LETTISTERNIO (lectisternium)
Il termine l. (da lectum sternere) sta ad indicare, limitatamente all'uso sacrale, una particolare cerimonia propiziatoria, praticata nell'antica Roma, che consisteva nell'offrire un banchetto ad una o più divinità. A tale scopo si apprestavano, all'aperto, probabilmente nel Foro, grandi letti (donde il nome l.), perché gli dèi partecipanti al convito potessero adagiarvisi (è noto l'uso comune nel mondo classico di banchettare adagiati; v. simposio). Per tutta la durata della festività cessava ogni lite pubblica e privata, e patrizi, plebei e servi facevano offerte e sacrifici.
Il primo l. ufficiale, secondo la testimonianza di Livio (v, 13), fu celebrato in Roma, per ordine dei Libri Sibillini, a cura dei duoviri sacris faciundis, nell'anno 399 a. C., in onore di Apollo, Latona, Ercole, Diana, Mercurio, Nettuno, al fine di placare l'ira degli dèi che si era manifestata con una terribile pestilenza. Nei l. che seguirono numerosi a questo primo variò forse il numero e la personalità delle divinità. Il l. del 217 a. C. fu celebrato in onore dei dodici dèi maggiori.
Alcuni studiosi (come il Wissowa) separano nettamente da questo un l. di carattere meno ufficiale, preparato per una singola divinità, nel suo tempio. Comunque si può ritenere come molto probabile che ambedue le forme di l. abbiano fatto il loro ingresso a Roma sotto l'influsso della religione greca dove esistono riti analoghi, come le Teossenie (v.). Inoltre sia i Libri Sibillini, sia gli dèi del primo l. sono di importazione greca.
È difficile poter ammettere l'origine locale del l., considerandolo l'evoluzione di cerimonie simili, come l'epulum Iovis (banchetto in onore della Triade Capitolina): a parte il fatto che l'epulum, ritenuto antichissimo, è invece documentato solo per un'epoca posteriore al primo l.; rapporti generici di schema non possono essere determinanti, perché un'offerta di cibi agli dèi, in una forma o in un'altra, è comune a tutte o quasi tutte le religioni primitive.
Molto dubbia è anche l'origine etrusca del l., affermata da diversi studiosi, e particolarmente sostenuta dal Messerschmidt sulla base, l'unica possibile, della Tomba tarquiniese del Letto Funebre, nella quale però è molto più probabile si debba riconoscere semplicemente una cerimonia funebre, anche se di tipo particolare. È vero che l'enorme letto con cuscini, corone e mitre (o rappresentazioni feticistiche) si presta all'interpretazione di l., ma la presenza di tale motivo sarebbe inspiegabile, in quanto privo di quella connessione con il mondo dei morti e la vita del defunto che ricorre costantemente nelle altre figurazioni tombali etrusche.
D'altra parte per tutti i problemi relativi al l. una fortissima difficoltà di soluzione è data dal fatto che non ne esiste alcuna rappresentazione figurata sicura. Il gruppo del museo di Palestrina (citato dal Messerschmidt) di due statuette acefale genuflesse su un pulvinar non sembra avere alcun rapporto con il l.; incerta è l'interpretazione di alcune monete della gens Coelia (61 a. C.) in cui compare un letto, fiancheggiato da due trofei, su cui poggia una mezza figura, con l'iscrizione L. Caldus septem vir epu(lonum) incerta è pure l'interpretazione del rilievo di un manico di lucerna fittile con Serapide, Iside, Selene, Helios rappresentati a mezzo busto, seduti su una specie di letto. Resta perciò dubbia anche l'iconografia esatta del l., che dalle fonti letterarie non risulta con chiarezza; è stato perciò oggetto di lunghe controversie se le divinità fossero rappresentate attraverso simboli (corone, mucchietti di erbe, copricapi sacrali), oppure con immagini visibili, anche se non con vere e proprie statue di culto. Questa seconda ipotesi sarebbe più consona allo spirito fortemente realistico dei Romani.
Monumenti considerati. - Tomba del Letto Funebre: F. Weege, Etruskische Malerei, Halle 1921, tav. 23-24. Monete delle gens Coelia: A. B. Cook, Zeus. A Study in Ancient Religion, ii, parte ii, figg. 973, 974, 975. Lampada fittile: Dict. Ant., s. v., fig. 4381.
Bibl.: F. Robinson, Recherches sur l'origine des Lectisternes, in Revue Arch., XV, 1867, p. 403 ss.; Wackermann, Ueber das Lectisternium, Progr. Hanau, 1888; A. Bouché-Leclerq, in Dict. Ant., s. v.; C. Pascal, Studi di Antichità e Mitologia, Milano 1908, p. 19 ss.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2 ed., Monaco 1912, p. 411 ss.; id., in Pauly-Wissowa, XII, 1924, c. 1108, s. v.; A. B. Cook, Zeus. A Study in Ancient Religion, Cambridge 1925, II, parte II, p. 1170 ss.; P. Ducati, Etruria antica, Torino 1927, p. 128; F. Messerschmidt, Untersuchungen zur die Tomba del Letto funebre in Tarquinia, in St. Etr., III, 1929, p. 51 ss.; G. Mancini, in Encicl. Ital., XX, p. 891, s. v.; A. Grenier, Les religions étrusque et romaine, Parigi 1948, pp. 73, 152, 180, 303.
(S. De Marinis)