Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Tolstoj, il più grande romanziere russo dell’Ottocento accanto a Dostoevskij, ottiene ancora in vita una celebrità mondiale; è anche un pensatore e pubblicista di grande livello, partecipa con slancio, passione, impegno alla vita pubblica del suo tempo, contestando l’ottusa violenza dell’autocrazia zarista e la mondanità della Chiesa ortodossa.
Infanzia e giovinezza
Lev Nikolaevic Tolstoj nasce nel 1828 nella tenuta di Jasnaja Poljana, a 12 chilometri dalla città di Tula, da una famiglia di antica nobiltà: la madre è una principessa Bolkonskaja, il padre è nipote di uno stretto collaboratore di Pietro il Grande. Quarto di cinque figli, perde la madre a due anni, il padre a nove: viene allevato insieme ai fratelli, prima a Mosca poi a Kazan, da parenti materni e paterni (ad alcune zie rimarrà legato per tutta la vita). Nel 1844 s’iscrive all’università di Kazan’, prima alla facoltà di lingue orientali, poi a quella di giurisprudenza, ma non conclude gli studi, conduce vita disordinata, dissoluta. Nel 1847 inizia a scrivere un diario, che non abbandonerà più per tutta la vita, decide di trasferirsi nella tenuta materna di Jasnaja Poljana e dedicarsi all’amministrazione della proprietà. Legge avidamente classici russi e occidentali, Rousseau, Schiller, Sterne, Puskin, Gogol’.
Gli anni di apprendistato
Del 1851 sono le sue prime prove letterarie: il racconto Storia della giornata di ieri (semplice descrizione delle impressioni e dei pensieri che riempiono una giornata) e il romanzo Infanzia. Nello stesso anno compie un viaggio in Caucaso dove il fratello Nikolaj fa il servizio militare. L’anno dopo si arruola come ufficiale e partecipa a numerosi scontri, sempre nel Caucaso. Manda alla rivista "Il contemporaneo" diretta da Nekrasov il romanzo concluso dopo varie versioni: pubblicato anonimo (con solo la sigla L.N.T.) e senza compenso, suscita l’entusiasmo di Turgenev. Negli anni successivi escono altri due romanzi a sfondo autobiografico: Adolescenza e Giovinezza. Durante il servizio scrive altri racconti a sfondo militare che vengono pubblicati sempre dal "Contemporaneo", L’incursione, Il taglio del bosco. Nel 1854 chiede di essere destinato a Sebastopoli dove infuria la guerra di Crimea: durante il conflitto, che si conclude nel 1855 con una rovinosa sconfitta della Russia, scrive tre Racconti di Sebastopoli, dove descrive con spietata lucidità l’assurda violenza della guerra e contrappone l’irresponsabilità e la vanagloria degli alti ufficiali all’abnegazione dei soldati semplici. Lo scandalo è enorme: mai nessuno ha con tanta veemenza denunciato la brutalità delle battaglie e l’impreparazione dell’esercito russo. Ma Tolstoj si rende conto che la carriera militare non fa per lui: chiede il congedo, si trasferisce a Pietroburgo dove viene accolto con entusiasmo dall’ambiente letterario della capitale: la curiosità dei colleghi lo disturba, le polemiche tra i gruppi lo irritano, decide di rifugiarsi a Jasnaja Poljana. Nel 1857 parte per un viaggio in Europa, poi torna nella sua tenuta e continua a scrivere soprattutto racconti ( Tre morti, Al’bert, I cosacchi, La felicità domestica). Comincia a occuparsi intensamente di pedagogia: vuole, per i figli dei contadini, una scuola nuova, che li interessi, che li stimoli ad apprendere. Compie un viaggio in Europa visitando istituti scolastici, raccogliendo materiali sulle nuove metodologie. La sua idea è chiara: l’allievo non deve essere costretto, oppresso con nozionismo e disciplina, deve liberamente seguire la lezione, partecipare al processo di apprendimento, aver voglia di imparare. Una scuola fuori da ogni schema che preoccupa le autorità, subito pronte a far sorvegliare il maestro anticonformista. Tolstoj ottiene comunque l’autorizzazione a pubblicare una rivista dove illustra i suoi nuovi metodi, che chiama, come la sua tenuta, "Jasnaja Poljana". Nel 1861, quando il nuovo zar Alessandro II abolisce la servitù della gleba, Tolstoj si offre come giudice di pace, per dirimere le controversie tra proprietari e servi nell’assegnazione delle terre: naturalmente cerca di difendere i contadini, i cui diritti sono spesso calpestati. Nel 1862 sposa la diciassettenne Sof’ja Bers, figlia del medico di corte, che gli rimarrà accanto fino alla morte e gli darà 13 figli (cinque morti in tenera età), oltre ad aiutarlo nella ricopiatura delle sue opere, ad assisterlo, a curarlo. Un matrimonio che durerà quarantotto anni, con luci ed ombre, grande tenerezza e violenti scontri.
La grande epopea: Guerra e pace
Tra il 1862 e il 1863 progetta un romanzo sui decabristi, un gruppo di aristocratici, intellettuali e alti ufficiali che nel 1825 si erano ribellati all’autocrazia ma erano stati sconfitti e condannati (alcuni a morte, altri all’ergastolo). Subito si accorge che le radici della ribellione risalgono all’inizio secolo, alle campagne napoleoniche, al contagio con le idee della Rivoluzione francese. Comincia perciò la stesura de L’anno 1805, prima parte del grande affresco che culminerà con la campagna del 1812, la sconfitta di Napoleone e il trionfo della Russia in quella che si usa definire la "guerra patria". Il romanzo diventa Guerra e pace: un quadro grandioso della società russa a tutti i livelli, dal generale al soldato semplice, dal principe al servo, dallo zar al contadino. Le vicende narrate abbracciano un periodo di 15 anni: dal 1805 al 1820. Storia "pubblica", fatta di grandi eventi, conflitti, battaglie (quella di Borodino, nel terzo libro, è il culmine del discorso bellico) con personaggi storici come Napoleone, Kutuzov, i loro generali, Alessandro I, i suoi ministri, e quella "privata", dove i personaggi di fantasia vivono le loro storie familiari e sentimentali strettamente intrecciate con gli avvenimenti storici. Anche qui, come nei Racconti di Sebastopoli, Tolstoj denuncia la cecità, l’egoismo, la superficialità dei potenti, ammira invece l’altruismo, l’umiltà, la serenità della gente semplice. È il popolo russo il vero protagonista dell’epopea tolstoiana: chi tra gli aristocratici ne capisce e ne accetta la profonda onestà e purezza sta dalla parte del bene, gli altri sono destinati alla cancellazione, alla condanna. Pierre Bezuchov, ricchissimo erede di un immenso patrimonio, cerca a lungo una via di evoluzione e di perfezionamento: durante l’occupazione di Mosca viene fatto prigioniero, conosce in carcere il soldato contadino Platon Karataev, che gli insegna la generosità, la gioia, la calma, la rassegnazione, una lezione che gli cambia totalmente il modo di affrontare l’esistenza, gli fa capire la purezza di cuore, la carità autentica. E così Nataša Rostova, contessina cresciuta nel lusso ma capace di aderire nel profondo al senso di giustizia e di purezza insito nel popolo russo. Il principe Andrej Bolkonskij, fin dalle prime pagine in polemica con la società salottiera pietroburghese, è attratto dal sogno di gloria di un atto eroico (battaglia di Austerlitz), ma si rende conto della vanità di ogni affermazione personale, ritrova fiducia in se stesso attraverso l’amore di Natasa, ma, deluso dal tradimento di lei e ferito a Borodino, affronta la morte, doloroso processo di illuminazione spirituale. Anche per i personaggi storici vale lo stesso criterio: il generale Kutuzov istintivamente capisce quello che vogliono i suoi soldati, si lascia guidare dalla sua intuizione e non da ragionamenti militari studiati a tavolino. Ci sono invece i personaggi che pensano solo al proprio tornaconto, come i Kuragin, depravati, avidi, gretti, presuntuosi: distruggono senza scrupolo la felicità altrui, si comportano senza dignità, nelle grandi prove che tutti affrontano, come la guerra, agiscono senza onore, sono destinati a scomparire nell’indifferenza, nella vergogna. Tolstoj lavora a lungo negli archivi, raccoglie testimonianze, documenti relativi al periodo preso in esame: nel romanzo sono frequenti le digressioni storiche e filosofiche in cui l’autore dà informazioni sugli avvenimenti, esprime le proprie idee sulle cause, sulle ragioni profonde che muovono la storia (non sono mai i capi a determinare lo svolgimento di battaglie o eventi, ma la volontà delle masse che li vivono), formula giudizi su personaggi come Napoleone, Kutuzov, Alessandro I, affida ad alcuni personaggi, come il principe Andrej o Pierre Bezuchov, meditazioni sul senso della vita, sulla fede, sulla coscienza politica, sull’appartenenza alla nazione russa. Il romanzo, pubblicato a puntate su "L’informatore russo", esce in sei tomi nel 1869: nonostante i violenti attacchi sia da parte dei conservatori sia da parte della critica di sinistra, ha un enorme successo di pubblico e grandi consensi da parte di scrittori come Turgenev (che tuttavia deplora l’eccessivo "filosofeggiare da autodidatta").
Anna Karenina
Dopo il lungo lavoro su Guerra e pace, segue un periodo di calma. Tolstoj si dedica all’azienda, studia il greco antico, legge molto, accumula progetti che non realizza (un romanzo sull’epoca di Pietro il Grande), scrive Abbecedario, destinato a tutti i bambini russi, "tanto quelli della famiglia imperiale quanto quelli dei contadini": con più di un milione di copie vendute, è uno dei maggiori successi tolstoiani, nonostante la disapprovazione delle autorità scolastiche.
Lev Tolstoj
Incipit
Anna Karenina
Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo. Tutto era sossopra in casa degli Oblònskije. La moglie era venuta a sapere che il marito aveva avuto un legame con una governante francese ch’era stata in casa loro, e aveva dichiarato al marito che non poteva vivere con lui nella stessa casa. Questa situazione durava già da tre giorni ed era sentita tormentosamente e dagli stessi coniugi, e da tutti i membri della famiglia, e dai familiari. Tutti i membri della famiglia e i familiari sentivano che la loro coabitazione non aveva senso e che le persone incontratesi per caso in una locanda erano più unite fra loro che non essi, membri della famiglia e familiari degli Oblònskije. La moglie non usciva dalle sue stanze; il marito non era in casa da tre giorni; i bimbi correvano per tutta la casa come sperduti; la signorina inglese s’era bisticciata con la dispensiera e aveva scritto un biglietto a un’amica, chiedendole di cercarle un nuovo posto; il cuoco se n’era andato via già il giorno prima durante il pranzo; la cuoca della servitù e il cocchiere s’erano licenziati.
Lev Tolstoj, Anna Karenina, trad. it. di L. Ginzburg, Torino, Einaudi, 1993
Nel 1873 comincia a scrivere un romanzo su una dama dell’alta società che tradisce il marito: è il primo nucleo di Anna Karenina, che viene pubblicato a puntate su "L’informatore russo" ed esce in volume nel 1878. Due sono le linee narrative, che si svolgono indipendentemente una dall’altra: quella di Anna, moglie dell’alto funzionario pietroburghese Aleksej Karenin, e quella di Konstantin Levin, proprietario terriero. Anna, ospite a Mosca dal fratello Stiva Oblonskij, s’innamora a un ballo del giovane ufficiale Vronskij: sembra un’infatuazione passeggera e invece si trasforma in una travolgente passione che la spinge ad abbandonare marito e figlio. Lo scandalo è enorme: la buona società pietroburghese non tollera l’adulterio e condanna Anna all’ostracismo. Vronskij è un uomo brillante, bello, fedele, onesto ma limitato, Anna è possessiva, gelosa, insoddisfatta, si accorge presto di non poter fare a meno del figlio rimasto col padre, nonostante da Vronskij abbia una bambina. Karenin mette in atto tutte le possibile rappresaglie: alla moglie impedisce qualsiasi contatto col figlio, rifiuta il divorzio. Anna è sempre più sola, oppressa dall’emarginazione, dalla perdita di ogni rapporto con gli amici di un tempo, angosciata dalle crescenti difficoltà del rapporto con Vronskij: in un crescendo di disperazione, decide di uccidersi, buttandosi sotto un treno. Dunque un totale fallimento affettivo, dovuto all’incapacità di trasformare la passione in sentimento più profondo e più maturo, di accettare i propri limiti e quelli dell’amato. L’altra linea del romanzo è legata a Levin che vive in campagna, amministra la sua enorme tenuta, conduce una vita semplice, sana, ama la caccia, si occupa della buona gestione delle terre: innamorato della giovane principessa Kitty Scerbackaja, che è corteggiata da Vronskij, viene respinto. Si rifugia nel lavoro dei campi, convinto che la società aristocratica non faccia per lui. Rincontra Kitty dopo mesi (Vronskij intanto si è unito ad Anna) e le ripete la proposta: questa volta la risposta è positiva. Il loro è un matrimonio felice, basato su solide basi affettive, allietato dalla nascita di figli: è un esempio di armonia, di affiatamento. Levin è un personaggio inquieto, introverso, alla ricerca di un proprio equilibrio interiore: nell’epilogo del romanzo ritrova la fede perduta ascoltando la saggia voce dei suoi contadini, che hanno mantenuto il contatto con la natura, con le leggi universali dell’esistenza, con i semplici principi del bene comune e del rispetto del prossimo.
La crisi religiosa, i racconti degli anni Ottanta, il teatro
Lev Tolstoj
Resurrezione
Per quanto gli uomini, ammucchiati in uno stretto spazio a centinaia di migliaia, cercassero di isterilire quella terra sulla quale si stringevano; per quanto coprissero quella terra di pietre affinchè nulla più ci crescesse; per quanto estirpassero ogni stelo di erba che vi germogliava; per quanto appestassero l’aria col carbon fossile ed il petrolio; per quanto tagliassero le piante e cacciassero tutti gli animali e tutti gli uccelli; – pur tuttavia la primavera era la primavera, anche in città. Il sole riscaldava, l’erba spuntava, cresceva e verdeggiava dovunque non la strappavano, e non solo sulle zolle dei giardini pubblici, ma anche fra i ciottoli delle vie; e le betulle, i pioppi, i viscioli allargavano i loro rami e le loro foglie odorose, ed i tigli gonfiavano le loro gemme pronte a sbocciare; i corvi, i passeri ed i colombi preparavano allegramente i loro nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri delle case, riscaldati dal sole.
Lev Tolstoj, Resurrezione, trad. it. di E. W. Foulques, Milano, Bietti, 1928
Durante la stesura del romanzo e ancor più dopo la sua conclusione, Tolstoj legge e rilegge i Vangeli, studia opere di teologia, visita monasteri, incontra monaci e autorità ecclesiastiche: si profila sempre più netto il suo distacco dall’ortodossia. È convinto che la Chiesa si sia allontanata dall’insegnamento evangelico, soffochi la parola di Cristo, si schieri dalla parte del potere terreno, approvi le guerre, la condanna a morte. Scrive vari saggi, Catechismo cristiano, Le dispute sulla fede, La Chiesa e lo Stato e soprattutto Confessione (1880), In cosa consiste la mia fede (1884), in cui ripercorre il suo itinerario spirituale, apertamente rinnegando il suo legame con l’ortodossia e proponendo un ritorno ad un cristianesimo delle origini, guidato da altruismo, generosità, carità autentica, rifiuto della violenza. Le copie di Confessione e di In cosa consiste la mia fede vengono sequestrate dalla polizia: ma gli scritti continuano a circolare in copie clandestine. Nel 1881 dopo l’assassinio dello zar Alessandro II, Tolstoj scrive al successore Alessandro III implorando grazia per gli attentatori. Vorrebbe raggiungere la condizione di povertà "cristiana", si veste con camicioni e stivali da contadino, adotta un sistema di vita di assoluta semplicità, nel 1883 nomina la moglie amministratrice di tutti i suoi beni (le questioni economiche causano continue incomprensioni, liti tra i coniugi: la moglie assume personalmente la gestione di tutti i diritti d’autore e apre un ufficio per l’edizione delle opere complete del marito), fonda una casa editrice, "L’intermediario", dove pubblica racconti popolari, leggende, opere edificanti per i contadini. Scrive insieme alcuni racconti che ottengono un grandissimo successo: La morte di Ivan Il’ic (1884), dove il protagonista, condannato da una malattia a una morte atroce, medita sul senso della propria vita mal condotta, La sonata a Kreutzer (1887), storia di un marito che sospetta la moglie di tradimento e la uccide, in un intricato groviglio di gelosia e desiderio carnale (Tolstoj in una postfazione all’opera sostiene che il matrimonio è pura sessualità e propone di praticare la castità). Nel 1886 inizia a scrivere per il teatro: Il primo distillatore, di cui affida la prima rappresentazione a un gruppo di attori girovaghi; La potenza delle tenebre, terribile dramma di ambiente contadino, che viene vietato e sequestrato (la prima rappresentazione è al Théatre Libre di Parigi) e i I frutti dell’istruzione. Le sue teorie sulla non violenza e sull’immoralità della ricchezza cominciano a diffondersi: nascono le prime comuni e si registrano vari casi di renitenza alla leva. Ai primi mesi del ’90 risalgono il racconto Padre Sergij e i primi abbozzi del romanzo Resurrezione, concluso nel 1899.
Gli ultimi anni, le ultime lotte
In questi anni si occupa personalmente dei soccorsi alle popolazioni della Russia centrale colpite da carestia, di cui lo Stato non si occupa, difende i duchobory, una setta i cui seguaci per fedeltà al Vangelo si rifiutano di prestare il servizio militare e i molokany, altra setta non violenta d’ispirazione evangelica. Nel 1897 scrive Cos’è l’arte, in cui esprime il suo dissenso nei confronti delle forme artistiche più diffuse. Nel 1900 viene nominato accademico di Russia; intanto continua la sua attività pubblicistica polemica nei confronti di Stato e Chiesa, denuncia l’ipocrisia e l’empietà del cristianesimo ecclesiastico, l’immoralità e criminalità dei governanti e delle loro istituzioni, l’insensatezza delle società cosiddette civili, in realtà fondate soltanto sul profitto e la violenza. Nel gennaio 1901 viene solennemente scomunicato dal Santo Sinodo: scrive una Risposta alla deliberazione del Sinodo, proclamandosi indifferente alla scomunica e ribadendo il suo credo personale. A Jasnaja Poljana, dove risiede la maggior parte del tempo, scrive l’ultimo racconto lungo di straordinaria potenza, Chadzi-Murat, dedicato a un ribelle che lotta contro l’annessione della Cecenia alla Russia. Nel 1904 scoppia la guerra russo-giapponese: Tolstoj scrive un lungo, appassionato, inutile articolo pacifista, Ricredetevi!. In questi anni si dedica a un’enorme antologia, Il ciclo di lettura, dove sono raccolti brani di opere sue e altrui, biografie di uomini illustri, frammenti filosofici e poetici scelti con criteri edificanti. La rivoluzione del 1905 lo trova dalla parte degli insorti: sconvolto dal numero sempre crescente di esecuzioni capitali, scrive Non posso tacere, che suscita ovunque ampi consensi e ha una vasta diffusione anche all’estero. Oppresso dalle continue liti familiari, legate soprattutto a questioni economiche, stanco, affaticato dalla scrittura che gli è sempre più difficile, il 27 ottobre 1910 decide di abbandonare Jasnja Poljana, la famiglia, ogni suo avere: parte con un modesto bagaglio per destinazione ignota. Va a trovare la sorella nel monastero di Samardino, vorrebbe affittare una modestissima izba da un contadino, poi, raggiunto dalla figlia Aleksandra, decide di ripartire in direzione Rostov sul Don. Colto da violenta febbre durante il viaggio, scende alla stazioncina di Astapovo, dove viene alloggiato nella casa del capostazione. Si rifiuta di ricevere la moglie e i figli. Giornalisti da tutta Europa accorrono, rappresentanti della Chiesa cercano di ottenere, invano, un colloquio per un’eventuale riconciliazione. Tolstoj spira il 7 novembre, senza aver ammesso la moglie al capezzale. Viene seppellito, secondo le sue volontà, in un bosco di Jasnaja Poljana, a poca distanza dalla sua casa, senza croce.