LEUTTRA (τὰ Λεῦκτρα)
Villaggio della Grecia, nel territorio di Tespie, in Beozia, sulla strada da Tespie a Platea; probabilmente, in prossimità dell'odierno villaggio di Parapungia. Il luogo è famoso per la battaglia combattutasi nel luglio (5 Ecatombeone) dell'anno 371 a. C., fra l'esercito tebano, comandato da Epaminonda, e quello spartano, guidato dal re Cleombroto: la prima sconfitta che un esercito spartano abbia subito in campo aperto.
Benché le forze spartane (10.000 opliti e 1000 cavalieri) superassero assai di numero quelle di Tebe (circa 7000 opliti e forse 800 cavalieri), tuttavia Epaminonda riuscì a battere Cleombroto, spiegando per la prima volta una nuova tattica, che sorprese e disorientò il nemico. Egli raggruppò una metà circa degli opliti all'ala sinistra in una massa d'attacco della profondità di 50 righe, costituita perciò quasi in quadrato (uomini 50 × 60), portandola allo sfondamento dell'ala destra nemica, distesa su una fronte più lunga, ma della profondità ordinaria di 12 righe. Il movimento d'attacco doveva fare pernio sull'ala destra, destinata a contenere gli assalti dei contingenti dei federati peloponnesiaci, che Cleombroto aveva schierato all'ala sinistra. Questa tattica sarà in seguito adottata dalla falange macedone, nelle battaglie comandate da Parmenione e da Alessandro Magno.
Cleombroto, avanzando dalla Focide verso Tebe, mentre Epaminonda s'era posto ad aspettarlo sulla strada che passa fra l'Elicona e il Copaide (probabilmente al paese di Petra, presso Coronea), deviò improvvisamente a sud, girando esternamente l'Elicona e seguendo l'odierna strada di Kyriáki, Chōstia e Thísbe; facendo così credere ai Tebani, almeno in un primo momento, ch'egli avesse rinunziato alla battaglia. Dopo che ebbe occupato (o più probabilmente, fatto occupare da un suo distaccamento) il porto di Kreũsis (oggi Libadóstras) e distrutto una piccola squadra tebana ivi ancorata, Cleombroto piegò la marcia verso nord, sboccando nella pianura di Leuttra e prendendo posizione sulla cerchia di colline che la recingono a mezzogiorno, di fronte al campo che Epaminonda aveva posto sui colli a settentrione.
La mattina del giorno seguente i due eserciti discesero nella pianura, compiendo il loro spiegamento al coperto delle rispettive cavallerie, che subito si azzuffavano. La cavalleria spartana, sopraffatta da quella avversaria, ripiegò in disordine sulla fronte degli opliti: e subito Epaminonda, che aveva già schierato i suoi, spinse contro la destra nemica la massa d'urto del corno sinistro, di cui era parte essenziale il famoso "battaglione sacro" di Pelopida. La falange tebana travolse la fronte nemica proprio là dove stava il re stesso con i suoi ufficiali e i cavalieri scelti: vano fu il disperato valore degli Spartani. Caddero combattendo, oltre il re, alcuni dei migliori duci spartani: Sfodria, il figlio suo Cleonimo, il polemarco Dinone; perirono inoltre non meno di 1000 combattenti. Le perdite dei Tebani furono minime. L'ala sinistra dell'esercito spartano non ebbe quasi il tempo di partecipare efficacemente allo scontro e riguadagnò in ordine l'accampamento. Epaminonda non poteva tentare l'assalto del campo nemico, né, d'altra parte, sarebbe stato possibile agli Spartani, dopo le gravi perdite subite, osare una nuova battaglia. Essi chiesero al nemico una tregua e la restituzione dei morti, confessando così la propria sconfitta.
Bibl.: G. B. Grundy, The Battle of Plataea, III, The Field of Leuctra, Londra 1894, pp. 73-76; H. Swoboda, Epameinondas, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 2680 segg.; H. Delbrück, Geschichte der Kriegskunst, I, 3ª ed., Berlino 1920, p. 158 segg.; J. Kromayer e G. Veith, Antike Schlachtfelder, IV, Berlino 1926, p. 290 segg.; con l'annesso Schlachtenatlas, griech. Abteil., foglio 5, carte 4 e 5.