta alla «la sua maturità più piena, s’è consolidata con i puntelli d’una umanità vivida e vibrante, sorretta sempre da una potenza disegnativa affatto comune» (Apollonio, 1935, p. 45).
Nel 1938 la Galleria Gianferrari di Milano organizzò una mostra dedicata all’artista triestino (Benco, 1954) cui seguì, nel 1940, una esposizione alla galleria d’arte Trieste, con catalogo a cura di Remigio Marini. Nel 1951 il Circolo della cultura e delle arti di Trieste allestì un’altra personale.
Morì a Trieste 15 marzo 1953.
Nel 1954 la città gli tributò l’ultimo saluto con una retrospettiva alla galleria d’arte Trieste e un catalogo sempre a cura di Marini.
Fonti e Bibl.: S. Sibilia, Pittori e scultori di Trieste (Milano 1922), Trieste 1993, pp. 163-168 ; A. Morassi, A. L. pittore, Trieste, 1925; U. Apollonio, Trieste. La mostra di A. L., in Emporium, LXXXI (1935), 481, p. 44-46; Gio. [Decio Gioseffi], La personale di A. L. al Circolo della cultura e delle arti, in Il Giornale di Trieste, 1° marzo 1951; C. Sofanopulo, A. L. al Circolo artistico di Trieste, in Messaggero veneto, 13 marzo 1951; S. Benco, Personale fatta dal L. nel 1938 alla galleria Gianferrari di Milano, in Umana, gennaio-febbraio 1954; D. Gioseffi, A. L. rivive nella ricchissima retrospettiva, in Il Piccolo, 14 marzo 1954; R. Marini, La pittura di A. L. (catal.), Trieste s.d. [ma 1954]; G. Sgubbi, A. L., Trieste 2001; S. Cusin, Trieste-Monaco di Baviera 1880-1915: artisti triestini alla Akademie der Bildenden Künstler des XX. Jahrhunderts, in Arte in Friuli Arte a Trieste, 2004, vol. 23, pp. 57-106; P. Sanchez, Dictionnaire du Salon d'Automne. Répertoire des exposants et liste des oeuvres présentées: 1903-1945, Dijon 2006, p. 864. H. Vollmer, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler von der Antike…, III, 1926, p. 156; Id., Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler des XX. Jahrhunderts, III,1956, p. 221 s. v.. A. M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori… italiani…, Milano 1962, II p. 1002. E. Bénézit, in Dictionnaire… des peintres…, V, Paris 1976, p. 553.