levare [lieva, III singol. indic. pres., anche nel Detto; levorsi, III plur. pass. rem.; leve, in rima, II singol. cong. pres.; lievi, III singol. cong. pres.]
Il verbo è di larghissimo uso, specie nella Commedia; relativamente poche le presenze nelle altre opere. Prevale il costrutto transitivo; ma anche quelli intransitivo e intransitivo pronominale sono ben rappresentati, con significati per lo più analoghi; si registra inoltre l'uso assoluto. Specie quando ricorre come pronominale, l. è accompagnato dall'avverbio ‛ su ' o da locuzioni varie o da un predicativo (‛ in piedi ', ‛ in ginocchie ', ‛ dritto ', ‛ erto ', ecc.). Frequente l'uso del participio passato, con valore attributivo e predicativo. Il senso proprio prevale sul figurato.
1. Come transitivo, l. significa " sollevare ", " alzare ": il cicognin... leva l'ala / per voglia di volare (Pg XXV 10); li ammalati / ... non potean levar le lor persone (If XXIX 72); Ercule... stringendo quello [Anteo] e levatolo da la terra... lo vinse (Cv III III 8); Fiore CLXV 14 se la roba troppo le traina [se il vestito " le striscia dietro ", Petronio], / levila un poco, la sollevi; If XXIV 27, dove vale più esattamente " spingere " (cfr. v. 32); Bertram dal Bornio levò 'l braccio alto con tutta la testa / per appressarne le parole sue, e Mosca Lamberti ‛ leva ' i suoi moncherin per l'aura fosca imbrattandosi la faccia di sangue (If XXVIII 128 e 104); levai le mani inver' la cima / de le mie ciglia, e fecimi 'l solecchio (Pg XV 13; anche una de l'alme della valletta dei principi levò ambo le palme [VIII 10], ma in atto di preghiera: cfr. " ambas / ad coelum tendit palmas " [Aen. X 844-845], che sembrerebbe per congruenze letterali più vicino al passo dantesco dei numerosi testi biblici che si potrebbero pure citare).
Durante il colloquio con i tre sodomiti, D. ‛ grida ' la sua verità con la faccia levata (If XVI 76) a sottolineare il suo sdegno (" quod fuit signum doloris et irae ", Benvenuto; così anche Buti e altri; " ad alta fronte; quasi a dire: e' digo vero... ", Lana), forse più che alzata " verso la superficie della terra, ov'è Firenze " (Porena, Mattalia, come già Lombardi, Tommaseo e altri), mentre ‛ levando ' il capo a proferer più erto, D. conferma di essersi liberato da un dubbio (Pd III 6; di minor rilievo le due occorrenze di XXIV 53 e XXV 34, l. la fronte e la testa). È ancora D. che solo a gran fatica, per la vergogna e l'umiliazione, riesce a l. il mento per ubbidire all'ironico alza la barba di Beatrice (Pg XXXI 73 e 68); ma il medesimo gesto, fatto da Sapia nel girone degl'invidiosi, a guisa d'orbo (XIII 102), serve a richiamare l'attenzione di D. e insieme a seguir meglio le sue parole (" cotale atto fanno li cechi, quando aspettano ", Buti). In If XXII 106 è detto di Cagnazzo che levò 'l muso, quasi a fiutare l'inganno che Ciampolo sta preparando.
Il sintagma ‛ l. gli occhi ' indica soltanto in qualche caso l'azione del " guardare in alto ": Pd XXXI 70 li occhi sù levai, / e vidi lei [la Vergine] che si facea corona, e 118; If XXXIV 88, Vn XXIII 25 57, che è " la frase stessa di un salmo: Levavi oculos meos; e veramente c'è una solennità e una calma religiosa ", Barbi-Maggini; analogamente Pd X 7 Leva... a l'alte rote / ... la vista, e, nella forma pronominale, XXXIII 26 questi... / supplica a te... di virtute / tanto, che possa con li occhi levarsi / più alto verso l'ultima salute, " sollevare lo sguardo verso il bene supremo ", Porena; ma tutta l'espressione ha valore metaforico, trattandosi di occhi " della mente " (Daniello). Ancora in contesto figurato in Cv III V 22 voi... in quanta cechitade vivete, non levando li occhi suso a queste cose, tenendoli fissi nel fango de la vostra stoltezzal. Più spesso ‛ l. gli occhi ' è un semplice " alzare lo sguardo " per guardare (Vn XVI 10 12, ripreso al § 11; XXVI 1; nella forma pronominale, in Rime LXVII 11 e Pd XII 27 dove però, accostato a ‛ chiudersi ', vale, " aprirsi "); e il gesto può seguire quello di aver tenuto gli occhi bassi per verecondia o reverenza (Pg XXVIII 63, Pd XXV 38), o per lo sbigottimento (Vn XIV e XXXV 2) o per la pena (Rime dubbie XIII 8 tanta pena... ne li occhi porta, / che di levarli già non ha valore), o per un pensiero che occupava la mente (Pg III 61). Così ancora ‛ l. i cigli ' o ‛ le ciglia ' (Pd XIX 94, If XXV 49); ma il levò le ciglia [le " sopracciglia "] un poco in suso di Farinata (If X 45) ha ben altro rilievo, indicando un atteggiamento di orgogliosa superiorità nei confronti dell'interlocutore: " Sogliono fare questo atto gli uomini quando odono alcuna cosa la quale non si conformi bene col piacere loro, quasi, in quello levare il viso in su, di ciò che odono si dolgano con Domenedio, o si dolgano di Domenedio " (Boccaccio. Per un'espressione analoga, a indicare superbia, cfr. If XXXIV 35). La scrizione sollevare determina in qualche caso nei codici l'alterazione, irricevibile, sù levare (If XIX 105, XXXIII 1).
Talora con valore causativo: Rime CIII 19 cotanto del mio mal par che si prezzi, / quanto legno di mar che non lieva [" non fa sollevare "] onda; If XXI 20 le bolle che 'l bollor [la pece bollente] levava. Anche con il verbo ‛ fare ': percotendo i dannati, i demoni facean lor levar le berze, " sollevare i calcagni " (XVIII 37; alcuni intendono berze per " vesciche " [Daniello, che nota: " in alcun testo antico si legge non ‛ berze ' ma lerze, cioè le gambe "], cioè " causavano loro delle veschiche "; ma lerze non è accettabile, per mancanza di attestazioni: cfr. Petrocchi, ad l.); analogamente per il turbo che percosse il legno di Ulisse: Tre volte il fé girar con tutte l'acque; / a la quarta levar la poppa in suso / e la prora ire in giù, XXVI 140.
Sempre nel senso di " far alzare ", " sollevare ", in contesti figurati, nell'invocazione a Dio: questa vertù [la giustizia] che nuda e fredda giace / levala su vestita del tuo velo (Rime CV 13); lo monte del cui bel cacume / li occhi de la mia donna mi levaro (Pd XVII 114: " L'ascesa dal Paradiso terrestre al cielo... avviene fissando Beatrice lo sguardo nel sole " [Chimenz, nella nota a Pd I 46-48]; Benvenuto considera solo il valore metaforico del passo: " quia speculatio et contemplatio a theologia traxerunt intellectum autoris ad coelum "). Analogamente si vedano le due occorrenze di Pd I 75 amor [Dio]... / che col tuo lume mi levasti, " a volo verso il cielo " (Scartazzini-Vandelli), e X 54; più decisamente metaforico Pd XXI 86 la... virtù [della luce divina]... / mi leva sopra me, " m'innalza " al di sopra delle mie possibilità, e XVI 18, nelle parole che D. rivolge a Cacciaguida: voi mi levate sì, ch'i' son più ch'io, " quasi dicat: erigitis me supra, idest, supra vires humanas " (Benvenuto); " m'innalzate in una sfera di pensieri e di sentimenti " (Chimenz). Cfr. anche Cv II XII 8 sentendomi levare dal pensiero del primo amore a la virtù di questo.
‛ L. la voce ' indica un effettivo innalzamento di tono nel canto di coloro che, danzando, sono talvolta da più letizia pinti e tratti (Pd XIV 21), mentre in Detto 243 [la donna] la boce lieva, l'espressione significa semplicemente " canta ".
Abbastanza frequente anche il significato di " togliere ": levare lo drappo di su l'altare (Cv IV XXVII 14); levatemi dal viso i duri veli, le lagrime ghiacciate (If XXXIII 112); già son levati / tutt'i coperchi delle arche degli eretici (X 8: l'azione è vista nei suoi effetti, non nel suo svolgimento; cfr. IX 121. Ancora l. il coperchio, ma in senso figurato, in Pg XXII 94); si vedano inoltre Cv III X 8, IV XXIX 11, Pg XXV 39, Fiore LXIII 13. E ancora: d'inanzi a quella fiera ti levai, traendoti in salvo, analogo a colui [Cristo] che la gran preda / levò [" sottrasse "] a Dite (If II 119 e XII 39). Si può avvicinare a queste l'occorrenza di Pg II 95 quei [l'angelo nocchiero]... leva quando e cui li piace, " toglie ", " porta via " (Casini-Barbi) le anime dei futuri penitenti dalla riva del Tevere, prendendole sulla sua barca (per il motivo, cfr. Aen. VI 315 " nunc hos, nunc accipit illos "). In contesto figurato, in Pg XXVII 67 di pochi scaglion levammo i saggi: " ‛ Saggio ' è ‛ prova, esperienzia '. Io mi sto col Buti che dice: ‛ avemmo esperienza di pochi gradi ', cioè: ‛ montatine pochi '... " (Cesari. Cfr. Rustico Filippi Da che guerra m'avete incominciata 10). ‛ L. il saggio ' " si diceva, propriamente, del togliere un pezzetto di minerale per saggiarlo, analizzarlo " (Chimenz, che segue Porena). Analogamente, in senso figurato: l. un dubbio (Cv I II 4), la colpa (XI 11), lo difetto de le canzoni (III 2), la malizia (IV VIII 4), lo sentire (Rime dubbie XXIV 11); come levando l'ultimo canto del pentangulo rimane quadrangulo... così levando l'ultima potenza de l'anima... (Cv IV VII 15; v. anche III 7); l'Agnel di Dio che le peccata leva (Pg XVI 18; pure in Pd XVII 33, con l'unica variante di tolle per leva. È traduzione del biblico " Ecce agnus Dei, ecce qui tollit peccatum mundi " [loann. 1, 29]: dei due possibili significati di tollere - " togliere " e " prendere su di sé " - D. attribuisce all'espressione il primo); qual fé Danïello, / Nabuccodonosor levando d'ira, " acquietandolo ", Tommaseo, Dizionario (Pd IV 14; al passivo, e in senso figurato, in Vn XXIII 29 fui levato [" liberato "] d'una vana fantasia da certe donne). Cfr. ancora Rime XC 49 segnor di sì gentil natura [Amore] / che questa nobiltate / … lieva principio de la tua altezza: il Contini spiega " ‛ ricava ': perciò lieva principio, ‛ muove ' ". In Fiore CXXXIII 9 una truffola levaste, " avete inventato una calunnia " (Petronio); v. anche CXV 11 questo intendimento ti ne lieva, " togliti pure dalla mente questo pensiero " (Petronio).
Il costrutto assoluto si ha al figurato, contrapposto a ‛ porre ', e nel senso già visto di " togliere ", in Pd XXX 121 Presso e lontano, lí, né pon né leva, " nell'Empireo... la vicinanza.., non pone, aggiunge, facendo apparire più grande, come la lontananza... non leva, toglie all'oggetto, facendolo apparire più piccolo " (Mattalia; così già nel Tommaseo [Dizionario], che osserva trattarsi di un modo impersonale, col valore di " Nulla fa ").
2. Come intransitivo pronominale e intransitivo (cfr. F. Brambilla Ageno, Il verbo nell'italiano antico, Milano-Napoli 1964, 71-72), nel senso sia proprio che figurato, il verbo ripete, si è detto, i significati già visti: i' dissi lui... / ʻʻ I' mi saprei levar [" sollevare "] per l'aere a voloʼʼ, If XXIX 113; nella bolgia dei barattieri, per i due demoni caduti nel mezzo del bogliente stagno, il caldo sghermitor sùbito fue; / ma però di levarsi [" a volo ", Mattalia] era neente, / sì avieno inviscate l'ali sue (XXII 143: è l'unico caso di infinito sostantivato); i cavalli al cielo erti levorsi, XXVI 36; la coronata fiamma / ... si levò appresso sua semenza, Pd XXIII 120 (figurato in Pg XXXI 56, dove Beatrice ammonisce D.: Ben ti dovevi... levar suso / di retro a me [per altri casi in cui il verbo è seguito da ‛ su ', v. oltre]; e in Pd XXXIII 67). E ancora: Pd XXI 13 Noi sem levati [" ci siamo sollevati ", " siamo saliti "] al settimo splendore (così anche XIV 85); rime LXI 2 Sonar bracchetti, e cacciatori aizzare, / lepri levare, ed isgridar le genti: " Per simmetria sintattica, i due sostantivi andranno probabilmente intesi anche qui, come negli altri versi, quali soggetti (e non quali oggetti, dipendenti da cacciatori) ", Contini; lepri levare significherà dunque che le lepri " escano dal covo " (Pazzaglia). Nel Tommaseo (Dizionario) sono riportati alcuni esempi analoghi a questo - tra cui Prov. Tosc. 71 " Uno leva la lepre, e un altro la piglia " - con la chiosa che ‛ l. la lepre ' vale " scoprirla " (" la lepre " è dunque considerato oggetto).
Lo stesso costrutto, ma in senso figurato, si ha in Cv II III 11 Levata è la magnificenza tua sopra li cieli (cfr. Ps. 8, 2 " elevata est magnificentia tua super caelos "). Piuttosto singolare Pg XVII 70: è l'ora del tramonto, " e quando el sol va sotto, e' razi non si spargono in terra, ansi inalzano " (Landino): Già eran sovra noi tanto levati / li ultimi raggi che la notte segue, / che le stelle apparivan da più lati. Si aggiungano i già citati Rime LXVII 11, Pd XII 27 e XXXIII 26 (cfr. 1.).
È propriamente un " drizzarsi " il ‛ levarsi ' come albero in nave di Anteo che si era chinato a deporre i due poeti nel fondo del nono cerchio (If XXXI 145: " si levò dritto e alto, sì che mi parve come albero in nave ", Chimenz, che respinge, con altri, l'interpretazione " si levò come si drizza l'albero su una nave "; opportunamente il Mattalia ricorre all'immagine dello " scatto di una gigantesca molla "); mentre in numerosi altri casi, seguito da ‛ su ' o da locuzioni varie, ‛ levarsi ' vale " alzarsi " dallo star seduti o in ginocchio, o dal giacere (frequente in questo senso l'uso del participio passato): i' non potea [salire] più oltre, / anzi m'assisi ne la prima giunta. / " Omai convien che tu così ti spoltre ", / disse 'l maestro... / E però leva sù... / Leva' mi allor (If XXIV 44 ss., 52 e 58); " Lèvati sù ", disse 'l maestro, " in piede... " (XXXIV 94: cfr. puose me in su l'orlo a sedere, v. 86; così anche in Pg XXXIII 8 - e cfr. XXXII 87 - e Vn XXXIV 2, da riferirsi all'io mi sedea del § 1; ma in If II 65, pur con il riferimento al mi sedea del v. 102, il verbo acquista anche il valore più ampio di " muoversi ", " accorrere ": temo che [D.] non sia già sì smarrito, / ch'io mi sia tardi al soccorso levata; si noti il costrutto, qui nella sua unica attestazione. Analoghi in certo senso a quest'ultimo il passo di Cv I II 13 acciò che [Boezio]... escusasse la perpetuale infamia del suo essilio... poi che altro escusatore non si levava a difenderlo; e, in senso ostile, quelli di Vn XXXIX 1 Contra questo avversario de la ragione si levoe [" sorse a combattere ", Pazzaglia]… una forte imaginazione in me, e XV 2). L'invito di papa Adriano - Drizza le gambe, lèvati sù, frate!, Pg XIX 133 - trova riscontro nel v. 127 Io m'era inginocchiato (analogamente in I 109, per cui cfr. il v. 51), mentre nella bolgia dei ladri, qual è quel che cade... / per forza di demon ch'a terra il tira / ... quando si leva, che 'ntorno si mira / ... tal era 'l peccator levato poscia (If XXIV 115 e 118; con la stessa contrapposizione a ‛ cadere ', in XXV 121; cfr. anche il di sùbito levorsi dei figli di Ugolino [XXXIII 60] e Pg XXX 17). Così ancora Ciacco ‛ giacea ' per terra e a seder si levò (If VI 38); l'ombra di Cavalcante s'era in ginocchie levata (X 54; cfr. v. 7). Più generico Fiore CCXIII 13 e CCXXVIII 2.
È un " alzarsi " dal riposo notturno quello del villanello (If XXIV 8), nonché quello di D. stesso e dei suoi maestri, Virgilio e Stazio: le tenebre fuggian... / e 'l sonno mio con esse; ond'io leva'mi, / veggendo i gran maestri già levati (Pg XXVII 113 e 114, dove il participio ha valore predicativo; esplicitamente contrappposto a coricare, ma al limite del figurato, in Rime CII 58). Cfr. ancora If IV 5 dritto levato, e Pg XIX 37.
‛ Levarsi ', con riferimento agli effetti dell'azione, è detto anche del colle di Romano che non surge molt'alto, e del monte altissimo - che si leva più da l'onda - del Paradiso terrestre (Pd IX 28 e XXVI 139; analogamente il lato che si leva nella cornice dei golosi è quello " dalla parte del monte el quale s'innalza ", Landino: cfr. Pg XXIV 120).
Anche come pronominale l. può valere " togliere ", sia in senso proprio - Lèvati quinci e non mi dar più lagna, If XXXII 95 - sia nel figurato: acciò che quinci si lievi [" cada "; a meno che il ‛ si ' non debba intendersi come passivante] ogni vizioso pensiero (Vn XIX 20); qual cosa greve / levata s'è da me, che nulla quasi / per me fatica, andando, si riceve? (Pg XII 119). Un " togliersi ", " staccarsi " e quindi " cadere ", è quello delle foglie che si levan dal ramo (If III 112, da accostare a Detto 244 ogne nuvol si lieva, " scompare ", quando la donna la boce lieva: cfr. 1.), mentre la pianta che si levò dal legno... morso da Eva è l'albero dei golosi da quel legno " derivato " (Pg XXIV 117), " imperò che da quello nacque lo peccato de la gola " (Buti); lo vento peregrin che l'aere turba è lo scirocco che ‛ si leva ', " proviene " de la rena d'Etiopia (Rime C 14).
Si veda infine Cv IV XXVIII 6 levomi in grandissimo studio di vedere li vostri padri, esplicita traduzione da Cicerone (Senect. XXIII 83 " efleror studio patres vestros... videndi "): tutta l'espressione assume il valore di " sono preso, trascinato dal desiderio ".