CACHET, Lettres de
Si chiamavano così in Francia le lettere portanti un ordine del re e chiuse col suo sigillo. Dalla fine del sec. XV, portarono sempre la firma del segretario accanto a quella del re, la quale peraltro assai raramente era autentica. Le prime che si conoscano ascendono al sec. XIV (di Carlo V); ma numerose esse divennero in tempi posteriori e di maggior dispotismo. Benché fossero anche usate per convocare le riunioni degli stati - fu ad esempio con una lettera di cachet che Luigi XVI convocò per il 5 maggio 1789 gli Stati Generali in Francia - o per investire un funzionario delle sue funzioni, o per significare la soddisfazione reale, o anche per ordinare la liberazione di qualche detenuto, finirono per designarsi comunemente col nome di lettere di cachet solo quelle contenenti ordini d'imprigionamento o di esilio, emanati dal re non in forza di un procedimento legale, ma della sua sola autorità. L'opinione pubblica si levò indignata, sulla fine del sec. XVIII, e se ne fece portavoce il Mirabeau, nel suo Des lettes de cachet et des prisons d'État. L'Assemblea costituente le abolì, per iniziativa dello stesso Luigi XVI, il 16 marzo 1790. Nell'indignazione, si esagerò su queste lettere. Così ebbe grande credito la voce, dimostrata poi infondata dal Funck-Brentano, che ne venissero rilasciate in bianco, in modo che i favoriti del re potessero con esse servire i loro privati interessi e rancori.
Bibl.: F. Funck-Brentano, Les lettres de cachet, in Revue de deux Mondes, 15 ottobre 1892, pp. 821-853; id., Les lettres de cachet en blanc, in Procés verbaux de l'Acad. de sciences morales et politiques, 1895; van Schoor, Les lettres de cachet, Bruxelles 1895.